quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 12 SETTEMBRE 2019
Come curare l’ipertensione nei pazienti con asma

Una review del New England fa il punto sul trattamento di queste due condizioni che condividono un comune pabulum patogenetico. Il trattamento farmacologico dell’ipertensione (condizione che può arrivare ad interessare un adulto su due in alcuni Paesi) nel paziente con asma (patologia che interessa 300 milioni di persone nel mondo) deve adottare un approccio integrato, che comprenda terapia farmacologica e cambiamenti di stile di vita. La scelta degli antipertensivi dovrà cadere su quelli meno impattanti come effetti collaterali sull’asma: calcio-antagonisti e sartani le categorie più sicure.

Asma e ipertensione sono due condizioni croniche, che tendono spesso a coesistere. A soffrire di asma sono circa 300 milioni di persone nel mondo (ma arriveranno a 400 milioni entro il 2025), 250 mila delle quali muoiono ogni anno per questa condizione. Per quanto riguarda l’ipertensione, si tratta del più comune fattore di rischio modificabile; l’ipertensione sistolica riguarda circa 900 milioni di persone nel mondo; negli Usa e in molti Paesi occidentali un adulto su tre è iperteso, ma visti i nuovi valori di normalità proposti dalle ultime linee guida il numero degli ipertesi andrà rivisto al rialzo (secondo le nuove soglie di diagnosi, ad essere iperteso è il 46% degli americani adulti, cioè quasi uno su due).
 
I pazienti asmatici sono più a rischio di ipertensione, a parità di fattori di rischio, del resto della popolazione. Maggiore la gravità dell’asma, più frequente la diagnosi di ipertensione; peggiore la funzionalità polmonare, maggiore il rischio di mortalità cardiovascolare. Asma e ipertensione insomma sono legati a doppio filo da meccanismi patogenetici (quali quello dell’infiammazione sistemica, della disfunzione vascolare, dell’attivazione della muscolatura liscia), che accomunano queste due condizioni e che hanno importanti ricadute sul trattamento.
Unareview del New England Journal of Medicine di questa settimana fa il punto su questo argomento e fornisce una guida pratica su come trattare al meglio l’ipertensione nei soggetti asmatici.
 
Il trattamento dei pazienti con ipertensione e asma dovrà adottare un approccio integrato comprendente sia la correzione degli stili di vita sbagliati (riduzione del peso, riduzione del sale nella dieta, misure per contrastare lo stress, abolizione del fumo, ecc) che la terapia farmacologica.
Va subito detto che, ad oggi, non si sono registrate differenze di mortalità per tutte le cause tra gli ipertesi trattati con una delle quattro principali classi di farmaci antipertensivi, da utilizzare in prima linea; quindi, ai fini del risultato, appare più importante ridurre i valori pressori che scegliere un antipertensivo piuttosto che un altro. Ma nei pazienti con asma ci sono una serie di questioni da tenere in considerazione.
 
Beta-bloccanti
Sono farmaci da usare con cautela negli asmatici per il pericolo di broncocostrizione e di alterata risposta ai beta-2 agonisti short-acting (SABA). In generale questa classe di farmaci non è indicata in monoterapia nel trattamento dell’ipertensione, a meno che non coesistano condizioni cardiologiche (scompenso cardiaco, aritmie, cardiopatia ischemica). I beta-bloccanti possono essere non selettivi (agiscono sia sui beta-1 che sui beta-2 recettori adrenergici) o relativamente cardioselettivi (effetto predominante sui beta-1, anche se, alle alte dosi la ‘selettività’ si riduce). Si raccomanda cautela nel loro impiego nel paziente asmatico, visto che sono riportati casi di esacerbazioni asmatiche con esito anche fatale in soggetti trattati per glaucoma con colliri a base di beta-bloccanti. Nella pratica clinica questi farmaci sono utilizzati nei pazienti con asma in fase stabile, senza evidenza di riduzione della FEV1, che non necessitino di aumentare il dosaggio dei SABA. L’uso dei beta-bloccanti nei pazienti con asma in fase instabile o in quelli con grave ostruzione delle vie aeree richiede però grande attenzione.
 
ACE-inibitori
Non sono controindicati nei pazienti ipertesi con asma; tuttavia possono generare conduzione rispetto al grado di controllo dell’asma, perché possono dare come effetto collaterale tosse (l’incidenza di questo effetto collaterale varia dal 2,8 al 40% dei pazienti). In alcuni pazienti con ipertensione sono stati segnalati casi di aggravamento dell’asma in seguito all’uso degli ACE-inibitori. Insomma, possono essere utilizzati, ma il medico deve sapere che in una minoranza di pazienti con asma potrebbero dare problemi.
 
Sartani (bloccanti del recettore dell’angiotensina)
Possono essere considerati la migliore classe di bloccanti del sistema renina-angiotensina da utilizzare nei soggetti con asma. I sartani sembrano indirizzarsi su pathway che interessano sia l’ipertensione che l’asma. Non provocano un aumento della tosse o un’iper-responsività delle vie aeree, anche nei pazienti intolleranti agli ACE-inibitori.
 
Calcio-antagonisti
Ci sono una serie di benefici teorici connessi all’impiego di questa classe di antipertensivi nei soggetti asmatici. I calcio-antagonisti riducono la contrattilità del muscolo liscio, riducono la broncocostrizione che si può determinare in risposta a vari stimoli (antigeni, sforzi, istamina, aria fredda). Tuttavia, nella pratica clinica questi farmaci non hanno dimostrato di avere effetti particolarmente favorevoli sull’asma. Resta il fatto che, visto il loro profilo di sicurezza ed efficacia, sono il trattamento di scelta per gli ipertesi con asma.
 
Diuretici tiazidici
I tiazidici a basse dosi, da soli o in associazione con altri agenti, sono molto utilizzati nel trattamento dell’ipertensione. E’ bene tuttavia ricordare che i pazienti asmatici trattati con elevati dosaggi di beta-2 agonisti possono sviluppare ipokaliemia, che tende ad essere più grave nei soggetti in terapia diuretica, esponendoli dunque al rischio di aritmie. Nei soggetti ipertesi e asmatici, in terapia con beta-2 agonisti e diuretici, l’aggiunta di corticosteroidi o di teofillina può accentuare ulteriormente il rischio di ipopotassiemia.
 
Maria Rita Montebelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA