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Lunedì 15 LUGLIO 2019
Specializzandi e non specialisti assunti nel Ssn? Cosa cambia, e potrebbe cambiare, col Dl Calabria e il regionalismo differenziato

Se da un lato le norme contenute nel cosiddetto "decreto Calabria" appaiono coerenti in una quadro di misura emergenziale (anche temporalmente) quelel ventilate nelle ipotesi di accordo per l'autonomia differenziata con le Regioni interessate che in qualche modo riprendono le ipoetsti del "vecchio Patto per la Salute" con l'assunzione diretta di medici non specialisti "declassificati" rispetto agli altri medici del Ssn, rischia di peggiorare la qualità richiesta alla professione medica

Viene prepotentemente alla ribalta il problema dell’autonomia e della responsabilità dei medici specializzandi dopo le ultime innovazioni normative e ritorna il mai sopito dibattito relativo all’assunzione, all’interno delle strutture del Servizio sanitario nazionale, di medici non specialisti.
 
Entrambe le questioni pongono problematiche di non sempre facile inquadramento.
 
I medici specializzandi
Lo status di medico specializzando – rectius medico in formazione specialistica –  è ampiamente dibattuto e sufficientemente precisato nelle competenze dal diritto positivo e nella responsabilità dalla giurisprudenza.
 
Nella legislazione il riferimento normativo principale è costituito D. Lgs 17 agosto 1999, n. 368 il quale specifica che l’attività “formativa e assistenziale” del medico in formazione specialistica si svolge sotto la guida di tutori di particolare curriculum professionale e requisiti di “elevata qualificazione scientifica” e “implica la partecipazione guidata alla totalità delle attività mediche dell’unità operativa presso la quale è assegnato”, nonché “la graduale assunzione di compiti assistenziali e l'esecuzione di interventi con autonomia vincolata alle direttive ricevute dal tutore, di intesa con la direzione sanitaria e con dirigenti responsabili delle strutture delle aziende sanitarie presso cui si svolge la formazione”.
 
Infine, in “nessun caso l'attività del medico in formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo” e le “modalità degli interventi dello specializzando” sono concordati tra il Consiglio della Scuola con la direzione sanitaria e i dirigenti responsabili.
 
Della normativa richiamata poniamo attenzione alla non chiarissima locuzione relativa all’autonomia vincolata. L’espressione è di per sé un ossimoro e già da tempo la dottrina giuridica e medico legale l’aveva definita un controsenso terminologico (Fineschi et al, 2001).
 
Dalla lettura compiuta e approfondita della normativa sullo specializzando emerge però un professionista che, seppure in modo guidato, deve partecipare alla “totalità delle attività mediche” dell’unità operativa.
 
Lo specializzando, lungi da essere “irresponsabile” nelle attività poste in essere ha visto nel tempo accresciuta la sua responsabilità.
La giurisprudenza della Corte di cassazione se ne è occupata più volte.
 
Ne riportiamo le massime più significative:
a) il concreto e personale espletamento di attività operatoria da parte dello specializzando comporta pur sempre l'assunzione diretta anche da parte sua della posizione di garanzia nei confronti del paziente, condivisa con quella che fa capo a chi le direttive impartisce (Cassazione, sezione IV, sentenza 13389/1999);
 
b) lo specializzando “non si esime da responsabilità solo per aver eseguito” le direttive del docente e rimane “pur sempre in capo a lui l'onere, secondo quanto in concreto percepibile in termini di rappresentazione e prevedibilità”, di farsi carico della valutazione degli obblighi affidati (Cassazione, sezione IV, sentenza 13389/1999);
 
c) in caso di direttiva non appropriata la “passiva acquiescenza alla direttiva impartita non lo esime da responsabilità…avendo al contrario l’obbligo di astenersi dal direttamente operare” (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 13389/1999);
 
d) “il medico specializzando non è un mero spettatore esterno, un discente estraneo alla comunità ospedaliera; egli infatti partecipa alle "attività e responsabilità" che si svolgono nella struttura dove si svolge la sua formazione” (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 32424/2008);
 
e) “L'autonomia riconosciuta dalla legge, sia pur vincolata, non può dunque che ricondurre allo specializzando le attività da lui compiute; e se lo specializzando non si ritiene in grado di compierle deve rifiutarle perché diversamente se ne assume la responsabilità (c.d. colpa "per assunzione")” (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 32424/2008);
 
f) E' vano ricercare nella legge una norma che confermi la tesi della ricorrente che lo specializzando è un mero strumento del suo tutore (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 32424/2008);
 
g) “anche se questi detta una ricetta o una prescrizione medica lo specializzando che scrive sotto dettatura, nei limiti delle sue competenze, deve segnalare eventuali errori od omissioni e rifiutare di avallare terapie che, secondo il livello di perizia e diligenza da lui esigibile, appaiano palesemente incongrue” (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 32424/2008).
 
