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Venerdì 26 FEBBRAIO 2021
Mancano i vaccini? La colpa non è dei brevetti



Gentile Direttore,
è nota la polemica di questi giorni che vorrebbe imputare all’esistenza di brevetti sui vaccini sviluppati da Pfizer-Biontech, Moderna e AstraZeneca le attuali difficoltà di approvvigionamento. Si sono persino avute mozioni parlamentari, a firma delle parlamentari Ianaro e Grillo del M5S, per impegnare il Governo ad adottare provvedimenti normativi per “sospendere”, tramite licenze obbligatorie od altri strumenti da definirsi, la protezione brevettuale sui vaccini anti-Covid-19.
 
Si tratta di iniziative semplicistiche, che distraggono l’attenzione dell’opinione pubblica e del decisore politico e amministrativo dalla reale natura del problema. Il collo di bottiglia che abbiamo di fronte è, infatti, industriale, tecnico e regolatorio, non certamente brevettuale.
 
I vaccini, al pari di molti dei nuovi farmaci attualmente in via di sviluppo per far fronte all’emergenza epidemica, sono prodotti altamente complessi da produrre, specie su vasta scala e con la necessità di assicurare gli adeguati livelli di sicurezza.
 
Approntare la necessaria capacità produttiva richiede tempo ed importanti investimenti. Non c’è alcuna evidenza di capacità produttiva inutilizzata a causa dell’esistenza dei brevetti, che semmai garantiscono i necessari incentivi per gli investimenti già effettuati in ricerca e sviluppo e, soprattutto, per quelli ancora da effettuare per incrementare esponenzialmente la capacità produttiva a livello nazionale, europeo e mondiale.
 
Basti notare come i brevetti non abbiano affatto impedito la cooperazione tra case farmaceutiche per ampliare la produzione europea di vaccini, come dimostrano i recenti accordi conclusi da Pfizer con Sanofi e Novartis e da Moderna con Lonza, in forza dei quali queste aziende riconvertiranno i propri siti produttivi alla produzione di vaccini, in uno sforzo comune volto ad incrementare la capacità produttiva, favorito, e certo non ostacolato, dalle imprese che tali vaccini hanno sviluppato.
 
Del resto, se in questo momento l’offerta fosse anche dieci, venti o trenta volte maggiore, tale produzione ulteriore sarebbe comunque tutta assorbita dalla immensa domanda attualmente non soddisfatta e consentirebbe al titolare della esclusiva brevettuale di monetizzare il proprio investimento anche sul prodotto che oggi non riesce a produrre (e quindi a vendere).  
 
Il problema, dunque, non è rappresentato dai brevetti, ma da altri elementi, in primis la attuale insufficiente capacità produttiva del nostro Paese, ove esistono pochi stabilimenti attualmente dedicati alla produzione di vaccini (e spesso privi di sufficiente capacità produttiva inutilizzata, come nel caso dello stabilimento Gsk di Rosia deputato alla produzione di vaccini contro la meningite).
 
Per incrementare la produzione in modo da far fronte all’emergenza di questo periodo, quindi, andrebbero riconvertiti altri impianti, con tutte le connesse criticità, anche regolatorie, che ciò comporta, non potendosi giustamente riconvertire un impianto in pochi giorni, dovendosi previamente verificare i molti aspetti riguardanti la tutela e la sicurezza a largo spettro del prodotto e di tutta la macchina che gli ruota intorno.
 
Tale cenno al profilo regolatorio mostra poi anche un’altra lacuna nel dibattito in corso. L’esclusiva brevettuale non è infatti l’unica esclusiva di cui godono le case farmaceutiche, essendovi anche l’esclusiva di mercato su tutte le informazioni del dossier presentato all’EMA.
 
Pertanto, anche se si dovessero imporre licenze obbligatorie, le aziende licenziatarie dovrebbero comunque ripetere tutti gli studi ed i test sul prodotto, con conseguente duplicazione dei relativi investimenti ed ulteriori considerevoli ritardi prima che si possa effettivamente avviare una produzione alternativa.
 
Vi è poi ovviamente anche l’aspetto organizzativo legato alla somministrazione dei vaccini che incide sull’attuale ritardo nella vaccinazione di massa: senza entrare nel merito del piano nazionale sui vaccini, la cui attuazione è rimessa alle singole Regioni, ciascuna delle quali ha emanato un proprio piano regionale con regole e tempi diversi, è sufficiente notare come delle 5,2 milioni di dosi ad oggi resesi disponibili, le somministrazioni effettuate risultano essere, dalle ultime notizie di stampa, circa 3,7 milioni, con 1,5 milioni di dosi non utilizzate.
 
