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Venerdì 29 GENNAIO 2021
Recovery Plan. Smi: “Istituire la specializzazione in medicina generale”. E boccia il progetto delle Case della Comunità

Il sindacato in audizione presso la Commissione Affari sociali della Camera sul Recovery Plan. Tra le proposte il passaggio a dipendenza sia della Continuità Assistenziale che della medicina dei servizi, potenziare la medicina scolastica. IL DOCUMENTO

“Quest’ultimo anno drammatico ci ha fatto capire quanto sia urgente riformare il nostro sistema sanitario; il nostro SSN è giunto alla prova del Covid manifestando elementi di relativa debolezza rispetto ai principali partner europei. Abbiamo registrato nel 2020 un numero elevato, elevatissimo di medici morti, se confrontato con quello degli altri paesi europei e questo vuol dire che nella rete organizzativa sanitaria qualcosa non ha funzionato e non sta funzionando . Di fronte alla pandemia il Paese si è trovato impreparato perché il piano nazionale dell'emergenza era  fermo da 10 anni, e negli ultimi 20 anni si è continuato a tagliare nella sanità”. È quanto ha affermato lo Smi in audizione presso la Commissione Affari sociali della Camera sul Recovery Plan.
 
In particolare il sindacato ha affrontato la proposta dell’istituzione delle Case della Comunità e presa in carico delle persone. “Questo modello organizzativo, che coinvolge la medicina generale, con tutti i suoi compiti ad oggi riconosciuti e tutta la rete territoriale dell’assistenza,  ha molte criticità  e troppe similitudini con le Case della Salute che già hanno visto risultati scadenti in termini di obiettivi di risultato, nei dati pubblicati da Agenas nel 2012”.
 
Le proposte dello Smi:
1. Risolvere l’imbuto formativo e trasformare il Corso di Medicina Generale in Specializzazione a livello universitario con interazione con la medicina territoriale a livello pratico.
 
2. Aumentare gli organici, aumentando le borse di studio come corso di specializzazione universitario assumendo quindi i medici di medicina generale  che non saranno solo formati ma specializzati e gli specialisti necessari a coprire i pensionamenti in area territoriale ed ospedaliera.
 
3. Impostare la rete territoriale anche tramite una nuova visione del ruolo del medico di medicina generale che possa rappresentare concretamente la figura del “medico del territorio”, in stretta correlazione con le altre figure del SSN globalmente inteso. E’ da questa rete operativa che nasce la offerta assistenziale orientata alla presa in carico del paziente cronico.
 
4. Modificare l’art. 8 della 502 /92 con apposito disposto legislativo, riaprendo l’ area della medicina dei servizi, valorizzando nuovamente le funzioni proprie della MEDICINA SCOLASTICA, attività da sempre propria della medicina del territorio, e tutte numerose attività istituzionali del SSN, da anni in carenza di personale e consentire  il passaggio a dipendenza sia della Continuità Assistenziale che della medicina dei servizi, già attività integrate nelle aziende sanitarie a quota oraria.
 
5. Applicare la legge Balduzzi con gli appositi finanziamenti alle UCCP, unità fisiche distrettuali (almeno uno per distretto), finalizzate all’applicazione dei PDTA all’interno di queste strutture distrettuali coagulando il personale territoriale frammentato delle ASL ed assumendo il personale medico, infermieristico e sanitario necessario per creare il secondo livello di assistenza territoriale a supporto della medicina generale spostando al loro interno gli investimenti in attrezzature già previsti così da decongestionare i Pronto Soccorso e le strutture ospedaliere che diverrebbero il terzo livello di intervento.
 
6. Realizzare la dipendenza atipica per le figure convenzionate tuttora prive di tali tutele, come invece previsto in altri paesi europei mantenendo le strutture territoriali già presenti e garantendo le tutele caratteristiche della dipendenza.
 
7. Il PNNR deve prevedere misure finalizzate al riconoscimento dell’infortunio sul lavoro per i medici di medicina generale a seguito di contagio da covid.
 
Il sindacato poi propone che “l’Inail deve ammettere che in questi mesi i medici di famiglia hanno subito veri e propri infortuni sul lavoro a causa del contagio trasmesso dai loro pazienti. Le loro famiglie, per questo, hanno diritto ad essere indennizzate in caso di morte dei propri congiunti. Il Piano deve quindi prevedere, inoltre, misure per la riattivazione della medicina scolastica in tutto il Paese”.
 
“Occorre – evidenzia lo Smi - ridare piena attuazione a quanto previsto all’articolo 14 della legge n.833 del 1978 che istituisce il servizio sanitario nazionale, prevedendo che le Aziende sanitarie locali provvedono, tra l’altro, all'igiene e alla medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado. Per contrastare il coronavirus ed avviare una seria politica di prevenzione sanitaria non serve fare ricorso a soluzioni stravaganti, come quella di richiamare in servizio medici in pensione. Occorrono, invece, diagnosi precoci e prevenzione sanitaria attiva per contrastare gli effetti nocivi della pandemia. I Servizi di Medicina Scolastica sono degli straordinari presidi sanitari perché direttamente operanti negli edifici scolastici e a stretto contatto con studenti,  genitori e insegnanti. E’ ora di attivarli subito”.

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