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Mercoledì 29 LUGLIO 2020
Durante il lockdown boom dei consumi per idrossiclorochina e azitromicina. In calo Viagra & C. Ecco tutti i dati nel rapporto Aifa

Pubblicato il Rapporto di Aifa che ha monitorato l’andamento tra febbraio e maggio sul consumo dei farmaci. Incremento significativo si osserva anche per l’antivirale anti-HIV darunavir/cobicistat e per lopinavir/ritonavir (anche se non statisticamente significativo) e per gli inibitori dell’interleuchina 6 (IL-6) tocilizumab e sarilumab. Riduzione invece per i consumi di farmaci DAA per HCV. Il consumo degli antiipertensivi si è mantenuto stabile mentre è aumentato quello degli antipsicotici. IL RAPPORTO AIFA

Durante il lockdown tra febbraio e maggio 2020 è aumentato il consumo di idrossiclorochina e azitromicina. Ma non solo, crescita anche per l’antivirale anti-HIV darunavir/cobicistat e per lopinavir/ritonavir (anche se non statisticamente significativo) e per gli inibitori dell’interleuchina 6 (IL-6) tocilizumab e sarilumab. Incrementa anche l’uso di ossigeno, di anestetici generali, di sedativi e curari iniettivi (con effetto miorilassante), oltre che di medicinali inotropi iniettivi e il consumo di acido ascorbico iniettivo e di antidoti iniettivi aspecifici (tra cui aceticisteina e glutatione).
 
A fare il punto è l’Aifa che oggi ha pubblicato un report che ha analizzato l’uso dei farmaci durante il lockdown in seguito alla pandemia da Covid.
 
Il Rapporto, spiega Aifa è “un primo focus è relativo ai farmaci specificatamente utilizzati per il COVID-19, includendo i farmaci che sono stati valutati dall’AIFA, in fasi diverse e a vario titolo (uso compassionevole, uso off-label, studi sperimentali, ecc.), per il trattamento di pazienti con COVID-19. In questo ambito, si è assistito ad un incremento importante dei consumi di idrossiclorochina e azitromicina, di alcuni antivirali e degli inibitori dell’interleuchina”.
 
Ad incrementare, quindi, sono stati maggiormente i prodotti autorizzati off label per combattere il virus e quelli normalmente utilizzati nelle terapie intensive che in questi mesi sono state messe a dura a prova.
 
Ma il report Aifa va oltre e ha anche analizzato l’uso dei farmaci per le patologie croniche e anche quelli del canale farmacia. Dai numeri emerge come i prodotti per i quali si registra un maggiore aumento dei consumi nel periodo post COVID-19 rispetto al pre COVID-19 sono: anticoagulanti, antipsicotici, antidiabetici e antiaggreganti piastrinici. Di contro, quelli per i quali si registra una riduzione dei consumi, comunque non significativa, sono: farmaci per asma e BPCO e farmaci per l’osteoporosi.
 
Da notare il calo di una delle categorie maggiormente utilizzate, ovvero gli inibitori della fosfodiesterasi (es. sildenafil, tadalafil, ecc.) per cui si nota una marcata riduzione negli acquisti in corrispondenza del lockdown.
 
“Tale contrazione – spiega Aifa - è confermata anche nel mese di aprile ed è complessivamente una riduzione significativa se si confronta il periodo pre- COVID con il periodo post. Considerata l'indicazione principale delle molecole afferenti a questa categoria, ovvero la disfunzione erettile, tale riduzione potrebbe essere ricondotta ad una modifica nei comportamenti abituali con conseguente riduzione nel ricorso a questi farmaci in corrispondenza della quarantena”.
 
“Ringrazio i colleghi del Comitato Tecnico Sanitario della Protezione Civile – ha esordito il DG AIFA Nicola Magrini - per essere intervenuti, ma soprattutto per la proficua e costante collaborazione instaurata in questi mesi per fronteggiare l’epidemia e l’emergenza sanitaria. Abbiamo lavorato molto e bene, per il bene del Paese”.
 