In una recentissima sentenza della Cassazione relativa alla potestà prescrittiva dei farmaci, i supremi giudici hanno cassato con rinvio dando il compito alla Corte di appello di determinare se la prescrizione di medicinali debba essere esclusiva competenza dei “medici strutturati” con esclusione degli altri medici presenti ad altro titolo nei reparti “ancorché dotati, seppur di fatto, di autonomia relativa” (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 20270/2019).
 
Il decreto Calabria e l’assunzione degli specializzandi
Il recente DL 30 aprile 2019, n. 35 “Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria” convertito con la legge 60/2019 prevede una serie di misure emergenziali relative alla grave carenza di medici specialisti che si è determinata in seguito a errate programmazioni degli ultimi quindici-venti anni.
 
Gli specializzandi dell’ultimo anno – o anche del penultimo in caso di durata quinquennale – possono essere assunti con contratto di lavoro a tempo determinato per la durata residua del corso di formazione specialistica. Verranno inquadrati con “qualifica dirigenziale” e a essi si applicheranno le disposizioni del CCNL della dirigenza medica e veterinaria.
 
Essi svolgeranno “attività assistenziali coerenti con il livello di competenze e di autonomia raggiunto e correlato all'ordinamento didattico di corso, alle attività professionalizzanti nonché al programma formativo seguito e all'anno di corso di studi superato”.
 
Saremo quindi in presenza di due tipologie di medici specializzandi: il classico specializzando e lo specializzando assunto e inquadrato come dirigente.
 
Da un punto di vista di competenze e autonomia notiamo che nel decreto “Calabria” sparisce il riferimento all’autonomia vincolata. Vi è da capire se il legislatore abbia voluto modificare le competenze dello specializzando assunto (e solo di questo), oppure se abbia provveduto a una mera sintetica ricognizione dello status classico.
 
Dovremmo propendere per la decisione dell’attribuzione di un nuovo status con competenze similari – coerenti con lo sviluppo del percorso formativo – ma con maggiore autonomia vista l’omissione al riferimento della comunque non chiara espressione dell’autonomia vincolata. Lo specializzando, ex decreto Calabria, quindi si “struttura”, e trova una maggiore autonomia proprio dall’inquadramento in dirigenza medica di cui acquisisce il relativo status.
 
A questa figura ben si attaglia la normativa classica della dirigenza medica, ex art. 15 del D. Lgs 502/92, che riconosce ai medici “autonomia tecnico-professionale i cui ambiti di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica, sono progressivamente ampliati”. Una formulazione scritta due decenni orsono che sembra pensata per l’oggi anche con il successivo riferimento alle “connesse responsabilità” dovuta alla maggiore autonomia.
 
 
Verso l’assunzione di medici non specialisti in Lombardia, Emilia e Veneto per effetto del regionalismo differenziato?
Le bozze più recenti delle intese che circolano – fatta salva la loro attualità e attendibilità su cui, ovviamente, non possiamo pienamente garantire - in merito alle intese ex art. 116 Costituzione sulle “ulteriori forme di autonomia”, noto come “regionalismo differenziato” pongono un nuovo scenario: l’assunzione di medici non specialisti, soprattutto – ma non soltanto – nel settore dell’emergenza sanitaria.
 
Tali medici andrebbero impiegati in “attività di supporto, coerentemente al grado di conoscenza, competenze e abilità acquisite, senza assumere la responsabilità clinica di un paziente e comunque con autonomia vincolata alle direttive ricevute da un dirigente medico responsabile dell’unità. Medici non specialisti da impiegare prioritariamente nel settore dell’emergenza e anche in altri settori laddove vi sia il “probabile rischio dell’interruzione di pubblico servizio”.
 
A differenza dell’assunzione degli specializzandi qui si crea una nuova tipologia di inquadramento medico, del tutto estranea alla tradizione ospedaliera. In questo caso l’attività medica sarebbe limitata all’attività “di supporto” (supporto all’attività medica?), “coerentemente al grado di conoscenza, competenze e abilità acquisite”. In assenza di un percorso formativo strutturato come quello del medico specialista in formazione vi è da capire quali possano essere i punti di riferimento per stabilire i livelli in questione. il medico non specialista non potrà “assumere la responsabilità clinica di un paziente”.
 
