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Lunedì 15 FEBBRAIO 2021
Cimo-Fesmed contro istituzione del “Direttore assistenziale”, è “un nuovo poltronificio”

Ad annunciare l’istituzione di questo nuovo ruolo nelle direzioni aziendali, quale "espressione delle 22 professioni sanitarie”, era stato lo scorso settembre l’assessore Donini, intervenuto a Health Serie, il format ideato da Sics, Quotidiano Sanità e Popular Science. Per il sindacato si tratta di una “manovra politica” volta a “favorire l'autonomia e percorsi di carriera delle professioni sanitarie”, creando “15 nuove poltrone ad elevato costo senza alcun beneficio concreto” e di fatto, rischiando di “depotenziare le restanti figure manageriali”. E comunque “è in netto contrasto con le vigenti”.

“Un’iniziativa inaccettabile e autoritaria come la creazione di una nuova e costosa figura di Direttore Assistenziale nella sanità, che la regione Emilia-Romagna si appresta ad approvare in questi giorni, rappresenta l’ennesimo colpo di mano da ‘poltronificio clientelare’ degno di una vecchia politica che il Paese sperava di essersi lasciata alle spalle”. La Federazione dei medici Cimo-Fesmed non usa mezzi termini per esprimere la propria contrarietà alla nascita di questa figura all’interno della direzione strategica aziendale. Il Direttore assistenziale nasce allo scopo di essere “espressione delle 22 professioni sanitarie”, secondo quanto spiegato nei mesi scorsi l’assessore regionale alla Sanità Raffaele Donini, intervenuto a una delle puntate di Health Serie, il format ideato da Sics, Quotidiano Sanità e Popular Science. La proposta, fanno sapere dalla Regione, è al centro di un confronto con le rappresentanze sindacali di settore, ma non ancora presentata ufficialmente in Giunta né in Assemblea.

Un’iniziativa che la Cimo-Fesmed contesta anche perché arriva “mentre le strutture sanitarie sono in affanno per la gestione della pandemia e medici e sanitari continuano ad essere esposti al contagio in condizioni di stress fisico e psichico”. Per il sindacato la proposta di istituzione di questo nuovo ruolo manageriale, “che si aggiunge al Direttore dei servizi sociosanitari, unitamente al Direttore Generale, Sanitario ed Amministrativo”, è “inaccettabile, perché rappresenta la becera creazione di 15 nuove poltrone ad elevato costo senza alcun beneficio concreto e che, di fatto, tende a depotenziare le restanti figure manageriali e a creare conflitti tra le professioni sanitarie. Abbiamo di fronte una inutile nuova figura politica, nuove risorse sottratte all’assistenza, e la solita, vecchia politica clientelare attraverso cui si aumentano gli effetti vessatori del management sui medici attraverso abusi legislativi finalizzati ad imporre e non ottimizzare percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali da parte di chi non ha certamente un titolo professionale”, afferma in una nota il Presidente Cimo-Fesmed, Guido Quici.

Secondo la Federazione, “questa ennesima manovra politica, avvallata anche da alcune sigle Sindacali, tende a favorire l'autonomia e percorsi di carriera delle professioni sanitarie senza le necessarie competenze, mortificando quella dirigenza del SSN su cui, in ogni caso, ricadrebbero le responsabilità. Appropriatezza dei percorsi, politiche di governo dei costi e gestione ottimale delle risorse non posso essere in capo a chi non ha la gestione clinica del paziente e, in particolare, a chi non ha la reale responsabilità della diagnosi e della cura dei pazienti secondo la normativa vigente. Il tutto poi attraverso un’azione da regime autoritario da parte della regione Emilia-Romagna, perché attraverso la modifica all’art. 3, comma 5 della Legge regionale n. 29 del 23.12.2004 si intende ignorare del tutto il vigente D.lgs 502/92 che, tra l’altro, non prevede alcuna deroga, come puntualmente confermato anche da sentenze della Corte Costituzionale in materia di “tutela della salute”. 

“Come Federazione Cimo-Fesmed crediamo inoltre che tale tema non possa essere normato in ambito regionale perché in netto contrasto con le vigenti Leggi nazionali e presenteremo quanto prima ricorso straordinario al Capo dello Stato”, conclude Quici.

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