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Giovedì 27 GIUGNO 2019
Emergenza sanitaria. Le ambulanze con medico a bordo sono solo il 15%. Nel 30% ci sono infermieri e nel 55% volontari e soccorritori non sanitari. Lo studio Fiaso svela la realtà del 118

Lo studio ha fotografato in particolare l'organizzazione in 12 aree regionali campione che soccorrono ogni anno circa 2 milioni di persone (circa un terzo del totale dei soccorsi annui in Italia). Ne emerge un quadro molto frammentato con realtà dove la presenza del medico sale fino al 66% e in altre dove il medico è presente solo nell'8% dei mezzi. Ma il giudizio complessivo è positivo: “La presenza di personale medico nelle Unità operative mobili - dice Maria Paola Corradi, Vice Presidente Fiaso, Dg dell’Ares 118 - è perfettamente in grado di garantire l’adeguata assistenza ai pazienti codice rosso, che rappresentano circa il 5% degli interventi”.

Sulla presenza dei medici a bordo nelle ambulanze ci sono state molte polemiche. A Bologna una delibera regionale che programmava le ambulanze con soli infermieri è costata addirittura la radiazione dall'Ordine dei medici all'assessore alla Sanità della Regione, il medico Sergio Venturi.
 
Oggi uno studio presentato dalla Fiaso (Secondo Laboratorio FIASO sui servizi di Emergenza territoriale), l'associazione che rappresenta una gran parte delle aziende sanitarie italiane, ci svela che in realtà sono molte, anzi la maggioranza assoluta, le ambulanze che girano per le nostre città senza alcun medico a bordo: il medico è infatti presente solo nel 15% degli interventi, nel 30% i mezzi inviati in soccorso hanno solo infermieri e il restante 55% delle unità inviate vede la presenza dei soli volontari e soccorritori non sanitari.
 
I dati si riferiscono a un campione di 12 aree regionali e 18 aziende di emergenza sanitaria che da sole coprono circa un terzo dei soccorsi nazionali (2 milioni di interventi su un totale di circa 6 milioni l'anno a livello nazionale).
 
La situazione però non è omogenea e quel 15, 30 e 55% di presenza per categoria è la media tra le aziende campione (vedi tabella) con la presenza medica che scende addirittura all'8% nel caso dell'Azienda regionale emergenza urgenza (Areu) della Lombardia per salire al 66% di medici a bordo nel caso della Asl di Lecce. Insomma un quadro molto diversificato che però parla chiaro: in media, almeno se restiamo al campione fotografato da Fiaso, la realtà è quella di una stragrande maggioranza di mezzi di soccorso senza medici a bordo.
 
“La presenza di personale medico nelle Unità operative mobili - precisa Maria Paola Corradi, Vice Presidente Fiaso, Dg dell’Ares 118, nonché coordinatrice del Laboratorio - è perfettamente in grado di garantire l’adeguata assistenza ai pazienti codice rosso, che rappresentano circa il 5% degli interventi. Nei casi meno gravi il personale infermieristico e i volontari adeguatamente formati sono addestrati a gestire i parametri vitali dei pazienti in qualsiasi circostanza, nella fase di soccorso e trasporto. La conformazione dei nostri mezzi di soccorso - ha proseguito Maria Paola Corradi - è quella di riferimento al livello internazionale. Basti pensare che negli Stati Uniti non è prevista nemmeno la presenza di un infermiere a bordo”.

 
I dati illustrano la complessità dei servizi di emergenza territoriale. La ricerca si è concentrata sui modelli organizzativi delle centrali operative 118, del trasporto sanitario su gomma e dell’elisoccorso e ha riguardato, in tutto o in parte, 12 Regioni e 18 Aziende sanitarie, che nel 2015 hanno garantito oltre 2 milioni di missioni di soccorso. Le Regioni interessate sono: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Puglia, Sicilia e Sardegna.
 
“Le politiche e la programmazione regionale hanno consentito di omogeneizzare ancora solo in parte i sistemi di 118, ma al di là delle differenze territoriali i servizi di emergenza servono tempestivamente ed efficacemente ogni anno oltre l’11% della popolazione. Un sistema complesso e articolato che in media, nell’arco di un anno, dedica un mezzo di soccorso a ciascun residente per 35 minuti. Minuti che diventano 10 se ci si riferisce ai soli mezzi avanzati, cioè con la presenza di almeno un sanitario a bordo. Il 55% delle missioni viene compiuto, infatti, da Unità operative mobili (Uom) di base, senza la presenza di sanitari, il 30% con Unità con infermieri a bordo e il 15% con la presenza di un medico”, si legge nello studio.
 
