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Mercoledì 11 APRILE 2012
Malattie della tiroide. Colpiscono milioni di italiani, ma solo 1 su 5 le conosce

Il solo ipotiroidismo, la patologia tiroidea più diffusa, riguarda il 5% degli italiani, in pratica tante persone quanto il diabete. Ma un’indagine Doxa rileva che il 70% della popolazione non si è mai sottoposto a un controllo della funzionalità della tiroide. E così, la diagnosi arriva sempre in ritardo.

Appena 1 italiano su 5 conosce le malattie della tiroide, che colpiscono milioni di nostri connazionali. È il primo dato che emerge dall’indagine Doxa condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana di età superiore a 15 anni e promossa da IBSA Farmaceutici. L’ipotiroidismo da solo, la patologia tiroidea più diffusa, riguarda il 5% della popolazione italiana, un dato analogo, ad esempio, a una malattia come il diabete (4,9% gli Italiani che ne soffrono, secondo l’Istat) giustamente oggetto di una grande attenzione sociale. Parliamo, in pratica, di oltre 2,5 milioni di persone.
 
Tra gli intervistati da Doxa che affermano di conoscere le malattie della tiroide, spesso (51%) è ancora presente un’immagine da vecchie tavole anatomiche, con gozzi enormi che non si vedono più e occhi sporgenti (37%), simili alle immagini cinematografiche di Marty Feldman, il famoso Igor del film Frankestein Junior.

Immagini che tuttavia, secondo gli esperti, allontanano dal riconoscimento della reale importanza delle malattie della tiroide. Infatti, l’ipotiroidismo è ritenuto una malattia seria e limitante solo dal 7% degli italiani mentre in realtà 1 paziente su 3 dichiara di soffrire di importanti disagi fisici.

Una malattia apparentemente facile da riconoscere (secondo il 46% degli intervistati) viene in realtà diagnosticata nella maggior parte dei casi molto tempo dopo l’inizio dei primi sintomi, giustificando l’appellativo di “malattia insospettabile”, proprio perché si pensa all’ipotiroidismo solo dopo aver escluso tutte le altre possibili malattie. Anche i dati sulla prevenzione inducono a riflettere, con il 70% degli italiani che dichiara di non aver mai fatto un controllo della funzionalità della tiroide.
 
“Quando la tiroide non funziona, tutto l’organismo va in sofferenza”, ha spiegato Aldo Pinchera, studioso di fama internazionale, Professore Emerito di Endocrinologia, Università di Pisa, nel corso di un incontro sul tema promosso oggi a Milano. “La tiroide – ha aggiunto Pinchera - contribuisce a regolare i processi metabolici, la contrattilità cardiaca, il tono dei vasi, i livelli di colesterolo, il peso corporeo, la forza muscolare, il trofismo della pelle e dei capelli, il ritmo delle mestruazioni, lo stato mentale e ancora tante altre funzioni: un delicato motore che deve lavorare al meglio per mantenere in perfetto equilibrio l’organismo. Per questo motivo è consigliato eseguire le prove di funzionalità tiroidea con una semplice analisi del sangue nei soggetti a rischio, quando c’è familiarità, e in età neonatale o in gravidanza. Con questo obiettivo ogni anno promuoviamo la Settimana della Tiroide, che nel 2012 si svolgerà dal 18 al 25 maggio, con iniziative dedicate proprio all’informazione e alla prevenzione”.
 
“L’ipotiroidismo – ha spiegato Alfredo Pontecorvi, Professore ordinario di Endocrinologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - è una malattia prevalentemente al femminile, colpisce il 7-8% delle donne in pre-menopausa e arriva al 10-15% nel periodo post-menopausale, andando ad aggravare e a confondersi con alcuni disturbi tipici di questo periodo quali, irritabilità, aumento del peso, perdita della memoria, difficoltà di concentrazione, insonnia, dolori muscolari.”
 
“Quando la tiroide lavora poco, come appunto nell’ipotiroidismo, anche le funzioni dell’organismo rallentano”, ha aggiunto Paolo Vitti,Professore ordinario di Endocrinologia, Università di Pisa. “Di conseguenza si notano frequenza cardiaca più lenta, facile sensazione di freddo e stanchezza, pelle più secca, gonfiori, memoria più labile, riflessi lenti, depressione e stitichezza. In 90 casi su 100, si tratta di una forma lieve, in grado di provocare sintomi sfumati”. Per stabilire se nel sangue le quantità di ormoni tiroidei sono normali o alterate, ha spiegato ancora l’esperto, “occorre dosare T3, T4 e l’ormone tireostimolante TSH. Quest’ultimo è prodotto da un’altra ghiandola endocrina, l’ipofisi, situata alla base del cervello, che ha il compito di controllare a sua volta l’attività della tiroide. Quando gli ormoni tiroidei aumentano nel sangue, l’ipofisi produce meno TSH nel tentativo di ridurre l’attività tiroidea; se invece diminuiscono, ne produce quantità maggiori per stimolare la tiroide a lavorare di più.  Per sostituire o integrare l’ormone che la tiroide non produce e riportare a valori normali il T4 e il TSH e normalizzare le funzioni del corpo, è necessario assumere farmaci a base di tiroxina (ormone tiroideo) in dosi che il medico stabilisce paziente per paziente”, ha concluso Vitti.
 
“La cura dell’ipotiroidismo  è consolidata, siamo ormai a quasi 60 anni dal suo primo impiego nel 1953, e si basa sull’assunzione di levotiroxina, oggi prodotta per sintesi”, ha affermato nel suo intervento Enrico Papini, Direttore UOC Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell’Ospedale Regina Apostolorum,  Albano Laziale. “L’ipotiroidismo – ha aggiunto - è una malattia da difettosa produzione di ormone che, fortunatamente, può essere efficacemente corretta con la terapia ormonale sostituiva. La levotiroxina deve essere assunta la mattina a digiuno per evitare che  alimenti, liquidi o solidi, possano in qualche modo interferire con la dissoluzione e l’assorbimento del principio attivo. Anche alcuni farmaci di largo impiego nella popolazione, inoltre, possono alterare in modo poco prevedibile l’assorbimento dell’ormone tiroideo. In alcuni casi per arrivare a stabilire il corretto dosaggio si impiegano mesi, in rari casi anni, proprio perché anche variazioni minime del farmaco, in eccesso o in difetto, possono creare disturbi che possono alterare la qualità della vita. Stiamo infatti parlando della necessità di assorbire in modo costante piccole quantità, microgrammi, di un ormone che è determinante per la salute, l’equilibrio funzionale e il benessere dei pazienti”.
 
“Trattare bene l’ipotiroidismo e in genere tutte le malattie della tiroide è cruciale in gravidanza”, ha concluso Pinchera. “Va anche sottolineata l’estrema importanza della prevenzione e, in particolare, la corretta nutrizione in termini di iodio, soprattutto, e non solo, nella donna gravida. Il tema della iodioprofilassi sarà al centro delle manifestazioni della settimana mondiale della tiroide indetta per la fine di maggio con il titolo La tiroide è donna – La tiroide e la gravidanza”.
 

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