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Venerdì 14 GIUGNO 2019
Smalab, un laboratorio per la gestione dell’atrofia muscolare spinale

Nato dall’esperienza congiunta di Sda Bocconi e Biogen, è una realtà che da alcuni anni incentiva il dialogo e il confronto tra i diversi esperti che si occupano della patologia, anche alla luce delle recenti novità terapeutiche e della necessaria definizione di nuovi modelli.

Un laboratorio per confrontarsi su modelli organizzativi, best practice e differenze territoriali nella gestione dell’atrofia muscolare spinale (Sma), permettendo di affrontare meglio quelle problematiche che nascono quando si ha a che fare con una malattia complessa. Smalab è tutto questo.
Frutto dell’esperienza congiunta di Sda Bocconi e Biogen, è una realtà che da alcuni anni fa dialogare i diversi esperti che si occupano della patologia, anche alla luce delle recenti novità terapeutiche e della necessaria definizione di nuovi modelli.

“Smalab è un laboratorio che coinvolge gli specialisti del settore per identificare le modalità di presa in carico dei pazienti e i modi con cui si sta cercando di rispondere ai loro bisogni, cercando di ricostruire i diversi setting che dipendono anche dai modelli organizzativi delle singole aziende ospedaliere, università o istituti di ricerca – afferma Adele D’Amico, neuropsichiatra infantile presso l’Unità operativa Malattie muscolari e neurodegenerative dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, a Milano per seguire la due giorni di workshop che si è tenuta lo scorso 27-28 maggio – Partendo da questa base, cerchiamo di identificare quali dovrebbero essere gli standard di eccellenza per cercare di migliorare l’offerta a questi pazienti per rispondere al meglio ai loro bisogni e quindi proporre progetti di lavoro e creare una rete che coinvolga non solo centri di eccellenza (quelli di riferimento), ma anche gli altri centri sul territorio e gli altri interlocutori della patologia, da chi si occupa di politiche sanitarie al territorio e a tutta quella che è la politica di welfare e di servizi dedicati al paziente affetto dalla malattia cronica”.

Un lavoro impegnativo, che interessa diversi specialisti, non solo camici bianchi. “La Sma è considerata una malattia multiprofessionale – ricorda D’Amico – perché oltre ai medici sono coinvolte anche altre figure, come fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali, servizi sul territorio”.
 
La malattia
L’atrofia muscolare spinale è una malattia genetica che colpisce i motoneuroni spinali determinando una progressiva debolezza che interessa muscoli scheletrici, respiratori e la deglutizione. “La particolarità di questa malattia è che è divisa in forme diverse: una severa che colpisce i neonati lasciando loro un’aspettativa di vita inferiore a un anno, una intermedia in cui i bambini riescono ad acquisire la posizione seduta ma spesso vanno incontro ad una serie di complicanze, come la scoliosi, l’insufficienza respiratoria, osteoporosi e una forma più lieve, che colpisce la popolazione giovane-adulta in cui la debolezza muscolare ha sempre un andamento progressivo e le complicanze di questa forma sono legate soprattutto a problemi di natura ortopedica”.

Proprio la complessità della malattia e i diversi stati di progressione la rendono difficile da trattare. “Abbiamo a che fare con una gamma di esigenze molto complesse – conferma Giacomo Comi, professore di Neurologia all’Università degli Studi di Milano-Policlinico – Per questo è importante un lavoro multidisciplinare, a livello di singolo centro ma anche come correlazione tra esperienze di centri diversi”. Secondo l’esperto in questo l’Italia ha un modello consolidato che funziona bene. D’accordo anche Giuseppe Vita, direttore della Uoc Neurologia e Malattie neuromuscolari del Policlinico di Messina: “I Centri italiani hanno un’esperienza pluridecennale su questo tipo di malattie rare e complesse. Si può cercare di migliorare nel decentramento dell’assistenza presso altri centri regionali che pian piano devono formarsi per essere in grado di gestire questo tipo di pazienti”.

La formazione è centrale anche per Michela Coccia, direttore del Centro di Malattie neuromuscolari degli Ospedali Riuniti di Ancona: “L’arrivo di nuove terapie per la Sma ha creato la necessità di pianificare nuovi modelli organizzativi, che nella maggior parte dei casi sono stati integrati a modelli pre-esistenti. La chiave operativa alla base di questi cambiamenti organizzativi è stata il lavoro sul team interdisciplinare che deve essere in grado di prendere in carico il paziente e accompagnarlo in sicurezza nel percorso, coinvolgendolo direttamente laddove necessario. Smalab ha aiutato i clinici ad affrontare quelle problematiche che nascono dal confronto tra modelli organizzativi da applicare con le risorse disponibili, i modelli preesistenti e con la realtà dei territori e delle aziende in cui si opera. Ci ha offerto anche strumenti di management e conoscenze da applicare nella pratica quotidiana”. 

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