Ripa di Meana: “Ora un Piano esiti anche per il 118”
“La seconda fase del Laboratorio sui servizi di emergenza territoriale rivela lo sforzo compiuto dalle organizzazioni per garantire efficacia ed efficienza del servizio, al di là delle significative differenze frutto di autonome scelte di programmazione regionale”, commenta il Presidente Fiaso, Francesco Ripa di Meana.


“Ma per formulare un giudizio compiuto sui singoli sistemi di soccorso - prosegue - occorre ora iniziare a ragionare in termini di esiti, sviluppando una serie di indicatori come quelli che da tempo Agenas ha utilizzato con il PNE per il monitoraggio di tutta la rete ospedaliera nazionale. Una prassi che bisognerebbe ora estendere anche al sistema di emergenza-urgenza pre-ospedaliera, in modo da consentire una valutazione oggettiva dei differenti modelli. Sosterremo un benchmark regolare dei servizi 118 – conclude - per migliorare l’offerta in un campo così significativo del nostro sistema sanitario”.
 
Sul tema delle risorse si sofferma invece Maria Paola Corradi.  “La ricerca ha evidenziato problematicità significative nel rilevare in modo omogeneo il costo di funzionamento dei differenti sistemi che, come nel caso delle centrali operative, in alcune realtà sono a carico delle Regioni. Ma a parità di esiti le performance di costo e di efficienza possono assumere un rilievo importante, favorendo una distribuzione delle risorse che garantisca al contempo parità e omogeneità di accesso in base ai bisogni del territorio”.  
 
Il servizio di soccorso su gomma
Riguardo al servizio di soccorso su gomma, le realtà analizzate si riferiscono a livelli territoriali differenti. Così a livello provinciale o inter-provinciale (es. area vasta) le organizzazioni si caratterizzano per la presenza di una centrale operativa per l’attivazione e la gestione del processo di soccorso. Per ambiti di tipo regionale, quali Lazio e Lombardia, il numero di centrali è maggiore, 4 in entrambe le realtà regionali.
 
Il numero di postazioni territoriali e la loro distribuzione dipende da fattori quali l’orografia del territorio, l’incidenza di ragioni storico-sociali, le caratteristiche della rete ospedaliera, la presenza di attività produttive, turistiche o di altro tipo. A livello di numeri assoluti variano da un minimo di 21 (ASL 1 Imperiese) ad un massimo di 471 (AREU Lombardia). Nelle Aziende nelle quali prevale la forma diretta di gestione di personale e mezzi, il numero dei mezzi impiegabili è inferiore ma il tempo medio di utilizzo è più ampio. Viceversa, nei territori che si qualificano per una maggior presenza del volontariato, o dove la gestione del servizio è affidata a terzi, il numero di mezzi esistenti è maggiore e la frequenza di utilizzo minore.
 
Riguardo alle missioni per tipologia di personale intervenuto, le medie del campione nascondono anche in questo caso forti differenze territoriali. Se le Uom di base sono state utilizzate in oltre l’80% delle missioni compiute nelle Asl di Imperia e Savona, nell’Areu Lombarda e al San Martino di Genova, l’Ares 118 del Lazio ha inviato sempre mezzi con almeno un sanitario a bordo (nel 14% dei casi medico) e la stessa cosa ha fatto il Dires Basilicata (55% con infermiere, restanti casi con medico). Diversità frutto delle differenti normative e politiche di programmazione regionale che incidono anche sulla composizione degli equipaggi chiamati ad intervenire.
 
L’analisi dei costi del servizio di trasporto su gomma conferma sostanzialmente i risultati del precedente laboratorio Fiaso, ossia l’assoluta prevalenza del costo diretto del personale, la cui incidenza percentuale varia da un minino del 75 a un massimo dell’89% dei costi totali.
 
Le centrali operative
L’analisi sulle centrali operative indica anche qui una grande mole di interventi con, in media, 11 chiamate per ogni 100 residenti l’anno, che generano, sempre in media, un traffico di 14,7 chiamate l’ora. Ma anche in questo caso la variabilità nelle singole realtà è evidente, visto che si passa dalle 60 chiamate per ora della centrale operativa metropolitana milanese e le oltre 33 dell’area metropolitana della Capitale, a 3-4 chiamate per ora delle centrali provinciali. Attività media, sottolineano però i curatori della ricerca, che dipende dal momento temporale del rilevamento, che non tiene conto dei picchi di attività che si possono registrare in periodi particolari.
 
