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Lunedì 14 SETTEMBRE 2020
Speranza: “Saremo fuori dal virus in sei mesi. Dopo l’autunno e l’inverno vedremo la luce”

Così il ministro della Salute ieri in un’intervista a Repubblica dove fa il punto della situazione ritrovando anche l’ottimismo per le sorti del vaccino AstraZenca dopo che l’azienda ha annunciato la ripresa delle sperimentazioni in tempo record visto il recente caso di sospetta reazione avvera poi rivelatosi non correlata al vaccino. E poi le buone prospettive anche per la cura con anticorpi monoclonali.

Il ministro della Salute Roberto Speranza si presenta in una inedita versione ottimistica sulle prospettive della pandemia e in prima pagina sulla Repubblica di ieri fa il suo pronostico “saremo fuori dal virus in sei mesi”, sottolineando che: “Dobbiamo ancora mantenere il distanziamento, portare le mascherine, lavarci le mani, ma non è per sempre: dopo l'autunno e l'inverno vedremo la luce”.
 
Nella lunga intervista con Annalisa Cuzzocrea, Speranza indica due fattori alla base di questa previsione: il vaccino di AstraZeneca che, dopo la sospensione della sperimentazione, ha annunciato sabato la ripresa dei trials una volta verificato in tempi record che quel caso di sospetta reazione avversa non era collegato al vaccino, e una nuova cura che sembra promettente.
 
“A Siena – racconta infatti il ministro - il professor Rino Rappuoli sta facendo un lavoro straordinario sugli anticorpi monoclonali da cui verranno fuori farmaci efficaci”.
 
Ma poi Speranza entra nell’attualità di questi giorni, di queste ore con il countdown ormai concluso (anche se non ovunque) per la riapertura delle scuole fissata appunto per oggi lunedì 14 settembre: “Abbiamo lavorato con Regioni, Province e Comuni a partire dal documento sulla gestione dei casi Covid, approvato all'unanimità. Abbiamo fatto più che negli altri Paesi europei. Nessuno pensa che la situazione sia perfetta, non abbiamo la bacchetta magica e i problemi della scuola italiana non nascono col Covid. Ma ci sono risorse senza precedenti, stiamo provando a investire sul personale scolastico e sulle attrezzature, forniremo 11 milioni di mascherine al giorno a tutti gratuitamente”.
 
E alla giornalista che gli chiede il perché della scelta di misurare la temperatura a casa e non a scuola risponde: “Come ha spiegato il Comitato tecnico scientifico, la febbre va misurata a casa perché il tragitto fino a scuola è già occasione di incontri. Pensi solo ai mezzi pubblici. E per evitare assembramenti fuori dagli istituti scolastici”.
 
Chiarezza anche sulla certificazione medica in caso di Covid che, spiega il ministro, prevederà “un'attestazione da parte dei medici e dei pediatri. In caso di sospetto Covid la famiglia chiamerà il medico che valuterà di cosa si tratta”.
 
E poi spazio anche all’ormai annosa questione del Mes: “I soldi servono e ne servono tanti perché abbiamo un'occasione unica: fare una riforma che non sia fatta di tagli, ma che miri a riportare la sanità dove non c'è. La chiusura di ospedali e presidi nelle aree interne ha contribuito al distacco tra centro e periferia, tra città e contado. Io sono favorevole al Mes, ma non mi interessa da dove arrivino i soldi, non ne guardo il colore: che vengano dal Mes, dal Recovery Fund, dal bilancio dello Stato, ma che arrivino”.
 
Ma per fare che? Per Speranza la parola magica è “prossimità” che spiega così: “La parola chiave è prossimità: il primo luogo di cura deve essere la casa. Abbiamo una delle popolazioni più anziane del mondo, aumentano le cronicità che non vanno curate negli ospedali. Il Ssn deve arrivare nelle case con medici, infermieri, ma anche con la sanità digitale sul telefonino dei pazienti. Bisogna mettere le radici più in basso possibile sul territorio”.

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