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Martedì 26 MAGGIO 2020
Raccontare la propria esperienza con il Covid fa bene



Gentile Direttore,
la Fase 1 della pandemia ha richiesto agli esercenti le professioni sanitarie, un impegno emotivo e fisico notevole: ci siamo spesi fino al limite delle nostre  forze, portandoci dietro paure e fragilità. E’ indubbio che alcuni professionisti  modelleranno l’esperienza traumatica relativa alla gestione delle infezioni da coronavirus  in maniera generativa, agendo comportamenti proattivi; tuttavia, molti altri, non consapevoli delle proprie risorse, reagiranno al trauma agendo comportamenti non ecologici per la mente rischiando alla fine di crollare.
 
Qual è dunque, la differenza che fa la differenza? Quali sono i processi psicologici che sottostanno alla risoluzione positiva  degli eventi avversi che la vita ci presenta?
 
La possibilità di ristrutturare cognitivamente un evento doloroso, come l’emergenza  sanitaria SARS-Cov-2, in un processo di crescita e di apprendimento incontra il concetto – oggi di moda – di resilienza, in altre parole della capacità di far fronte agli eventi  avversi della vita in maniera generativa.
 
E’ possibile – al fine di affrontare al meglio la  Fase 2 – liberare la resilienza dai “salotti culturali” entro cui oggi si colloca, per consentirle di divenire prassi e metodologia di lavoro per le professioni sanitarie?
 
La resilienza è, com’è noto, un processo dinamico al quale si può essere educati e, non semplicemente un tratto della nostra personalità; diverse, infatti, sono le dimensioni  critiche su cui essa lavora, come ad esempio l’introspezione (e la conseguente  autoconsapevolezza) e la ristrutturazione di significato. Con quali strumenti dunque è possibile esplorare – dal punto di vista personale e organizzativo – queste dimensioni in Sanità? Noi pensiamo possa tornare utile, come metodologia di lavoro per educare alla resilienza, la Medicina Narrativa con le narrazioni personali dell’esperienza Covid.
 
I professionisti, attraverso la narrazione delle loro storie – che non è solo “dare parola” (R. Charon) ma dare loro la possibilità di ristrutturare l’esperienza emotiva e professionale e condividerla – diventeranno protagoniste del processo resiliente, accettando i cambiamenti e stabilendo relazioni positive con pazienti e colleghi.
 
Superato il pericolo, cogliamo l’opportunità di crescita insita in ogni crisi; la Fase 2 richiede riflessione e, nel contesto lavorativo, anche di una ristrutturazione formativa che ciascun Direttore/Responsabile dovrà pianificare e concordare con i propri collaboratori studiando un piano d’azione e, ove necessario, una riorganizzazione dell’attività formativa procedendo per obiettivi. Apriamoci, con le narrazioni personali, al confronto e alla scoperta dell’Altro; se non “possiamo controllare” il virus possiamo di certo, modificare il nostro atteggiamento verso di esso lasciandoci contaminare, per osmosi emozionale, dal collega resiliente.
 
Scegliere una carriera in Sanità ne racchiude l’essenza; non siamo eroi, siamo professionisti che fanno del processo di competenza aperto e in divenire una Mission non solo lavorativa, ma di vita.
 
Dott.ssa Teresa Caterina Marasco
CPS Tecnico di Radiologia Medica – AOU Mater Domini di Catanzaro, laureata in
scienze e tecniche di psicologia cognitiva

 
Dott. Francesco Sciacca
CPS Tecnico di Radiologia Medica – ASP di Siracusa, Master Practitioner di
Programmazione Neurolinguistica  

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