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Venerdì 06 NOVEMBRE 2020
Cancro. Più tutele per la conservazione del posto di lavoro dei malati. Le associazioni dei pazienti scendono in campo

Il progetto “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” coordinato da Salute Donna Onlus con 33 Associazioni chiede più diritti in ambito lavorativo e parità di trattamento tra lavoratori/pazienti oncologici pubblici e privati. Ccnl inadeguati ai progressi della scienza medica. Cinque i Disegni di legge presentati alla Camera Gruppi parlamentari afferenti all’Intergruppo Parlamentare “Insieme per un impegno contro il cancro”

Nel 2019 le persone viventi da oltre 5 anni dopo una diagnosi di tumore erano 2,3 milioni, i due terzi del totale dei pazienti oncologici. Le persone viventi da oltre 10 anni dopo una diagnosi di tumore, pazienti che si possono considerare guariti, erano 1,4 milioni pari al 39% del totale. A snocciolare i dati è il Comparator Report on Cancer in Europe 2019 commissionato dalla European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations.
 
La maggior parte di questi pazienti ha incontrato lungo il percorso di cura tantissimi ostacoli per combattere la malattia ma anche per conservare il proprio posto di lavoro e la propria dignità professionale. I più fortunati sono ricorsi all’aspettativa non retribuita, molti hanno lottato per non essere licenziati, altri sono stati licenziati subito dopo aver raggiunto il 180° giorno di assenza dal lavoro, seppur determinata da patologia gravissima come un tumore.
 
“La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, iniziativa di advocacy per una migliore presa in carico e cura dei pazienti oncologici e onco-ematologici, coordinata da Salute Donna Onlus e sostenuto da ben 33 Associazioni pazienti trasversali all’universo cancro, dopo una serie di interlocuzioni con i componenti dell’Intergruppo parlamentare “Insieme per un impegno contro il cancro”, che lavora fianco a fianco con le Associazioni pazienti, scende in campo ancora una volta in difesa delle persone affette da tumore per chiedere con forza una maggiore tutela dei diritti del lavoratore malato per la conservazione del posto di lavoro e parità di trattamento tra lavoratori/pazienti oncologici del settore pubblico e privato. Dagli incontri interlocutori e dai dibattiti con l’Intergruppo parlamentare sono scaturiti ben 5 Disegni di legge di altrettanti Gruppi parlamentari.

“Occuparsi delle tutele e dei diritti dei lavoratori/pazienti oncologici è un’esigenza imprescindibile, soprattutto in questo difficile periodo dove il lavoro è a rischio per tutti, specie per le persone più vulnerabili – dichiara Annamaria Mancuso, Coordinatrice del gruppo ‘La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere’ e Presidente Salute Donna Onlus – È veramente incredibile come, in questa epoca di progressi scientifici e tecnologici, i diritti del lavoratore, soprattutto quello più fragile perché malato, abbiano fatto passi indietro e le tutele del lavoratore/paziente siano gravate da una condizione giuslavoristica che è a dir poco arretrata. È una situazione molto grave specie se consideriamo il numero elevatissimo di malati cronici che, nonostante la malattia, continuano a lavorare e sarebbe un vero disastro sociale ed economico se perdessero il lavoro. La penalizzazione è fortissima, i contratti collettivi nazionali andrebbero rivisti alla luce del tipo di patologia e del grado di severità. Deve essere il legislatore a mettere mano all’inadeguatezza della contrattazione collettiva per i malati di tumore, ma dovrebbe farlo non usando la scure ma affidando ai medici il compito di orientare la materia rispetto alle esigenze di questi pazienti. Penso che bisognerebbe dare ai malati oncologici e oncoematologici la tranquillità di potersi curare e la dignità di persone/lavoratori/pazienti”.
 
A dir poco arretrata e anacronistica la disciplina che tutela il diritto del lavoratore di conservare il posto di lavoro anche in caso di malattia prolungata, il cosiddetto “periodo di comporto” che risale al 1924 e dispone che in caso di malattia o infortunio il lavoratore pubblico conservi il proprio posto di lavoro per un periodo di 18 mesi retribuiti nel triennio e di altri 18 mesi non retribuiti, mentre il lavoratore privato ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro per un periodo di 3 mesi con un’anzianità di servizio non superiore a 10 anni e per un periodo di 6 mesi se ha un’anzianità di servizio superiore ai 10 anni. L’articolo 2110 del Codice Civile e i Ccnl sono i due capisaldi della disciplina di tutela del lavoro in materia di salute.

