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Mercoledì 27 NOVEMBRE 2019
Il valore in sanità, chiave di volta per rispondere ai cambiamenti di scenario. Ecco come

Per convincere la politica a investire in sanità occorre modificare la governance, a tutti i livelli, intraprendendo azioni innovative. L’obiettivo è avere risorse necessarie non solo a garantire gli out come clinici, ma anche a migliorare la “customer satisfaction” del paziente. Se ne è parlato in un panel al 14° Forum Risk Management in corso a Firenze.

Che cosa significa che le risorse impegnate in sanità sono un investimento e non un costo? Come riempire di significato questo slogan abusato durante gli incontri sulla sanità?
Sono state queste le domande da cui è partito il confronto su “Valore della sanità e sanità di valore come fattore di sviluppo e crescita per l’Italia” che si è tenuto all’interno del Forum Risk Management in corso a Firenze. 
 
“L’Italia, pur spedendo molto meno di altri Paesi si trova a un livello di spesa oltre al quale non ci sono grandi vantaggi in termini di out come aggregati di salute, come per esempio l’aspettativa di vita – ha evidenziato Federico Spandonaro di Crea Sanità – Il vero nodo è la qualità dei servizi, intesa come customer satisfaction: tutto ciò che semplifica la vita al cittadino e gli rende più facilmente fruibile un servizio, ma che non si traduce necessariamente in un out come clinico. La sfida è capire se la politica sia disponibile a investire in questo senso, quando i “competitor” nell’allocazione delle risorse sono fette importanti di welfare come l’istruzione o la sicurezza sul lavoro”.
 
Il compito è dunque impegnativo, ma non impossibile. Soprattutto, secondo gli esperti che si sono confrontati oggi, l’unica soluzione per tenere in piedi il Ssn è ripartire dal concetto di valore in sanità.  
 
“Il concetto di valore in sanità è cambiato e si è evoluto negli ultimi anni – ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – adesso servono azioni di governance a tutti i livelli”.
 
Insomma bisogna cambiare passo, come ha affermato Walter Ricciardi, presidente del World Federation of Public Health Associations: “Non basta continuare a comportarci come abbiamo sempre fatto. Abbiamo operatori bravi, ma vanno messi nelle condizioni di lavorare bene. Se si continua a tagliare in sanità o a investire poco non andiamo lontano. Stato e Regioni devono discutere per cercare di risolvere le problematiche dei cittadini”.
 
Uno dei tanti tentativi è la cabina di regia “Benessere Salute” istituita per far interagire tutti i ministeri rispetto a politiche complesse. “L’esigenza è stata quella di dotare il Presidente del Consiglio di un “cruscotto” che consenta di monitorare le luci rosse che si accendono sul territorio – ha spiegato Filomena Maggino, coordinatrice della cabina di regia – L’Italia è fortunata: da alcuni anni ha un indice sviluppato dall’Istat, il Bes (Benessere Equo e Sostenibile) che analizza 12 dimensioni della nostra vita grazie a oltre 130 indicatori. Un’esperienza senz’altro virtuosa che andrebbe valorizzata e considerata di più”.
 
“Il nostro Servizio sanitario nazionale è la cosa più preziosa che abbiamo – ha ricordato Giuseppe Remuzzi, direttore scientifico dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – dovremo ricordarcelo sempre. Tra gli interventi più urgenti dovremo sostituire i medici che se ne vanno con giovani entusiasti che si dedichino solo al Ssn e dovremo far sì che anche i medici di medicina generale dipendano dal Ssn. Solo così potremo avere una continuità di cura tra ospedale e territorio”.
Ha tirato le somme Nerina Dirindin, dell’Università degli Studi di Torino: “Oggi è emersa da più parti la necessità di avere come riferimento il benessere delle persone, prima dello sviluppo del Pil. Tra i temi discussi, due sono a mio avviso particolarmente importanti: quello della gestione della cronicità e non solo delle acuzie e la necessità di dare priorità alle nuove generazioni”.

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