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Lunedì 28 GIUGNO 2010
Cnb: parere sui criteri di accertamento della morte

Lo standard neurologico e quello cardiopolmonare sono “clinicamente ed eticamente validi per accertare la morte dell’individuo ed evitare in modo certo la possibilità di errore”, ma è necessario discostarsi da “quei protocolli, presenti in altri Paesi, che stabiliscono l’avvenuta morte del paziente con standard cardio-polmonare in base a tempi di accertamento fortemente ridotti”. È quanto sostiene il Comitato nazionale di Bioetica nel parere su I criteri di accertamento della morte approvato il  25 giugno.

Il gruppo di lavoro, coordinato da Lorenzo d’Avack e Giancarlo Umani Ronchi, ha affrontato il problema degli standard utilizzati per dichiarare la morte dell’uomo. Nella nota di sintesi del documento, il Comitato nazionale di Bioetica osserva come sia “noto che se la morte è una sola, tuttavia la diagnosi può essere oggi accertata con lo standard tradizionale cardiocircolatorio (irreversibile cessazione delle funzioni circolatoria e respiratoria), così come con quello neurologico (irreversibile cessazione di tutte le funzioni dell’intero cervello incluso il tronco cerebrale). Tuttavia, entrambi questi criteri hanno suscitato negli ultimi decenni un ampio dibattito sia scientifico che etico, anche in considerazione dell’avanzamento delle conoscenze mediche”.

È quindi emersa la necessità di una nuova riflessione sia clinica che etica, a termine della quale il Cnb è giunto alla conclusione che “sia lo standard neurologico che quello cardiopolmonare sono clinicamente ed eticamente validi per accertare la morte dell’individuo ed evitare in modo certo la possibilità di errore”. In particolare il Comitato per quanto riguarda i criteri neurologici ritiene accettabili solo quelli che fanno riferimento alla “morte cerebrale totale” e alla “morte del tronco-encefalo”, intese come danno cerebrale organico, irreparabile, sviluppatosi acutamente, che ha provocato uno stato di coma irreversibile, dove il supporto artificiale è avvenuto in tempo a prevenire o trattare l’arresto cardiaco anossico.
Il Cnb sottolinea la necessità dell’osservanza “rigorosa e meticolosa” dei criteri e dei pre-requisiti clinici della metodologia, delle procedure e del ricorso eventuale ai test confirmatori, raccomandando “il massimo di uniformità nei protocolli sia per lo standard cardio-polmonare che per quello neurologico, che allo stato appaiono di sovente difformi da paese a paese, ingenerando confusione nell’opinione pubblica con ricadute negative sulla considerazione relativa all’attendibilità dei criteri stessi”.

La critica del Cnb è rivolta in particolare a “quei protocolli, presenti in altri paesi, che stabiliscono l’avvenuta morte del paziente con standard cardio-polmonare in base a tempi di accertamento fortemente ridotti (tra i 2/5 minuti). Il rischio – sottolinea il Cnb - è che il paziente possa ancora ‘essere vivo’, non essendo sufficiente il brevissimo lasso di tempo intercorso dall’arresto cardiaco per dichiarare la perdita irreversibile delle funzioni dell’encefalo”.

“Il problema dell’accertamento della morte – sottolinea peraltro il Cnb - non deve essere condizionato da altre finalità quali il prelievo degli organi e che la morte possa essere definita sulla base di una mera ‘convenzione’”. In pratica, “la ‘regola del donatore morto’ nell’ambito della donazione e del prelievo di organi non deve tradursi nella ‘regola del donatore morente’”. Ma il Comitato conclude assicurando che “la legislazione italiana sull’accertamento della morte, corredata dalle attuali linee guida, è estremamente garantista e prudenziale”.
 
L.C.

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