“Per quanto riguarda il periodo di comporto e le garanzie di conservazione del posto noi ci stiamo ancora muovendo in una logica che è piuttosto tradizionale – spiega Stefano Bellomo, Professore ordinario di Diritto del Lavoro Sapienza Università di Roma e Avvocato Giuslavorista – vale a dire, applicando ai lavoratori affetti da patologie oncologiche o da patologie di gravità equivalente, con adattamenti più o meno incisivi, gli istituti previsti per la generalità dei lavoratori subordinati. L’autonomia collettiva peraltro è intervenuta con maggiore incisività in alcune aree, soprattutto quella del lavoro pubblico, per offrire un ampliamento di protezione ai lavoratori che versano in queste condizioni che presentano precise peculiarità rispetto all’idea convenzionale della malattia, ossia della patologia temporanea che determina una inabilità dal lavoro di breve o medio periodo ma che poi si risolve senza portare altri effetti incidenti sulla situazione di salute e su una serie anche di altri risvolti esistenziali del lavoratore, psicologici e di altra natura, come possono essere i condizionamenti determinati dalla malattia oncologica. Quindi, la tematica è stata gestita essenzialmente attraverso l’adattamento dell’istituto del comporto”.
 
Va certamente accresciuto il livello di consapevolezza e il grado di adattamento della disciplina delle assenze e dei permessi in relazione alle esigenze terapeutiche, prosegue Bellomo “perché il comporto riguarda a stretto rigore la specifica condizione di malattia e non i trattamenti, le visite e gli accertamenti ai quali il lavoratore oncologico, anche nei periodi nei quali risulta astrattamente idoneo allo svolgimento dell’attività lavorativa, deve essere sottoposto. Così come non può dirsi che il raccordo con aggregati normativi concepiti per una platea non perfettamente collimante, quale quella dei soggetti a cui è applicabile la legge n. 104 del 1992, sia del tutto agevole ed efficiente. Non vi è dubbio, quindi, che da questo punto di vista emerga una rilevante esigenza di adattamento della normativa esistente”.

La legge prevede che al 180° giorno di assenza dal lavoro il lavoratore dipendente di un’azienda privata perde il diritto all’indennità, erogata dall’Inps, anche se non segue automaticamente il licenziamento che resta tuttavia facoltà del datore di lavoro. Inoltre, per i permessi sono fissate 18 ore annuali di assenza retribuita per l’effettuazione di visite, esami strumentali e controlli sanitari nel periodo di osservazione (follow up) dopo la fase acuta della malattia oncologica; monte ore che però risulta il più delle volte inadeguato alle esigenze dei pazienti e che dovrebbe essere rivisto.
 
“L’Inps si è da sempre impegnato nel progetto di rendere più agevole l’accesso alle prestazioni richieste dai cittadini, utilizzando e spingendo molto sulla telematizzazione delle domande – sottolinea Marina Puligheddu, Dirigente Medico Legale Inps Area Prestazioni a Sostegno del Reddito – Come noto la legge 80/2006 prevede un percorso agevolato al cittadino affetto da patologia oncologica. Infatti, le Commissioni Inps al momento della visita e qualora si sia conclusa l’istruttoria, possono subito consegnare al cittadino la copia del verbale di riconoscimento della Legge 104/92 per l’immediato utilizzo dei relativi benefici. Vorrei ricordare l’importante introduzione del ‘certificato oncologico’ elaborato dal CGML (nel 2013) quale strumento telematico per accedere in modo più rapido alle prestazioni di invalidità civile e Legge 104. Ricordo che la patologia oncologica rappresenta, in ambito assistenziale e previdenziale, la maggiore causa di riconoscimento delle prestazioni richieste, ponendosi al primo posto tra le patologie. In conclusione, si può dire che i pazienti oncologici, che vivono una indubbia condizione di disagio, con le innovazioni gestionali realizzate dall’Inps potranno beneficiare dell’immediata attivazione dell’iter per l’accertamento dell’invalidità civile e poter così usufruire subito dei benefici riconosciuti”.
 
L’ordinamento giuridico italiano non prevede una specifica regolamentazione per i malati oncologici e rinvia alla contrattazione collettiva. Sussistono quindi regole disomogenee e profondamente diverse che determinano una disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati. Le proposte di legge, depositate alla Camera, seppur con diverse modalità sono tutte orientate ad un rafforzamento dei diritti dei lavoratori affetti da malattia oncologica. Riconoscere ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato un congruo periodo di comporto ed equità di trattamento tra tutti i lavoratori pubblici e privati; prevedere che i lavoratori dipendenti conservino il posto di lavoro per un periodo retribuito non inferiore a 24 mesi nel triennio; escludere dal periodo di comporto i giorni di ricovero ospedaliero o in day hospital per cure e trattamenti; aumentare le ore per i permessi in base alle necessità dei pazienti. Sono queste alcune delle richieste presentate nei Disegni di legge. Tutte hanno come obiettivo il rafforzamento del diritto al lavoro in caso di malattia oncologica.

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