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Martedì 30 GIUGNO 2020
Covid. A Bergamo 110 polmoniti sospette già tra novembre e gennaio

A rivelare il dato è L'Eco di Bergamo che ha analizzato i dati di Ats e Asst Est su richiesta del consigliere regionale di Azione, Niccolò Carretta. Le polmoniti sospette sono state 18 a novembre, per poi passare alle 40 di dicembre e altre 52 a gennaio. Su questi dati si è posata anche la lente della procura di Bergamo. Sia per indagare sulle procedure messe in atto all’ospedale di Alzano lombardo, sia per ricostruire se e come sono sfuggiti questi casi sospetti.

A Bergamo il Covid sarebbe arrivato tra novembre e gennaio quando in ospedale ad Alzano sono state registrate 110 polmoniti "sospette" all'ospedale di Alzano Lombardo finito nell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione del pronto soccorso durante l'emergenza Coronavirus.
 
A rivelare il dato è L'Eco di Bergamo che ha analizzato i dati di Ats e Asst Est su richiesta del consigliere regionale di Azione, Niccolò Carretta. Le polmoniti sospette sono state 18 a novembre, per poi passare alle 40 di dicembre e altre 52 a gennaio. 
 
Ma queste polmoniti sconosciute non sono un unicum dell’ultimo inverno. Come emerso dagli stessi dati resi noti da Ats, "i codici 486 ci sono sempre stati nell’ospedale di Alzano Lombardo. Ma dall’andamento mensile l’anomalia è chiara, così come è chiara dal confronto tra i ricoveri del 2019 e quelli del 2018: 196 polmoniti non riconosciute nel 2018, ben 256 tra gennaio e dicembre 2019. Il 30% in più, a emergenza ancora molto lontana". Questi numeri ufficiali, tra l'altro, contemplano solo i ricoveri, non i semplici accessi al pronto soccorso (esclusi da questa statistica), né tanto meno le diagnosi di polmonite fatte dai medici. 
 
Sui dati indaga ora la procura "sia per far luce sulle procedure messe in atto all'ospedale di Alzano Lombardo nei giorni roventi dell'emergenza, sia per ricostruire se e come sono sfuggiti questi casi sospetti". Al centro delle indagini le linee guida del Ministero della Salute del 22 gennaio in cui si raccomandava di considerare un caso sospetto anche "una persona che manifesta un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un'altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica".
 
Peccato che nella circolare del 27 gennaio i casi sospetti dovevano anche avere "una storia di viaggi nella città di Wuhan (e nella provincia di Hubei), Cina, nei 14 giorni precedenti l'insorgenza della sintomatologia" oppure aver «visitato o ha lavorato in un mercato di animali vivi a Wuhan e/o nella provincia di Hubei, Cina". Particolare che ha spinto a non eseguire i tamponi agli ammalati di polmonite.

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