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Lunedì 25 GENNAIO 2021
Cosa bisognerebbe fare per vaccinare tutti gli italiani



Gentile Direttore,
la campagna vaccinale in corso in Italia, come in altri paesi, ha due problematiche che, in larga parte, si interconnettono: la organizzazione di questa “impresa” sull’insieme della popolazione e la disponibilità dei vaccini, tema da lei recentemente sollevato (“E se i vaccini non bastassero per tutti?).
 
Partiamo dal primo problema, che ha attinenza più stretta con l’assetto sanitario del nostro paese e che si gioca sulla capacità organizzativa di somministrare il vaccino il più rapidamente possibile al numero più grande possibile della popolazione di età superiore ai 16 anni, equivalente a circa 50 milioni di abitanti.
 
Questa esigenza non è solo connessa al raggiungimento della immunità di gregge, ma anche alla – interdipendente – riduzione delle probabilità di mutazioni, abbassando la circolazione del virus. Secondo Giovanni Rezza, Direttore generale della prevenzione presso il Ministero della Salute, è necessario vaccinare almeno 42 milioni di abitanti entro la fine dell’estate per raggiungere l’immunità di gregge dando la precedenza – come previsto dal Piano strategico – in una prima fase agli operatori sanitari + operatori e degenti di RSA e, immediatamente dopo, alle fasce di popolazione più anziane e al personale della scuola.
 
Ciò significa somministrare complessivamente nell’arco di nove mesi almeno 84 milioni di dosi di vaccino, ovvero – anche per recuperare il ritardo iniziale – almeno due milioni di dosi la settimana (poco meno di 300mila dosi al giorno, rispetto alle 80mila dei giorni migliori di gennaio, e alle 20mila di quelli peggiori). 
 
In questa prima fase, rivolta al personale sanitario, la modalità di vaccinazione è più semplice essendo attuata in ambito ospedaliero o all’interno delle RSA; si tratta inoltre di una popolazione ampiamente collaborante e informata o a cui il vaccino, in RSA,  è stato offerto in forma proattiva nella propria sede; inoltre è disponibile l’elenco dei vaccinandi e quindi è noto il livello di copertura raggiunto.
 
Ben diversa sarà la situazione quando la vaccinazione si trasferirà sul territorio per la popolazione generale. Il Piano strategico del Governo a questo proposito rimane sulle generali, promettendo la predisposizione di piattaforme ad hoc per il monitoraggio dei processi, ma rimandando la definizione del modello organizzativo della campagna vaccinale alle singole Regioni.
 
Sugli aspetti logistici della vaccinazione territoriale è intervenuto il commissario Arcuri, indicando nel numero di 1.500 i punti di somministrazione dei vaccini (le “primule”), uno ogni 40 mila abitanti. Le proposte che giungono dalle Regioni sono diverse: si va da ipotesi di un forte coinvolgimento dei medici di famiglia in una gestione decentrata delle vaccinazioni a soluzioni centralizzate di prenotazione tramite apposite app o call center, e non manca chi pensa che l’ospedale possa giocare un ruolo anche nella fase territoriale.
 
Quale che sia la strategia scelta dalle singole Regioni risulta di fondamentale importanza che tutta la popolazione a rischio (la popolazione target, ovvero 42 milioni di individui) debba essere informata e motivata attraverso molteplici strumenti, il più possibile personalizzati e vicini alle persone (di qui l’importante ruolo dei medici di famiglia e degli operatori sanitari di distretto, adeguatamente preparati ad una attività di informazione).
 
In questa strategia non può mancare l’offerta attiva della vaccinazione con un contatto personale adeguato alle capacità di comprensione/connessione delle persone: dalla lettera postale all’email, dalla telefonata all’sms, con una dettagliata informazione sul vaccino e con l’indicazione di una data e di una sede di vaccinazione quanto più prossima alla residenza della persona. Con un occhio di riguardo ai gruppi di popolazione più fragili o emarginati, più difficili da raggiungere, con cui è più difficile comunicare.
 
Tutto ciò richiede un “sussulto organizzativo” nell’ambito della sanità territoriale, ciò che è mancato all’inizio della pandemia e che ha consentito che questa travolgesse il nostro sistema, sanitario e non.
 
Abbiamo poco tempo per costruire un’organizzazione territoriale che si concentri sulla vaccinazione anti-COVID-19 e che possa rappresentare anche un punto di partenza per una futura, nuova organizzazione dei servizi territoriali/distrettuali. Si tratta di affrontare un evento eccezionale con una modalità di risposta che non può essere “straordinaria”, nel senso di  temporanea e puramente accidentale, ma che deve diventare “ordinaria” poiché vaccinazioni “di massa” potranno e dovranno ripetersi nel corso dei prossimi anni, adattando, con ogni probabilità, il vaccino ad eventuali varianti.
 
Il territorio dovrà essere necessariamente delimitato per consentire una ragionevole gestione delle operazioni: il numero di abitanti di 40 mila (intorno alle “primule” o a presidi territoriali esistenti o recuperati ad hoc utilizzando anche i fondi del Next Generation EU)  può essere una buona soluzione; una dimensione simile a quella prevista dal decreto Balduzzi delle AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali – dei MMG) composte da circa 30 medici di famiglia.
 
