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Martedì 02 MARZO 2021
L’emorragia del 118 in Campania. Cerchiamo di capire il perché



Gentile Direttore,
da settimane tiene banco in Campania la notizia dell’emorragia di medici che, letteralmente, fuggono dal servizio 118. Fosse la fuga di un giorno non ci sarebbe da interrogarsi, ma quando “l’emorragia” prosegue, si ripete, è bene cercarne la causa. Una diagnosi attenta di questa misteriosa emorragia ci obbliga a tornare con la memoria agli Anni ‘90: quando a Napoli e in Campania non esisteva un sistema di emergenza paragonabile all’odierno 118.
 
In quegli anni a fronte di un’emergenza il primo ostacolo era quello di trovare un numero da contattare per sollecitare l’invio di un’ambulanza. Quando andava bene il mezzo partiva dalla zona Orientale di Napoli per arrivare, prima o poi, a destinazione. Il servizio era talmente inadeguato che non aveva senso neanche parlare di cattivo funzionamento. Semplicemente c’era da attendere e pregare.
 
Ricordare quale fosse il punto di partenza ci aiuta oggi comprendere le ragioni di questa emorragia. Grazie ad un accordo, basato su un’indennità di 5 euro e 16 centesimi, anche se allora erano 10mila lire, nacque finalmente il Servizio del 118. Napoli e la Campania avevano finalmente mezzi e uomini in strada, stazionamenti di ambulanze distribuite secondo un sistema topografico.
Addirittura una Centrale operativa capace di filtrare le telefonate assegnando un codice di priorità d’intervento.
 
Un sistema che da quel momento avrebbe anche consentito di selezionare le richieste inappropriate. Negli anni quel Servizio si è andato perfezionando, seguendo criteri di tempestività dell’intervento e i canoni dell’appropriatezza della terapia.
 
Nel tempo il Servizio di emergenza del 118 ha dato risposte sempre migliori, qualificando i percorsi e portando l’assistenza a standard degni di livelli europei. Il personale tutto ha creduto in questa scommessa, si è sacrificato all’inverosimile nel tentativo di rispondere alle molteplici richieste di aiuto. Tutto il team ha investito nella formazione, persino prestando la propria opera in ambiti non di propria competenza.
 
Perché mai personale così motivato e qualificato dovrebbe d’un tratto fuggire? La risposta è “a causa dell’abbandono”. Il grido di dolore degli operatori del 118 è quotidiano, perché sono loro la prima linea d’intervento. Basti guardare all’assistenza ai pazienti Covid presso il proprio domicilio. Gli operatori sono il primo bersaglio della rabbia, ed anche della violenza completamente gratuita, di persone che scaricano su di loro le frustrazioni di una disfunzione organizzativa. Le donne e gli uomini del 118 sono persino bersaglio di atteggiamenti camorristici o pseudo tali. E sono soli.
 
I processi di stabilizzazione del personale in sanità non hanno mai interessato il personale del 118, lasciando questi operatori in balia del precariato e dell’incertezza. Ancor più frustrante quando altri colleghi, legittimamente, passano a tempo indeterminato.
 
Chi oggi a Napoli e in Campania lavora nel Servizio di 118 ha una sola certezza, dover resistere a turni massacranti, senza respiro e senza recupero. Nessuna possibilità di carriera, solo gli obblighi di un dipendente e le scarse o inesistenti tutele di un convenzionato.
La diagnosi è già più chiara. A lacerare definitivamente le membra di Servizio di emergenza è stato però il recupero della famosa indennità, i 5 euro e 16 centesimi, che sarebbe “non dovuta”. Così, taglio in busta paga e richieste di risarcimento che in alcuni casi arrivano a 50mila euro.
 
La diagnosi è fatta. Ma qual è la cura? In primis un accordo decentrato stralcio deve prevedere un’indennità per una professione così rischiosa che compensi l’eventuale trattenuta e conseguentemente un congelamento della trattenuta in attesa di una risoluzione che veda motivazioni giuridiche e politiche.
 
Ancora, non ci si può dimenticare che la sicurezza del medico è una priorità, ancora di più per i colleghi del 118. Vanno completati i precorsi di video sorveglianza sui mezzi e nel contempo è ineludibile una campagna promozionale del Servizio che trasmetta ai cittadini l’utilità del lavoro quotidiano di tutto questo gruppo.
 
Infine, si deve procedere ad un processo di stabilizzazione dei colleghi e contestualmente investire in una formazione continua in modo da capitalizzare le risorse esistenti che devono essere volano per quelle future, in modo da avere una Scuola del 118.
 
Queste le priorità urgenti, ma si deve proseguire su altri step fondamentali se vogliamo Professionisti con la “P” maiuscola che ci salvino la vita.
 
E’ tempo di intervenire e decidere a meno che non ci sia l’intenzione di smantellare un servizio pubblico essenziale che funziona, magari per lasciare il campo libero a terzi che hanno interesse a difendere i capitali e non tanto la salute dei cittadini.
 
Bruno Zuccarelli
Vice Segretario Nazionale ANAAO-ASSOMED

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