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Mercoledì 02 SETTEMBRE 2020
Fibrillazione atriale dopo chirurgia non cardiaca e rischio di ictus

La fibrillazione atriale può comparire anche dopo un intervento di chirurgia non cardiaca. Ad oggi, la comparsa di questo disturbo è stata correlata allo stress postoperatorio Uno studio condotto negli Stati Uniti ha evidenziato come la fibrillazione atriale aumenti, nell’arco di cinque anni, il rischio di attacco ischemico transitorio e di ictus.

(Reuters Health) – Secondo uno studio di coorte retrospettivo condotto negli USA, i pazienti che sviluppano fibrillazione atriale (FA) dopo un intervento di chirurgia non cardiaca presentano un rischio significativamente aumentato di attacco ischemico transitorio (TIA) o ictus nei successivi cinque anni.
Si ritiene che la FA che compare in seguito a un intervento di chirurgia non cardiaca sia innescata da stress postoperatorio e infiammazione sistemica, insieme a comorbilità predisponenti. Ciò che non è chiaro è la frequenza con cui l’aritmia possa costituire un evento postoperatorio isolato o un disturbo duraturo.
 
Per fare luce sull’argomento, Alanna Chamberlain e colleghi della Mayo Clinic di Rochester, Minnesota, hanno esaminato 452 pazienti con fibrillazione atriale insorta entro 30 giorni da un intervento di chirurgia non cardiaca, eseguito tra il 2000 e il 2013. I soggetti sono stati appaiati 1:1 in base a età, sesso, anno dell’intervento e tipo di intervento con pazienti che avevano subito un intervento di chirurgia non cardiaca ma non avevano sviluppato fibrillazione atriale postoperatoria. In entrambi i gruppi, l’età media era 75 anni e il 52% era di sesso maschile.
 
I risultati
I pazienti con fibrillazione atriale postoperatoria presentavano punteggi CHA2DS2-VASc significativamente più elevati rispetto a quelli del gruppo di controllo (mediana, 4 vs 3).
 
Nel corso di un follow-up mediano di 5,4 anni, si sono verificati 71 ictus ischemici/TIA, 266 successivi episodi documentati di fibrillazione atraile (definita come FA>30 giorni dall’intervento) e 571 decessi (172 legati a cause cardiache).
 
Dopo aver considerato età e Charlson Comorbidity Index (Indice di comorbilità di Charlson), i pazienti con fibrillazione atriale postoperatoria presentavano più del doppio del rischio di ictus o TIA durante il follow-up (hazard ratio, 2,69; intervallo di confidenza al 95%, da 1,35 a 5,37). La differenza nel rischio assoluto a cinque anni era pari al 4,7%.
 
I pazienti con fibrillazione atriale postoperatoria avevano anche un maggior rischio statisticamente significativo di fibrillazione atriale documentata più di 30 giorni dopo l’intervento (HR, 7,94; IC 95%, da 4,85 a 12,98) e di decesso per tutte le cause (HR 1,66; IC 95%, da 1,32 a 2,09). Le differenze nel rischio assoluto a cinque anni erano rispettivamente pari al 39,3% e al 9,4%. Non vi era alcuna differenza significativa nel rischio di decesso cardiovascolare tra i gruppi.
 
Nel loro articolo su JAMA i ricercatori affermano che tali risultati “potrebbero avere implicazioni sul monitoraggio del ritmo e sul trattamento e indicano che, per molti pazienti; la fibrillazione atriale dopo chirurgia non cardiaca non è un’aritmia transitoria correlata allo stress postoperatorio. Piuttosto, lo stato postoperatorio potrebbe essere considerato uno ‘stress test’ per la manifestazione della fibrillazione atriale”.
 
Fonte: JAMA

Megan Brooks

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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