Le Aree territoriali per la vaccinazione. Le liste della popolazione target
Il primo passo dovrebbe essere quello di costituire, prima che si esaurisca la fase della vaccinazione “operatori sanitari + Rsa”, la rete di 1.500 Aree territoriali per la vaccinazione (ATV) con un suo Responsabile e un comitato di coordinamento, che avrà il compito di garantire l’erogazione di circa 1.400 dosi la settimana, 200 al giorno, compresa la domenica. Condizione imprescindibile per garantire il raggiungimento dell’obiettivo è la costruzione della lista nominativa dei residenti/domiciliati/stranieri temporaneamente presenti (STP) che afferiscono a ogni singola ATV.
 
In base alla capacità organizzativa delle varie realtà regionali, le liste della popolazione target possono essere ricavate da diverse fonti:
1. Liste elettorali: tali elenchi sono stati aggiornati a gennaio e possono rapidamente, con decreto del Ministero degli Interni, essere sottoposti a nuovo aggiornamento. Hanno il vantaggio di avere un chiaro rifermento geografico: così gli iscritti a un determinato gruppo di seggi elettorali possono diventare automaticamente la lista della popolazione target di una singola ATV. Hanno il limite della non presenza della fascia di età 16 – 18 anni (recuperabile successivamente, dato che la loro vaccinazione sarà possibile solo in tarda estate – inizio autunno) e persone non aventi diritto, che vanno recuperate con incroci con l’elenco degli assistiti e con altre fonti informative.
 
2. Anagrafe comunale: si tratta di un elenco facilmente accessibile, ma non in tutti i Comuni, specie in zone più arretrate e in comuni di piccole dimensioni.
 
3. Elenco degli assistiti: anche in questo caso le liste non sono sempre aggiornate e complete.
 
Vi sono realtà in cui l’esperienza di utilizzo di tali fonti dati è attuata periodicamente, in particolare per l’effettuazione di campagne di screening; è pertanto possibile approfondire tali ipotesi con differenti approcci sia regionali che per periodo vaccinale, in relazione al target e alla tipologia di vaccino disponibile. L’elemento fondamentale, ripetiamo, è l’allestimento di un data-base della popolazione di un determinato territorio (la ATV), su cui porre gli obiettivi temporali di intervento e di copertura, valutare periodicamente (almeno settimanalmente) i risultati di copertura ottenuti, intervenire tempestivamente per recuperare ritardi.
 
A monte di tale organizzazione è necessaria la disponibilità di vaccini che ha visto l’inatteso, unilaterale e lesivo taglio delle consegne di vaccino da parte della Pfizer; questa situazione sembra ulteriormente aggravarsi negli ultimi giorni. Mentre la Pfizer ha effettuato una seconda riduzione nelle consegne, previste nel corso dell’ultima settimana, anche Astra Zeneca comunica che, rispetto alle dosi previste per marzo, vi sarà una riduzione del 60%.
 
Non è chiaro quanto sia rilevante la necessità di riorganizzare la filiera produttiva e quanto invece pesi una corsa globale all’accaparramento, tipica delle situazioni in cui  la domanda di un bene essenziale supera di gran lunga l’offerta. I segnali in tal senso sono tuttavia rilevanti, anche in relazione alla differenze di incassi che la Pfizer ottiene, per dose vaccinale: 19.350 $ in US, 14.50 $ dalla UE, 28.00 $ da Israele, 10.00 $ in Sud Africa e solo 6.75 $ dalla Unione Africana (Il Fatto Quotidiano, 22/1/2021).
 
Constatando che 39 milioni di dosi di vaccino sono andate quasi esclusivamente ai 49 stati più ricchi del mondo il Direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesusm, ha giustamente affermato che “Siamo di fronte a un catastrofico fallimento morale... Sui vaccini domina l’approccio “prima io” (me-first), che fa aumentare i prezzi e incoraggia l’accaparramento. Alla fine queste azioni non faranno altro che prolungare la pandemia, le restrizioni necessarie per contenerla e le sofferenze umane ed economiche".
 
Vi sono due strade che vanno, contestualmente, percorse. La prima, di carattere generale, è che lo Stato sia in grado di agire  in qualità di investitore di prima istanza (proprietario o azionista di maggioranza), ma anche plasmando i mercati e co-creandoli, (orientando in tal senso incentivi fiscali e cofinanziamenti) e catalizzando così nuovi tipi di crescita. In quest’ambito si tratterebbe pertanto di avere una presenza pubblica nell’industria farmaceutica, in particolare in settori strategici, quali vaccini e alcune linee di ricerca e produzione farmaceutica (ad esempio antibiotici).
 
L’altra iniziativa, urgente e specifica per questa situazione pandemica – ma applicabile anche in altri contesti – è quella di bypassare i brevetti e concedere licenze obbligatorie per la produzione di questi vaccini. Si tratta di applicare – per gravi motivi di sanità pubblica- l’articolo 31 dell’accordo internazionale sulla proprietà intellettuale – TRIPS (Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) sottoscritto dai membri dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO). Questa è la proposta sostenuta dalla petizione “Tutti hanno diritto alla protezione da COVID – 19. Nessun profitto sulla pandemia”.
 
La dimensione di questo evento, le tragedie vissute da tante persone, le enormi conseguenze economiche ci evidenziano che esistono limiti al profitto che, come scriveva il poeta latino Orazio “Sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum”. Esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esserci il giusto!
 
Marco Geddes da Filicaia
Gavino Maciocco

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