“Il Rapporto sull’uso dei farmaci durante l’epidemia COVID-19 – ha continuato Magrini – è un prodotto dell’OsMed che definirei il ‘flagship tool’ dell’AIFA, attivo ormai da 20 anni grazie alla collaborazione con l’ISS e altre Istituzioni italiane. La pubblicazione è stata elaborata in tempi record, con la stessa tempestività con cui AIFA ha dato risposta continua e rigorosa alla situazione di emergenza”.
 
“Soprattutto durante l’emergenza – ha sottolineato ancora Magrini - ci siamo resi conto di come solo gli studi randomizzati devono rappresentare uno standard di ricerca solido in grado di guidare la pratica clinica, come dimostra il caso dell'idrossiclorochina. È fondamentale anche ripensare la ricerca scientifica internazionale, perché solo da una visione sovranazionale è possibile trovare posizioni coerenti e sostanziale consenso sui trattamenti più utili”.
 
“Le pandemie ci sono – ha concluso Magrini – e nei prossimi decenni potranno tornare: sarà quindi importante trattenere nella nostra memoria quello che è successo e possibilmente valutare in modo indipendente la capacità di reazione. Il dolore e i lutti di questi mesi saranno stati inutili se saremo disposti ad accettare le solite ricette”.
 
La sintesi:
 
Farmaci utilizzati per il COVID-19
La differenza maggiore in termini assoluti tra il periodo pre e post COVID si riscontra per idrossiclorochina e azitromicina. Un incremento significativo si osserva anche per l’antivirale anti-HIV darunavir/cobicistat e per lopinavir/ritonavir (anche se non statisticamente significativo) e per gli inibitori dell’interleuchina 6 (IL-6) tocilizumab e sarilumab
 
Farmaci utilizzati in regime ospedaliero: iniettivi e ossigeno
Dall’analisi delle movimentazioni emerge un incremento numericamente importante e statisticamente significativo per le seguenti categorie terapeutiche: ossigeno, anestetici generali, sedativi e curari iniettivi (con effetto miorilassante), oltre che i medicinali inotropi iniettivi. Il consumo di acido ascorbico iniettivo e di antidoti iniettivi aspecifici (tra cui aceticisteina e glutatione) è altresì aumentato in maniera significativa.
 
Altri farmaci utilizzati in regime ospedaliero
L’analisi evidenzia un incremento significativo relativamente alla classe dei medicinali antiretrovirali per HIV e degli antivirali in generale, con una riduzione invece per i consumi di farmaci DAA per HCV. Le altre categorie terapeutiche rimangono sostanzialmente immodificate. Tale riscontro può derivare dal fatto che le strutture infettivologiche, primariamente impegnate nella gestione dell’emergenza, hanno garantito la continuità delle cure croniche, limitando invece l’accesso a terapie di durata definita e prorogabili quali quelle per HCV sulla base dell’attuale scenario epidemiologico dell’epatite C in Italia. Tali dati sembrano suggerire che non ci siano state particolari criticità nell’approvvigionamento di terapie oncologiche o di terapie croniche per patologie neurologiche.
 
Farmaci associati alle terapie croniche
Si tratta dei farmaci per: Diabete, Affezioni del sistema cardio-circolatorio e ipertensione,  Dislipidemie, Demenze, Psicosi, Ansia e depressione, Epilessia, Parkinson, Patologie respiratorie (Asma e Broncopneumopatia ostruttiva), Osteoporosi e Patologie della tiroide (ipo-iper tiroidismo)
 
Nel mese di febbraio 2020, rispetto al mese precedente, si registra una riduzione dei consumi per tutte le categorie prese in esame. A questa riduzione ha fatto però seguito nel mese di marzo, rispetto a febbraio, un apprezzabile incremento. “L’andamento registrato a marzo – sottolinea l’Agenzia - corrisponde con l’inizio del lockdown, periodo in cui probabilmente il medico prescrittore e i pazienti in vista di potenziali problemi hanno provveduto ad approvvigionarsi dei farmaci. Nel mese successivo si è avuto, invece, un rimbalzo che ha riportato i valori nella media”.
 
A livello nazionale quindi, nel periodo pre e post COVID-19, non si evidenziano differenze significative nei consumi espressi in confezioni per 10.000 abitanti die per tutte le categorie di farmaci esaminate.
 
