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Giovedì 05 NOVEMBRE 2020
Covid. Per Gimbe poca trasparenza nei dati per il calcolo delle zone rosse, arancioni e gialle: “Se non si rendono pubblici i criteri per determinare il livello di rischio, inevitabile che scelte diventino oggetto di negoziato politico”

“L’introduzione di misure proporzionate a differenti livelli di rischio regionale – sottolinea Cartabellotta – è totalmente condivisibile, anzi, ove necessario, bisognerebbe agire con misure più restrittive a livello di Provincia o Comune. Ma è indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra Governo e Regioni che aggiungono ulteriori ritardi alla “non strategia” dei DPCM settimanali”.

Il puntuale monitoraggio settimanale della Fondazione GIMBE conferma nei sette giorni 28 ottobre-3 novembre l’incremento esponenziale nel trend dei nuovi casi (195.051 vs 130.329), in parte per l’aumento dei casi testati (817.717 vs 722.570), ma soprattutto per l’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati (23,9% vs 18%).
 
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati

 
Crescono del 63,9% i casi attualmente positivi (418.142 vs 255.090) e, sul fronte degli ospedali, si rileva un ulteriore aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (21.114 vs 13.955) e in terapia intensiva (2.225 vs 1.411). Incrementano del 72% i decessi (1.712 vs 995).
 
Figura 2. Trend settimanale di casi attualmente positivi, pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e deceduti

 
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
• Decessi: 1.712 (+72,1%)
• Terapia intensiva: +814 (+57,7%)
• Ricoverati con sintomi: +7.159 (+51,3%)
• Nuovi casi: 195.051 (+49,7%)
• Casi attualmente positivi: +163.052 (+63,9%)
• Casi testati +95.147 (+13,2%)
• Tamponi totali: +163.945 (+14%)
 
“Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma l’incremento di oltre il 60% dei casi attualmente positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, portando gli ospedali verso la saturazione. Questo impatta anche sul numero di decessi, che nell’ultima settimana ha superato quota 1.700 con un trend che, con una settimana di ritardo, ricalca di fatto le altre curve. L’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati, prossimo al 24%, certifica definitivamente il crollo dell’argine territoriale del testing & tracing”.
 
La situazione nazionale, rileva il report, rimane molto eterogenea con notevoli variabilità regionali. In generale, rispetto alla settimana precedente gli indicatori peggiorano in tutte le Regioni, ad eccezione dell’incremento percentuale dei casi che in alcune Regioni fa registrare lievissimi rallentamenti.
 

 
Ma GIMBE solleva il problema dei dati. “Solo per il report giornaliero dei casi di COVID-19 – sottolinea Cartabellotta – i dati sono disponibili in formato open. Al contrario, per il sistema di sorveglianza nazionale integrata disponiamo solo dei report settimanali dell’Istituto Superiore di Sanità con dati in forma aggregata. Mai resi pubblici neppure i report sugli indicatori di monitoraggio della fase 2 della Cabina di Regia, utilizzati per guidare le misure restrittive”.
 
Per questo, secondo GIMBE, occorre:

• Includere nel report giornaliero dei casi di COVID-19 del Ministero della Salute il numero di contagi per Comune, oltre che i dettagli per Province e Comuni dei numeri relativi a isolamento domiciliare, ospedalizzati con sintomi, terapie intensive, guariti, deceduti, tamponi, casi testati.
 
• Rendere accessibile il database nazionale di sorveglianza integrata dell’Istituto Superiore di Sanità in formato open data.
 
• Rendere pubblici tutti i report dei 21 indicatori stabiliti dal D.M. 30 aprile 2020 utilizzati per il monitoraggio della fase 2, rendendo altresì accessibile il database in formato open data.
 
• Rendere espliciti e riproducibili i criteri per l’attribuzione del livello di rischio stabiliti dagli artt. 2 e 3 del DPCM 3 novembre 2020.
 
Per GIMBE è particolarmente rilevante quest’ultimo punto che determina per le Regioni l’assegnazione dei tre colori, corrispondenti a livelli differenziati di misure restrittive. Il DPCM affida la decisione al Ministro della Salute sulla base del documento “Prevenzione e risposta a COVID-19”, dei dati elaborati dalla Cabina di Regia di cui al DM aprile 2020 e sentito il Comitato tecnico scientifico.
 
Tuttavia al momento, precisa Cartabellotta, “parametri e indicatori su cui si basa l’assegnazione dei colori non sono sufficientemente chiari e oggettivi da escludere valutazioni discrezionali, rischiando che il meccanismo delle chiusure e riaperture, lungi dall’essere automatizzato, richieda sempre e comunque un passaggio politico con le Regioni, come peraltro previsto dallo stesso DPCM che stabilisce che le ordinanze del Ministro della Salute siano emanate d’intesa con il presidente della Regione interessata”.
 
“L’introduzione di misure proporzionate a differenti livelli di rischio regionale – conclude Cartabellotta – è totalmente condivisibile, anzi, ove necessario, bisognerebbe agire con misure più restrittive a livello di Provincia o Comune. Ma è indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra Governo e Regioni che aggiungono ulteriori ritardi alla “non strategia” dei DPCM settimanali, concedendo un vantaggio sempre maggiore al virus. In ogni caso, manca una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e Regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari e informare la popolazione, al momento chiamata a sottostare passivamente a nuove restrizioni settimanali che rendono incerta la quotidianità e alimentano preoccupazioni sul futuro”.

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