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Martedì 24 APRILE 2012
Meglio il trapianto che la dialisi: 3,5 anni di vita guadagnati e risparmio del 40% sulle terapie 

Il dato in un convegno alla Fondazione Tor Vergata. Il risparmio può arrivare a 40.000 Euro/anno. C'è poi un guadagno di aspettativa di vita, con buona qualità, rispetto a chi è in dialisi e in lista d’attesa per il trapianto. I risultati migliori con donazioni di rene da vivente. 

Un gioco di squadra, così a Tor Vergata definiscono il trapianto di rene. “C’è bisogno di un gran numero di specialisti, cardiologi, anestesisti, dermatologi, talvolta ginecologi e altri ancora: un team multidisciplinare per far sì che tutto vada per il verso giusto. Una volta che abbiamo finito il nostro lavoro non solo il paziente vive meglio, ma anche il sistema sanitario risparmia soldi”. Le parole solo di Alessandro Anselmo, medico della Fondazione Policlinico Tor Vergata e parte della Segreteria scientifica del convegno “Il trapianto di rene: un gioco di squadra. Un anno di trapianti di rene al Policlinico Tor Vergata”, tenutosi nell’Aula Anfiteatro del policlinico romano lo scorso 20 aprile.
 
Quasi trecento persone tra medici, infermieri e pazienti hanno partecipato all’evento, organizzato per celebrare il primo anno di attività del Centro Trapianti trasferitosi al PTV nel Novembre del 2010 dalla precedente sede presso la ASL RMC. “In poco più di un anno il Centro Trapianti è diventato la punta di diamante dell’attività chirurgica del policlinico, avendo realizzato dal novembre 2010 ben 48 trapianti di rene e 32 trapianti di fegato”, ha sottolineato il direttore generale Enrico Bollero.
 
Un’attività che secondo gli esperti può far risparmiare alla Sanità molti soldi.“Un paziente in dialisi deve sottoporsi alla procedura tre volte a settimana, per tutta la vita. Il che chiaramente ha dei costi non indifferenti”, ci ha spiegato Anselmo, “In più la dialisi rappresenta un compromesso: chiaramente allunga la vita, ma talvolta a scapito della sua qualità, che è messa a repentaglio non solo dalla procedura stessa, ma anche dai maggiori rischi cardiovascolari e dall’invecchiamento precoce cui sono sottoposti i pazienti. È vero che i trapianti hanno un alto costo iniziale per la lista d’attesa e per l’intervento in sé, ma questi costi sono paragonabili a quelli della dialisi solo nel primo anno dall’operazione, perché in seguito l’unica spesa rimane quella dei farmaci antirigetto”.
A sostegno di questa tesi, nella sua lectio “Il trapianto di rene ed il suo contributo alla riduzione della spesa sanitaria”, Anselmo ha anche portato un po’ di numeri: “Il trapianto di rene consente un risparmio notevole che arriva, dopo il primo anno, al 40% del costo richiesto per le cure di un paziente dializzato che può ammontare a circa 40.000 Euro/anno”, ha spiegato. “È stato calcolato negli Usa che ogni trapianto di rene realizzato consente un risparmio immediato di circa 100.000 $ e realizza un guadagno di 3,5 anni di aspettativa di vita, con buona qualità di vita, per ogni paziente trapiantato rispetto allo stesso paziente se questi fosse rimasto nella lista d’attesa. Questi anni guadagnati e ‘vissuti bene’ vengono definiti dagli anglosassoni QUALY’s (Quality Adjusted Life Years). Monetizzando questo guadagno di QUALY’s si ottiene un risparmio che arriva a ben 300.000 $”. Dati simili in Italia non sono disponibili, ma secondo gli esperti la situazione non dovrebbe essere molto dissimile.
 
E soprattutto risparmio e beneficio potrebbero essere anche maggiori di quanto già non siano oggi. I risultati infatti migliorerebbero ulteriormente se si riuscissero a effettuare in numero più consistente i cosiddetti trapianti pre-emptive. “Sono quegli interventi che si fanno prima ancora che il paziente entri in dialisi, appena si capisce che questo è inevitabile”, ci ha spiegato Anselmo. “Il tutto funziona ancor meglio se la procedura si fa da donatore vivo: si cerca tra i familiari o tra i conoscenti qualcuno che è disposto a donare e l’intervento si fa in laparoscopia. Si tratta dunque di un’operazione mini-invasiva, che abbatte i costi e dà risultati migliori. E che risolve un altro problema, quello della mancanza di organi”.
Le liste d’attesa infatti in Italia possono essere anche molto lunghe, ci spiega ancora il medico: nel Lazio si aspetta in media 3 anni per un rene, il che vuol dire che c’è chi rimane in lista anche sei o sette anni. “Con questo tipo di interventi di nuova generazione il dolore per il paziente è ridotto e il recupero più veloce. Dati i numerosi vantaggi in alcuni paesi europei i trapianti di questo tipo sono diventati anche il 40 o il 50 per cento, da noi ci fermiamo ancora al 5-7% del totale”.
Ecco perché l’idea del Centro Trapianti è proprio quella di attivare un programma di interventi di questo tipo numericamente importante. Un progetto chiaramente multidisciplinare, per tornare al titolo del convegno, introdotto da Giuseppe Tisone, direttore del Centro Trapianti a Tor Vergata proprio rimarcando questo aspetto della trapiantologia moderna: “è un gioco di squadra, in cui gli attori principali sono tutti gli specialisti che contribuiscono al buon risultato di un trapianto, operando in uno scenario ideale quale è quello di un moderno policlinico universitario”, ha detto Tisone. “L’attività trapiantologica è un’alta specialità al servizio dei pazienti, ancor più importante in un’epoca di ristrettezze economiche e tagli alla sanità. Centrali diventano tutti gli aspetti del trapianto di rene a partire dalle indicazioni al trapianto stesso, per arrivare allo studio immunologico; dall’allocazione dell’organo fino all’intervento chirurgico ed alle sue complicanze; alle moderne terapie antirigetto”.
E proprio quest’ultimo punto diventa oggi ancor più importante, dato che anche in questo campo si va sempre più nella direzione della personalizzazione della terapia. “I nuovi farmaci antirigetto – ha concluso Anselmo – sono ancor più efficaci e meno tossici di quelli già esistenti. Così si può pensare una terapia che sia veramente studiata per il singolo paziente, e che dunque dà risultati migliori, con meno effetti collaterali”.
 
Infine, un occhio anche alla medicina di genere.La relazione conclusiva del convegno ha infatti trattato il tema del “trapianto di rene e gravidanza. Rinascere e far nascere”. Una possibilità che rappresenta una speranza per tutte le donne che devono sottoporsi a trapianto d’organo. La professoressa Maria Luisa Framarino dei Malatesta ha infatti chiarito che la gravidanza in una donna portatrice di trapianto è un evento possibile, ovviamente se essa viene condotta sotto un attento controllo medico.
 
Laura Berardi

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