Globalmente, i prodotti per i quali si registra un maggiore aumento dei consumi nel periodo post COVID-19 rispetto al pre COVID-19 sono: anticoagulanti, antipsicotici, antidiabetici e antiaggreganti piastrinici. Di contro, quelli per i quali si registra una riduzione dei consumi, comunque non significativa, sono: farmaci per asma e BPCO e farmaci per l’osteoporosi
 
L’Aifa ha anche svolto un approfondimento su particolari categorie. “Vale la pena ricordare – si legge nel report - che per gli antiipertensivi molto si è discusso circa la correlazione con il meccanismo di insorgenza dell’infezione da COVID-19. In particolare, per Ace inibitori e Sartani si è parlato di possibile correlazione per via dell’enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2), sfruttato dal coronavirus per permeare la membrana cellulare. Ad oggi esistono solo ipotesi molecolari verificate con studi in vitro, ma i risultati di diversi studi osservazionali pubblicati nel corso degli ultimi mesi non hanno confermato una correlazione tra uso di questi farmaci ed insorgenza di COVID-19”.
 
Il consumo degli antiipertensivi si è mantenuto stabile anche se “successivi approfondimenti potranno consentire una valutazione circa eventuali switch a carico del SSN operati dal medico verso categorie di antiipertensivi differenti. Durante gli eventi epidemici è noto, inoltre, un elevato rischio di sviluppare disturbi d’ansia, depressione e comportamenti aggressivi. In condizioni di elevato stress emotivo quale è stato il periodo di lockdown, gli psicologi hanno messo in guardia su un possibile aumento di disturbi psichici a livello nazionale. Sebbene eventuali trattamenti farmacologici prescritti dal medico potranno essere rilevati a lungo termine nel corso dell’anno, in questa fase sono stati verificati i consumi per alcune tipologie di farmaci attivi sul sistema nervoso”.
 
Per gli antipsicotici si nota un incremento dei consumi soprattutto nel mese di marzo 2020. “Le indicazioni all’uso di questi farmaci – spiega Aifa - comprendono una gamma molto ampia di condizioni, incluso il trattamento di disturbi in presenza di sintomi psicotici, come nella depressione. Solo una valutazione a lungo termine e un’analisi per singole sottocategorie potrà fornire eventuali ulteriori informazioni”.
 
Per gli antidepressivi, dopo un relativo aumento nel mese di marzo, si registra complessivamente una riduzione dei consumi non significativa. Anche per questa categoria l’Agenzia rimarca come “risulterà utile una valutazione a lungo termine, considerato l’utilizzo anche nei disturbi d’ansia e delle sindromi ansioso-depressive”.
 
Fornitura di farmaci nei primi 5 mesi del 2020 nel canale degli acquisti privati in farmacia
Le categorie elencate ricomprendono farmaci di classe C e il principio attivo idrossiclorochina che, pur essendo un farmaco in classe A, potrebbe essere erogato direttamente al paziente a proprio carico
 
Le categorie o i principi attivi per cui le farmacie pubbliche o private si sono approvvigionate maggiormente in modo significativo, in vista di erogazioni dirette ai pazienti, sono state: idrossiclorochina, farmaci a base di acido ascorbico (vitamina C), ansiolitici per uso non parenterale e prodotti a base di vitamina D e analoghi, quest’ultimo tuttavia non significativo. Di contro le categorie e principi attivi per i quali le farmacie si sono approvvigionate meno sono: antiinfiammatori non steroidei e antipiretici.
 
Particolare il dato relativo agli inibitori della fosfodiesterasi (es. sildenafil, tadalafil, ecc.) dove si nota una marcata riduzione negli acquisti in corrispondenza del lockdown.
 
“Tale contrazione – rimarca Aifa - è confermata anche nel mese di aprile ed è complessivamente una riduzione significativa se si confronta il periodo pre- COVID con il periodo post. Considerata l'indicazione principale delle molecole afferenti a questa categoria, ovvero la disfunzione erettile, tale riduzione potrebbe essere ricondotta ad una modifica nei comportamenti abituali con conseguente riduzione nel ricorso a questi farmaci in corrispondenza della quarantena”.
 
L.F.

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