quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 07 APRILE 2020
Un nuovo “Patto sociale” per il dopo Coronavirus



Gentile Direttore,
l'interessante dibattito sul coronavirus che si sta sviluppando su QS mi induce ad alcune riflessioni. La prima. La pandemia da coronavirus, fino a poco tempo fa impensabile, impone un duro confronto con il reale. Visto che ogni persona può essere un pericolo per l'altra, il coronavirus sconosciuto, invisibile, nel suo diffondersi inesorabile, con la sua gravità imprevedibile, rende necessario prendersi cura di tutti, compresi senza tetto e migranti. Il virus non conosce confini e limiti per cui la pandemia diffonde anche a livello economico e sociale per cui si è posto anche il tema di come sostenere lavoratori "in nero", i poveri e assicurare un pasto e un tetto a tutti.
 
La seconda. Questo dovrebbe riportare all'attenzione la questione del "patto sociale", di come ciascuno vi partecipa, contribuisce, vi si attiene. E' il rapporto dei diritti/doveri, diritti/sicurezza. Si è posto il tema dei comportamenti sociali, dell'evasione fiscale, delle criminalità, delle modalità di considerare il servizio pubblico e di stabilire l'ordine delle priorità nelle scelte, negli investimenti in opere dannose per l'ambiente o in spese militari. Ciascuno di questi ambiti è colpito dalla pandemia e nessuna risposta è scontata.
Sarebbe un'occasione perduta se non si riprendessero i temi della giustizia sociale che non può essere ridotta alla pur lodevole alla carità.

Si fa perno sui Comuni e sarebbe molto utile vedere quali sono le risorse del servizio sociale professionale. Occorre comprendere le situazioni di sofferenza nello spazio pubblico oggi disertificato e in quello privato, nel chiuso delle case... anziani soli, violenze alle donne, le condizioni dei minori, NEET (Not in education, employment or training), povertà, disoccupazione, dipendenze e disturbi mentali.
Tutti problemi che rischiano di esplodere, saremo pronti ad affrontarli?
 
La terza. Giustamente per attenuare la crisi sociale ed economica, largamente preesistente, sono stati messi in atto interventi di emergenza. Tuttavia
si è diffusa l'idea che lo stato non solo debba curare tutti ma sostenere tutta l'economia riprendendo un ruolo appannato almeno da 40 anni di neoliberismo.
Superata questa fase dove hanno prevalso umanità e desiderio di cercare di salvare vite, il patto sociale non si rifonda se non si pone il problema
di come si finanziano i servizi, le pensioni, i supporti sociali. Da anni abbiamo bisogno di un alto senso di responsabilità pubblica, di una politica fiscale e dei redditi, della sicurezza e dell'ambiente. Non è un tema di poco conto anche per le risorse della sanità pubblica che in questi anni ha visto nascere le seconde, terze gambe...
I rapporti tra sistemi patient/community centered, pubblico/privato sono rimessi in discussione.
L'universalismo è nel dare e nell'avere, cioè nella giustizia sociale. O dimenticheremo in fretta e si riaffermeranno i sistemi a "domanda individuale"?
 
La quarta. Si dice che il coronavirus ha ridato vigore alle competenze degli esperti e ciò non tanto per le conoscenze quanto in relazione all'evidente e imprevedibile gravità dell'infezione che chiede parole di spiegazione, di conforto e indicazioni al potere. Ciascuno si è affidato ai suoi riti. Sotto il profilo tecnico scientifico, le indicazioni date, le uniche possibili, non sono certo nuove e sono altamente impattanti sulle persone e i loro diritti, un "proibizionismo responsabile" accettabile nel breve termine. Al momento sono evidenti i limiti in tema di diagnosi, terapia e nella ricerca. La conoscenza dipende dalla ricerca che è anche incertezza, desiderio di capire e necessità di sperimentare.
Dai dati risulta che nel nostro Paese abbiamo avuto una mortalità molto elevata il che richiederebbe molti approfondimenti. Anche in relazione agli operatori sanitari deceduti che prima che eroi sono morti sul lavoro. Nel loro rispetto sapremo fare ricerca, dare voce alla verità?
 
La quinta. Con umiltà dobbiamo attraversare la pandemia, la tragedia può essere una nuova occasione fondativa della nostra vita pubblica. Nulla sarà come prima? Ma qualunque cosa accadrà non potrà avvenire senza una un'assunzione di responsabilità.
Di fronte a tanto dolore, alle tante morti, il velo pietoso non potrà evitare una franca analisi. Non è possibile ridurre tutta la questione politico-gestionale tra stato e regioni al titolo quinto...pensando ad una nuova legge. Magari servirà ma solo dopo un'analisi approfondita e all'interno di un nuovo patto sociale, che comprenda le conseguenze del commissariamento economico della sanità e della marginalizzazione dei professionisti. Quindi il tema è profondamente politico. Nel momento in cui si riapre anche l'antico tema ospedale/territorio,l'obiettivo dovrebbe essere quello di creare un sistema sociosanitario di comunità, ospedale compreso, attivo nelle 24 ore, adeguato alle esigenze di tutta la popolazione, fortemente radicato nella nostra Costituzione.

Pietro Pellegrini
Direttore Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche
Ausl di Parma

© RIPRODUZIONE RISERVATA