Differente anche il modo di gestire le chiamate. Nelle Aziende con maggior numero di addetti esaminate dal report Fiaso le attività di call-taking, ossia di risposta telefonica e quella di dispatching, vale a dire la valutazione della gravità del caso e la gestione dell’invio dei soccorsi sono affidate ad operatori diversi, mentre le centrali di minori dimensioni riescono, invece, ad occuparsi dell’intero processo con il medesimo personale.
 
La ricerca rileva la presenza di operatori infermieristici in tutte le centrali, così come previsto dal DPR 27/03/1992. La presenza di operatori tecnici è riscontrabile in molte realtà, in maniera significativa nelle centrali lombarde e in quella di Bolzano. A indicare, nonostante le diversità organizzative, il buon funzionamento delle centrali operative sono i dati sulle attività da loro svolte. Il monitoraggio delle risorse chiave per garantire assistenza dopo il soccorso, come la disponibilità di posti letto negli ospedali è assicurata sistematicamente nel 75% dei casi, occasionalmente per il resto. L’allertamento degli ospedali di ricezione è sistematico nel 90% dei casi e occasionale nel 10. La trasmissione degli Ecg ai reparti specialistici è garantita sistematicamente nel 60% dei casi, occasionalmente nel 10. Il triage telefonico con il medico è svolto invece sistematicamente nel 15% dei casi, occasionalmente nel 50% in base a specifiche esigenze.
 
Con riferimento ai costi delle centrali operative, i dati forniti dalle Aziende hanno evidenziato come, ad eccezione del personale di centrale e di voci di costo residuali (cancelleria e piccoli beni di consumo), i costi dei principali fattori produttivi per il funzionamento delle centrali (sistema informatico, sistema telefonico e sistema radio) siano direttamente sostenuti a livello regionale e non a livello aziendale. A titolo esemplificativo, il costo medio delle dotazioni tecnologiche di una sala operativa lombarda è di 1,035 euro a cittadino.
 
Il servizio di elisoccorso
La ricerca analizza infine l’evoluzione del servizio di elisoccorso, particolarmente efficace quando è richiesta un’azione rapida in condizioni poco agevoli se non ostili. La tabella riporta il numero di basi dell’elisoccorso e le elisuperfici presenti per territorio nel 2015, informazioni ad oggi modificate – ma non disponibili - in quanto le infrastrutture fisiche utilizzate sono di gran lunga aumentate dopo adeguamenti normativi e grazie ad un maggior ricorso al servizio in condizioni disagevoli, come per il volo notturno.
 
Variabile anche l’offerta di servizio, che viene misurata dividendo il numero di residenti per le ore di disponibilità del servizio per zona. Il range è alquanto ampio e va dai 38 residenti altoatesini agli oltre 400 lombardi. Differenze che si spiegano anche con le diverse caratteristiche morfologiche dei territori. Anche in numeri assoluti la variabilità resta alta, passando da un minimo di 350 missioni in Puglia a un massimo di 4.042 in Lombardia.
 
Come prevede l’Accordo del 3 febbraio 2005 della Conferenza Stato-Regioni, “La dotazione del personale sanitario è composta prioritariamente da un medico specialista in anestesia e rianimazione o altro specialista che possieda comprovata esperienza nel campo dell’emergenza, un infermiere con documentata esperienza e/o da altro personale qualificato da stabilire in sede regionale”.

La rete del servizio di elisoccorso si presenta comunque ancora a macchia di leopardo ed è organizzata dentro i confini regionali. Come dimostra la rilevazione dello studio FIASO, che ha cerchiato la porzione di territorio che può essere raggiunta nell’arco di 20 minuti, si rilevano zone scoperte del Paese a fronte di aree a sovrapposizione potenziale di due o più servizi di elisoccorso gestiti da enti distinti.
 
Per Maria Paola Corradi “L’attuale modello di servizio dell’elisoccorso da un lato crea potenziali sovrapposizioni, dall’altro lascia scoperte intere aree del Paese. Una proposta per superare le contraddizioni di un modello organizzativo prevalentemente orientato alla gestione intraregionale potrebbe risiedere nella sua riformulazione in un’ottica inter-regionale, consentendo di svolgere gli interventi di elisoccorso inviando il mezzo più vicino, al di là dei confini amministrativi”.

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