In definitiva, le polemiche di questi giorni hanno il solo effetto di sviare l’attenzione dai veri problemi che abbiamo di fronte per riuscire a realizzare un’efficace e tempestiva campagna di vaccinazione.
 
Invece che sui brevetti, sarebbe meglio concentrarsi sull’agevolazione, sia da un punto di vista industriale che regolatorio, delle iniziative volte ad incrementare la capacità produttiva, favorendo ed incentivando le cooperazioni già avviate dall’industria e snellendo il più possibile le connesse procedure regolatorie. Parallelamente, occorre concentrarsi sull’efficientamento della macchina organizzativa deputata alla vaccinazione.
 
Fortunatamente, sembrano essere queste le direttrici su cui si sta attualmente muovendo il nuovo Governo.
 
Sia consentita, infine, una notazione di politica del diritto: lo sviluppo di questi vaccini è un risultato eccezionale, reso possibile proprio dal quadro brevettuale e regolatorio del mercato farmaceutico (che ha spinto decine di aziende nel mondo a cimentarsi con l’impresa, in molti casi senza successo).
 
Modificare ex post la situazione potrebbe avere nel lungo periodo conseguenze deleterie, disincentivando futuri investimenti. Senza evidenze del fatto che sono i brevetti la causa della attuale situazione di scarsità, ci si dovrebbe astenere dal mettere a rischio tale delicato equilibrio.
 
Avv. Vittorio Cerulli Irelli
Partner Studio legale Trevisan & Cuonzo
 
Gentile Avvocato,
le sue osservazioni non fanno una piega in termini di diritto farmaceutico. Ma non tengono conto del fatto che una emergenza sanitaria globale, con tutte le sue devastanti ricadute anche sul piano economico e sociale, come quella che sta imperversando ormai da più di un anno sull’intero globo terrestre, non si era mai verificata in tempi moderni.
 
Gli straordinari successi della ricerca, da lei opportunatamente richiamati (ma che, è bene ricordarlo, sono stati possibili anche grazie agli straordinari investimenti pubblici riversati sulle aziende farmaceutiche che hanno avuto inoltre la garanzia dell’acquisto di quantità immense di farmaci che non avevano ancora messo a punto), rischiano però di essere vanificati da una gestione della produzione e della distribuzione che fa acqua da tutte le parti.
 
Lei giustamente sostiene che anche senza liberare i brevetti si possono fare produzioni in franchising con accordi tra le singole aziende. Vero, penso però che ciò non debba essere lasciato alla sola buona volontà delle aziende ma debba, anzi sarebbe dovuto, essere materia di vincolo e impegni contrattuali fin dagli accordi di preacquisto siglati dalla presidente von der Leyen a nome di tutti gli stati della UE.
 
Non ci abbiamo pensato (come ha dovuto ammettere la stessa von der Leyen) e ora ne paghiamo le conseguenze.
 
Oggi la UE sembra finalmente svegliarsi e nella dichiarazione congiunta emersa al termine della prima giornata del Consiglio europeo di ieri viene scritto nero su bianco che le aziende devono rispettare produzione e tempi di consegna contrattuali.
 
Ma non basta. Nel 2021 con il livello di capacità innovativa e produttiva del comparto farmaceutico che abbiamo nel mondo occidentale e con la massa di denaro che siamo disposti a investire, non possiamo restare alla mercé di alcune grandi multinazionali e alla loro capacità/volontà di fare accordi per aumentare la produzione.
 
Se vogliamo far diventare realmente il vaccino anti Covid quel “bene comune” come sancito dall’Oms, dalla UE e pochi giorni fa in Parlamento dal nostro ministro della Salute, non possiamo stare a guardare, perché, cito Speranza, “dinanzi ad un'emergenza sanitaria di queste dimensioni non regge l'idea di una proprietà esclusiva dei brevetti”.
 
O le aziende rispondono con i tempi e le dinamiche necessarie a garantire le dosi che servono nei tempi prestabiliti (che, lo ricordo ancora, non ci siamo inventati ma sono stati sottoscritti in contratti che ora non vengono rispettati) oppure gli Stati hanno tutto il diritto di prendere in mano la situazione, brevetto o non brevetto.
 
Cesare Fassari

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