Una struttura di ricovero breve, che fa parte del livello dell’assistenza territoriale, rivolta a pazienti che per situazion acute o minori o riacutizzazione di patologie croniche hanno bisogno di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che vengono ricoverati in queste strutture se il domicilio non è adatto (strutturale e/o familiare) e hanno bisogno di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio.
E’ l’ospedale di comunità, previsto dal DM 70/2015 (il regolamento sugli standard ospedalieri), dal Patto per la Salute 2014-2016 e dal Piano nazionale della cronicità, che un anno fa era comparso nell’elenco dei documenti da inviare all’intesa Stato-Regioni, ma che poi si era arenato per la richiesta di ulteriore modifiche tecniche ed è ora all’ordine del giorno della Conferenza del 1° agosto.
E’ una struttura di ricovero breve e fa parte dell’assistenza territoriale, ma non è una duplicazione o una alternativa a forme di residenzialità già esistenti, può essere pubblico o privato accreditato e deve possedere i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi che garantiscono la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti e la misurazione dei processi e degli esiti.
Può avere una sede propria, essere collocato in strutture sanitarie polifunzionali, presso presidi ospedalieri riconvertiti, presso strutture residenziali oppure essere situato in una struttura ospedaliera, ma è sempre riconducibile all’assistenza territoriale.
Ha al massimo 15-20 posti letto e non più di due moduli e può prevedere ambienti protetti, con posti dedicati a pazienti con demenza o con disturbi comportamentali con l’obiettivo di ridurre l'istituzionalizzazione e l'ospedalizzazione in ambienti ospedalieri non idonei. Non si parla più però della dotazione regionale fino a 0,3 posti letto per mille abitanti presente nel testo precedente.
Vicino agli ospedali pediatrici possono esserci ospedali di comunità dedicati a questi pazienti, con la responsabilità clinica del pediatra e la presenza di personale di assistenza formato e competente per il target di assistiti.
La gestione e l’attività sono basate su un approccio multidisciplinare, multi-professionale e interprofessionale, in cui sono assicurate collaborazione ed integrazione delle diverse competenze.
La gestione delle attività fa parte dell’organizzazione distrettuale e/o territoriale delle aziende sanitarie.
La responsabilità igienico sanitaria spetta a un medico designato dalla direzione sanitaria aziendale.
La responsabilità gestionale-organizzativa complessiva invece a una figura individuata anche tra le professioni sanitarie dalla articolazione territoriale aziendale di riferimento e svolge anche una funzione di collegamento con i responsabili sanitari, clinici ed assistenziali, e la direzione aziendale. Altra modifica rispetto al testo precedente dove era previsto che il responsabile fosse un medico, mentre ora torna il principio della multidisciplinarità e della contendibilità delle funzioni.
Analoghe figure di responsabile igienico sanitario e responsabile gestionale organizzativo sono individuate dalle strutture private.
La responsabilità clinica dei pazienti è:
- di un medico di medicina generale (o pediatra di libera scelta se ospedale pediatrico);
- di un medico che nella struttura scelto tra i medici dipendenti o convenzionati con il Ssn o incaricato dalla direzione della struttura;
- per le strutture private, un medico incaricato dalla struttura.
La responsabilità assistenziale spetta all’infermiere secondo le proprie competenze.
L’assistenza/sorveglianza sanitaria è infermieristica ed è garantita nelle 24 ore.
I responsabili delle attività cliniche e infermieristiche raccolgono le informazioni sanitarie per i rispettivi ambiti di competenza, utilizzando una cartella clinico - assistenziale integrata, inserita in un processo di informatizzazione integrato con il fascicolo sanitario elettronico.
In caso di necessità, l’infermiere attivala figura medica prevista dai modelli organizzativi regionali.
In caso di emergenza, dovranno essere attivate le procedure di emergenza tramite il Sistema di Emergenza Urgenza territoriale. Nel caso in cui la sede dell'ospedale di comunità sia all'interno di un presidio ospedaliero potranno essere attivate le procedure di emergenza del presidio ospedaliero.
Per accedervi è necessario:
- una diagnosi già definita;
- una prognosi già definita;
- una valutazione del carico assistenziale e della stabilità clinica eventualmente attraverso scale standardizzate
- un programma di trattamento già stilato e condiviso con il paziente e/o con la famiglia (a eccezione del Pronto Soccorso).
L'ospedale di comunità opera in forte integrazione con gli altri servizi sanitari, come i servizi di assistenza specialistica ambulatoriale e i Servizi di Emergenza Urgenza territoriali.
Per questo devono essere stabilite procedure operative per garantire la continuità assistenziale e la tempestività degli interventi.
L’assistenza medica è assicurata dai medici incaricati nel turno diurno (8-20) per almeno una ora di presenza settimanale per singolo ospite, sei giorni su sette; nel turno notturno (20-8) e diurno festivo e prefestivo in forma di pronta disponibilità, anche organizzata per più strutture dello stesso territorio, con tempi di intervento conformi a quanto previsto dalle norme in materia. L’assistenza notturna può essere garantita anche da medici di continuità assistenziale, in base a specifici accordi locali, oppure da medici che operano nella struttura.
Per un modulo fino a 20 posti letto dovrà essere garantita la presenza h24 di una figura infermieristica e di una adeguata presenza di figure di supporto diurne e notturne in base al case mix dei pazienti.
E’ prevista anche la funzione dell’infermiere case manager.
Devono essere promossi ed assicurati: la formazione continua di tutto il personale, la valutazione e il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza.
L’ospedale di comunità deve assicurare una maggiore integrazione sia con la comunità locale (associazioni di volontariato) che con i servizi sociali. Inoltre, la collaborazione con le associazioni di volontariato potrà offrire un utile contributo anche nella rilevazione della qualità percepita dei pazienti e dei familiari/caregiver.