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Venerdì 16 OTTOBRE 2020
Terapie intensive. Altems: “Mancano gli anestesisti”

Se già l’incremento delle nuove terapie intensive procede a rilento va ancora peggio per quanto riguarda il reclutamento degli anestesisti. Prima dell’emergenza per ogni posto letto c’erano 2,5 unità di personale. Con l’incremento dei posti il rapporto è sceso a 1,6. IL REPORT

“Prima dell’emergenza sanitaria il rapporto in Italia tra anestesisti e rianimatori e posti letto di TI era di 2,5. In altre parole per ogni posto letto c’erano 2,5 unità di personale. Se consideriamo la risposta strutturale delle regioni, ovvero l’acquisizione di personale tramite bandi per posizioni a tempo indeterminato e determinato, e l’incremento di posti letto previsto dal DL 34 il rapporto scende a 1.6 (-0.9), con rimarcate differenze regionali”. È quanto evidenzia l’ultimo report Altems.
 
“Il valore più basso – si legge - dell’indicatore in questione misurato post DL 34 ed implementazione di personale si registra per Calabria e Marche: 1,4 anestesisti per posto letto di terapia intensiva. Al contrario la regione che mantiene il rapporto più alto è il Friuli Venezia Giulia con 2 unità per posto letto. Se consideriamo la riduzione del suddetto rapporto, la regione che registra la riduzione più alta è la Valle d’Aosta (- 1.7), passando da 3,5 anestesisti e rianimatori per posto letto prima dell’emergenza a 1,8. Al contrario, Veneto e Molise registrano il decremento minore passando rispettivamente da 1.9 a 1.6 e da 2.0 a 1.7”.
 
Riguardo alle assunzioni Altems rimarca poi come “le regioni non in piano di rientro hanno dedicato il 48% dei nuovi posti a specializzazioni mediche legate all’emergenza COVID-19 (Anestesia e rianimazione; malattie apparato respiratorio; malattie infettive; medicina d'urgenza; medicina interna; microbiologia e virologia; sanita pubblica) ed il restante 52% ad altre specialità. Al contrario, le Regioni in piano di rientro hanno sfruttato l’occasione per rinforzare il personale non legato direttamente all’emergenza COVID-19, ridotto dal blocco del turn over, in maniera maggiore rispetto (56%) rispetto a quello legato all’emergenza COVID-19”.

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