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24 MAGGIO 2020
Curare chi cura: un impegno etico per la Sanità italiana



Gentile Direttore,
l’impatto psicologico sugli operatori sanitari indotto dalla epidemia di COVID-19 è sotto gli occhi di tutti. Le situazioni di sofferenza, l’ansia di lavorare in un equilibrio organizzativo precario, i rischi affrontati, il numero troppo elevato dei contagi correlati alla professione e, purtroppo, dei decessi ha evocato nell’intera società italiana, come è avvenuto del resto a livello internazionale, l’uso di figure retoriche (eroi, angeli,paladini e missionari). Conferendo a medici, infermieri e operatori un’immagine mitica ma al tempo stesso destinata al sacrificio.
 
Il sistema sanitario ha affrontato la fase più critica, quella in cui tutte le risorse cognitive ed emotive sono state impegnate nella risposta quotidiana all’epidemia. Durante questo periodo sono stare utilizzati strumenti di adattamento alla crisi a forte caratterizzazione stressogena, soprattutto per chi ha vissuto e lavorato in una prima linea gli elementi di pressione più marcata (l’angoscia, la solitudine, la condivisione del dolore, l’esposizione al fallimento, l’impreparazione a volte della stessa organizzazione del processo di cura o la frequente inadeguatezza dei dispositivi di protezione). La drammaticità di questo sforzo di adattamento al trauma ha fatto i suoi danni e prodotto le sue vittime: i suicidi di Jesolo, Monza, Milano…sono, purtroppo, lì a testimoniarlo.
 
Ora affronteremo una seconda fase in cui, superata la fase critica e di iperattivazione psichica, speriamo entro un tempo breve in tutto il territorio nazionale, subentreranno, il rischio non è marginale, i vissuti depressivi, i sentimenti di inadeguatezza: lo sforzo prodotto ci farà avvertire tutta la nostra debolezza e la fragilità. E ci farà porre dubbi sulla professione che svolgiamo, potremmo sentirci sempre più svuotati e distanti da essi: percepiremo il burn-out. Non è una prognosi, ma la segnalazione di un rischio di cui, già ora, cominciamo a percepire i segnali dai nostri luoghi di osservazione clinica.
 
Queste considerazioni, per certi versi, sembrano sfiorare l’evidenza. Ma siamo certi di conoscere bene i contenuti psichici di questo disagio, ne possiamo comprendere la varietà dei meccanismi (soggettivi, relazionali e organizzativi) che ne sono alla base, abbiamo davvero compreso l’impatto emotivo del lavoro sanitario ai tempi del coronaviurus, ne conosciamo gli esiti e la portata e, soprattutto, abbiamo una visione sufficientemente chiara di quali dovrebbero essere i sistemi di sostegno a questa problematica emergente? Sapremo curare chi cura?
 
Noi siamo profondamente convinti che tutte queste dimensioni corrono il rischio di passare sotto silenzio. In fondo, il disagio lavoro-correlato che osserviamo nel settore sanitario non nasce oggi dal nulla, ma ha radici datate: la frammentazione del sistema, l’invocazione eccessivamente “ingegneristica” degli obiettivi di “efficacia/efficienza”, l’overload lavorativo, la distanza sempre più profonda tra gli attori del sistema sanitario e le sue regie politiche, la burocratizzazione, i rischi medico-legali, le aggressioni e la violenza subita sui luoghi di lavoro sono un peso che l’organizzazione sanitaria italiana porta con sé e su cui ha troppo poco e troppo distrattamente riflettuto.
 
Come “Centro di Riferimento della Campania per la Psicopatologia del Lavoro della ASL Napoli 1” ci poniamo l’obiettivo di indagare queste variabili e di realizzare di esse una fotografia quanto più precisa e diffusa possibile. Per questo motivo, abbiamo avviato uno studio “real life” che si fonda sulla somministrazione di un questionario valutativo, un questionario breve e anonimo. Lo proponiamo ai diversi settori, sia ospedalieri che territoriali, negli ambiti pubblici come in quello privato, nelle varie discipline e per le diverse figure professionali: nella convinzione che le risorse e le problematiche vadano inquadrate nell’ambito dell’intero Sistema Sanità e non per singoli settori.
 
La validità dello studio, come per tutte le indagini e i reports epidemiologici, si fonderà sull’ampiezza e sulla rappresentatività del campione. Pertanto, saremo grati a quanti vorranno partecipare, sia attraverso la propria risposta al questionario che favorendo la sua divulgazione, sostenendoci nella conduzione di un protocollo di studio che esplora una dimensione, a nostro modo di vedere, rilevante della crisi pandemica: quella che ha investito le organizzazioni psichiche, i fattori umani e le risorse individuali degli attori della Sanità italiana.
Dr. Giovanni Nolfe, Dr.ssa Annarita Vignapiano
Struttura Centrale Psicopatologia da Mobbing e Disadattamento Lavorativo ASL Napoli 1. Centro di Riferimento della regione Campania

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