Questa è la parte più difficile da decifrare. Visto che, similmente allo specializzando non assunto, agisce con “autonomia vincolata alle direttive ricevute da un dirigente medico responsabile dell’unità” vi è da capire a cosa nel concreto potrà essere adibito il medico non specialista. A mero titolo esemplificativo: potrà prescrivere medicinali? Potrà prescrivere esami? Potrà porre in essere esami diagnostici? Potrà dimettere pazienti?
 
Questi sono tutti atti che presuppongono la “responsabilità clinica di un paziente” con la conseguente “presa in carico” (espressione professionale) e la “posizione di garanzia” (espressione giuridica). Anche l’individuazione del “medico responsabile” non è agevole. Rispetto allo specializzando (non assunto) che agisce dietro le indicazioni dei tutori, il medico non specialista ha come riferimento non qualunque medico dell’équipe ma quello che aziendalmente è preposto, quanto meno, alla responsabilità della struttura semplice.
 
Avremmo una modifica dell’esercizio professionale della professione medica. Saremmo in presenza di un medico abilitato all’esercizio della professione ancorché non specialista – distinzione che serve prioritariamente per l’accesso al Servizio sanitario nazionale – che però nelle strutture del Servizio sanitario nazionale non può assumere “la responsabilità clinica di un paziente”. La stessa tipologia di medico in un contesto libero professionale o che agisce alle dipendenze di una struttura privata invece assume la responsabilità del paziente.
 
Questa tipologia di medico non specialista assunto costituisce un passo indietro persino rispetto alla tripartizione di carriera medica della riforma ospedaliera degli anni sessanta che vedeva il primario al vertice, coadiuvato dall’Aiuto e dall’assistente.
 
La gerarchia, superata dalle riforme aziendalistiche degli anni novanta, era chiara. Il primario – non a caso la denominazione – posto al vertice, l’aiuto – altra denominazione non casuale – come figura vicaria del primario e, infine, l’assistente.
 
L'assistente infine collaborava con il primario e con l'aiuto nei loro compiti; aveva la responsabilità dei malati a lui “affidati”; rispondeva del suo operato all'aiuto e al primario; provvedeva direttamente nei casi di urgenza. In caso di assenza o di impedimento dell'aiuto, le sue funzioni erano esercitate dall'assistente con maggiori titoli o dall'assistente di turno.
Eravamo in presenza di un medico che comunque assumeva la responsabilità clinica sui pazienti e, financo, sostituiva i colleghi con grado superiore.
Nulla di tutto questo è rinvenibile nella figura minor del medico non specialista assunto nelle proposte di Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna.
 
Per altro questo rischierebbe di confliggere con uno degli obiettivi del nuovo Patto per la salute (bozza) laddove si propone di valorizzare e dare autonomia alle professioni sanitarie. Ricordiamo che in una non recente bozza del disegno di legge delega previsto dall'articolo 42 del Patto per la salute  della scorsa legislatura  - dicastero Lorenzin – si prevedeva l’assunzione di medici non specialisti inquadrandoli nella categoria Ds del comparto.
 
Bisogna inoltre dare conto delle misure emergenziali prese da alcune regioni proprio in merito all’assunzione di medici non specialisti con l’auspicio di una non chiarissima stabilizzazione anche senza – così sembra di capire – necessariamente la specializzazione richiesta. Ci riferiamo alla recente delibera della Regione Toscana 570/2019 che non è comunque riferibile alle trattative sul regionalismo differenziato.
 
Conclusioni
La figura del medico specializzando assunto ex decreto Calabria si mostra sotto un duplice aspetto: misura emergenziale e al contempo misura che contiene in sé la possibilità di diventare anche misura strutturale. Il limite temporale fissato per la possibile stipula di questi contratti, fine dicembre 2021, potrà essere superato laddove la “sperimentazione” darà i suoi frutti positivi. La misura si mostra coerente e non contraddittoria.
 
Difficile classificare invece quanto contenuto nelle bozze – le ennesime  – delle “intese” per il regionalismo differenziato per i motivi sopra esposti. C’è da augurarsi che tali misure possano essere emendate in sede parlamentare – laddove questo sia possibile per i noti problemi di interpretazione costituzionale della norma ex art. 116 Costituzione – o venga direttamente cambiato in sede di “intesa”.
 
Sarebbe paradossale che l’autonomia ulteriore concessa alle tre regioni comporti in sé il peggioramento della qualità richiesta alla professione medica.
 
Luca Benci
Giurista

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