quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 12 GENNAIO 2021
Covid. E se i vaccini non bastassero per tutti? Le ipotesi: Stato “socio” delle aziende per aumentare la produzione, licenza obbligatoria o sospensione brevetto

E sì, perché il problema è che - parlando solo del caso Italia ma la problematica è globale - a fronte degli oltre 100 milioni di dosi necessari per immunizzare i 51 milioni di italiani over 16, Pfizer-BioNTech, Moderna e da febbraio (speriamo) AstraZeneca, le uniche oggi in pista per la produzione del vaccino, potrebbero non farcela a garantirci le dosi indispensabili per vaccinare tutti gli italiani entro l’autunno, come promesso dal Commissario Arcuri

Gli italiani sopra i 16 anni sono circa 51 milioni. E’ questo il target finale della campagna di vaccinazione anti Covid che, se raggiunto, comporterebbe una copertura vaccinale pari all’85% della popolazione italiana.
 
Anche se non tutti si vaccinassero (gli ultimi sondaggi indicano un 25% degli italiani contrari o scettici verso la vaccinazione, vedi Swg, 8 gennaio, per il tg de La 7) le persone da vaccinare sarebbero comunque tantissime e in ogni caso i calcoli sul fabbisogno di vaccini vanno fatti sul target ottimale, il che vuol dire, considerando le due dosi necessarie, che l’Italia, per poter vaccinare tutti, dovrebbe avere a disposizione più di 100 milioni di dosi.
 
E, se vogliamo che l’incubo finisca presto, dovremmo averle al più presto, altrimenti i tempi per arrivare alla tanto agognata immunità di gregge (che per il Covid si stima si ottenga quando il 60/70% della popolazione ha sviluppato anticorpi) diverrebbero molto più lunghi di quelli promessi dal Commissario Arcuri che, ancora domenica scorsa, diceva a Lucia Annunziata su Rai 3 che “tutti gli italiani che lo vorranno saranno vaccinati entro il prossimo autunno”.
 
Tradotto in numeri, sempre immaginando che alla fine saranno tutti gli italiani, tranne pochi no-vax estremi, a volersi vaccinare, e quindi quei famosi 51 milioni over 16 anni, vorrebbe dire una media giornaliera di quasi 180mila vaccinazioni ad iniziare da oggi (12 gennaio) fino alla fine dell’autunno (22 ottobre).
 
Un numero, non dimentichiamolo, da raddoppiare, considerando che il vaccino per essere efficace ha bisogno di due dosi.
 
Per capire quanto siamo lontani da questi valori basta considerare che ad oggi, e siamo tra i più solerti nel Mondo, siamo riusciti a vaccinare poco meno di 720 mila persone con la prima dose e questo partendo il 31 dicembre. Il che vuol dire una media giornaliera di 55mila vaccinazioni, quindi meno di un terzo di quelle ottimali per vaccinare con una sola dose il target della popolazione generale.
 
Di fronte a ragionamenti simili, il Commissario Arcuri ha detto recentemente che il problema non è arrivare a vaccinare anche centinaia di migliaia di persone al giorno, il problema è avere i vaccini per farlo.
 
Ed ha ragione, perché siamo anche noi convinti che dal punto di vista organizzativo, soprattutto quando scenderanno in campo medici di famiglia e farmacie e con la piena attivazione di quei grandi punti vaccinali di piazza e comunità previsti dal Piano vaccini, la potenza di fuoco per vaccinare tutti ce l’avremo, ma resta la grossa incognita della disponibilità del vaccino.
 
Quella non si può inventare o c’è o non c’è. E oggi, al di là delle opzioni di acquisto che, apparentemente, ci metterebbero al sicuro grazie ai 202 milioni di dosi opzionate al primo trimestre 2022, resta il fatto che avere gli oltre 100 milioni di dosi necessari per immunizzare i 51 milioni di italiani over 16 sembra un obiettivo molto lontano dal concretizzarsi in tempi brevi.
 
Basti pensare che dei 28,2 milioni di dosi attesi entro gennaio 2021, se va bene, ne potrebbero arrivare solo 10, ovvero quelli relativi agli unici due vaccini già approvati (Pfizer.BioNTech e Moderna) perché gli altri 18 milioni di dosi erano programmati dovessero arrivare da altre aziende che, al momento, non hanno però ancora ottenuto l’autorizzazione al commercio.
 
E tra queste forniture mancanti, ben 16,1 milioni di dosi erano quelle riferite al vaccino AstraZeneca che sappiamo dovrebbe ottenere il via libera Ema solo a fine gennaio.
 
Quindi dal 1 febbraio, se tutto va bene, i vaccini a disposizione diventeranno tre (degli altri in tabella al momento non c’è alcuna certezza sui tempi di approvazione) e potranno garantire (se le produzioni delle tre aziende saranno in linea con le previsioni) circa 78milioni di dosi entro il terzo trimestre 2021.
 

 
Fonte: Piano Vaccini Covid 19 del Ministero della Salute
 
78 milioni di dosi sono un quantitativo imponente ma ancora insufficiente al target degli oltre 100 milioni di dosi necessari per vaccinare tutti gli italiani over 16 entro l’autunno, come auspica Arcuri.
 
All’appello (e, lo ripetiamo, sempre che Pfizer-BioNTech, Moderna e AstraZeneca ce la facciano a tenere il passo della crescente domanda mondiale) mancherebbero quindi oltre 20 milioni di dosi, al momento inesistenti perché non possiamo avere alcuna certezza sul destino degli altri vaccini ancora in fase di sperimentazione.
 
Che fare quindi? Una soluzione ci sarebbe ma necessiterebbe di una volontà politica globale così forte da pretendere l’applicazione delle clausole speciali previste, grazie alla dichiarazione di Doha del 2001, anche in caso di emergenze sanitarie e pandemie dagli articoli 31 e 31 bis dell’Accordo Trips (The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights, in italiano, “Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale”), sottoscritto dai membri dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO) che consentono di bypassare i brevetti e concedere licenze obbligatorie per la produzione di farmaci essenziali, come in qualche modo proposto da India e Sudafrica ad un recente meeting del WTO dove i due Paesi si sono spinti a chiedere la sospensione tout-court del brevetto per farmaci e vaccini anti-Covid.
 
Ma anche con la sola licenza obbligatoria si potrebbero comunque coinvolgere altre aziende e laboratori farmaceutici certificati per la produzione dei vaccini (garantendo comunque il giusto ricavo “compensativo” al titolare del brevetto) per garantire una massiccia produzione di vaccini almeno fino al termine dell’emergenza pandemica e/o della effettiva disponibilità sul mercato delle dosi necessarie all’immunizzazione di massa.
 
Un'altra ipotesi, meno tranchant, è quella già delineata dallo stesso Commissario Arcuri alla presentazione dei risultati della fase 1 del vaccino italiano Reithera quando ha annunciato il prossimo ingresso dello Stato italiano nel capitale dell'azienda farmaceutica romana per garantirne l'ampliamento della capacità produttiva, come del resto ha già fatto la Germania che sta lavorando al fianco della BioNTech per aprire un nuovo stabilimento di produzione a Marburg.
 
Due vie senz'altro diverse ma in ogni caso convergenti verso un unico obiettivo: aumentare la produzione, materie prime permettendo. In caso contrario, questo il rischio, è vedere le foglie d’autunno cadere senza aver raggiunto il nostro obiettivo. E il problema, si badi bene, non è certo solo italiano ma globale.
 
Cesare Fassari

© RIPRODUZIONE RISERVATA