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Sabato 30 MAGGIO 2020
Cronache marziane al tempo del coronavirus



Gentile Direttore,
ieri è stata riportata qui su QS la circolare ministeriale di indirizzo alle Regioni per la predisposizione dei loro piani di riorganizzazione della rete ospedaliera comprensivi di quella delle terapie intensive e semi-intensive. Ho personalmente molto apprezzato questa circolare che fornisce riferimenti utili a contenere la “fantasia” di alcuni Presidenti che hanno immaginato soluzioni per così dire futuristiche al problema della carenza di posti letto di terapia intensiva. Mi riferisco a quelle che il loro ideatore, il dott. Guido Bertolaso, ha definito “astronavi” e cioè i due Fiera Hospital di Milano e Civitanova Marche finanziati da donazioni private (ma poi su questo torneremo).
 
La circolare in estrema sintesi prevede che in ogni caso i posti letto di terapia intensiva debbano  comunque essere implementati in ospedali che dispongano di posti letto di terapia intensiva e attività chirurgica, al fine di poter garantire presenza di personale già formato. Aggiunge inoltre che gli interventi per la dotazione di posti letto aggiuntivi di terapia intensiva debbano essere individuati in un numero limitato di ospedali.
 
La vicenda delle due astronavi, ed in particolare di quella della Fiera di Milano, è stata oggetto di ripetute critiche per i costi elevati, la non utilità (almeno in questa fase) e per la sua inadeguatezza strutturale ed organizzativa. La critica a soluzioni di questo genere del resto ha trovato spazio anche in ambito scientifico.
 
Rimane da approfondire un tema a mio parere rilevante: come può un progetto di questo tipo andare avanti anche quando sono disponibili tutti gli elementi di criticità che ne sconsigliano l’avvio e soprattutto la prosecuzione? E’ questo il caso  del Fiera Hospital della Regione Marche con 84 posti letto attrezzati per una assistenza intensiva, ma metà destinati ad una assistenza semi-intensiva. Ipotizzato a fine marzo per contenere un paventato picco di ricoveri in terapia intensiva è stato poi realizzato quando era da tempo cominciato il picco inverso di diminuzione dei ricoveri in area critica. Il progetto ha ricevuto critiche sin dalla fase di avvio per poi esplodere sul piano sindacale (gli echi sono arrivati anche qui su QS) quando per la gestione puramente dimostrativa di alcuni posti letto si è iniziato a reclutare il personale dalle Aziende Sanitarie regionali. Nella coda di questa fase della epidemia con pochissimi pazienti Covid-19 ancora ricoverati in area critica negli ospedali delle Marche si è iniziato a trasferire qualche paziente per lo più non critico al FH senza alcuna utilità di sistema, ma con costi stimati e messi a bilancio attorno ai quattro milioni di euro per un trimestre.
 
Allo stesso tempo la citata circolare del Ministero prevede per le Marche 220 posti letto di terapia intensiva (i 115 attuali più altri 105) contro i 300 che il Presidente della Regione dichiarava nella stessa giornata di ieri essere necessari alla Regione Marche. In sostanza quelli del Fiera Hospital sono tutti eccedenti rispetto al fabbisogno stimato dal Ministero. Ciononostante il Presidente confermava la sua totale convinzione sulla utilità del progetto e sulla infondatezza tecnica delle critiche.
 
La domanda è: come si prevengono e come si evitano queste soluzioni a tipo astronave che comunque - come nel caso delle Marche - sono largamente coperte da denaro pubblico anche in sede di investimento strutturale, visto che dei quasi 12 milioni di euro necessari 5 vengono dall’erogazione della Banca d’Italia alla Regione Marche che poteva destinarli tranquillamente e più utilmente alla rete degli ospedali pubblici? Quanto ai costi di gestione questi gravano per intero sul bilancio del Servizio Sanitario Regionale, almeno nel caso delle Marche.
 
Vale la pena di fare tesoro di queste esperienze sia per decidere cosa fare adesso di queste strutture sia per evitare che in analoghe emergenze future l’ansia di protagonismo della politica sottragga risorse da destinare ad investimenti di maggiore priorità. Che si sia pensato (e provveduto) a costruire astronavi quando unanimamente si identificava nel territorio la sede giusta per contrastare l’epidemia è fenomeno che merita una riflessione di sistema.
 
Claudio Maffei
Coordinatore scientifico di Chronic-on

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