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Venerdì 26 MARZO 2021
Per gli Oss è tempo di riforme. Se non ora quando?

In pista due proposte di legge (una Pd e una 5 Stelle) che entrano a gamba tesa nel confronto in atto da troppo tempo sul riordino della formazione e del ruolo dell’operatore sociosanitario con contenuti avanzati che, sicuramente, troveranno consensi ma anche obiezioni da chi voleva ed intende fare una semplice “romanella” si dice così a Roma sull’impianto formativo e ordinamentale dell’OSS

La tragica vicenda pandemica nel rendere evidente il ruolo di tutela della salute dell’insieme del personale del SSN italiano, tanto da proporlo nelle segnalazioni ufficiali per il premio Nobel (io, in tempi non sospetti, avevo proposto che fosse dichiarato dall’UNESCO “patrimonio materiale e immateriale dell’umanità”) ha palesato anche il ruolo e l’importanza dell’operatore sociosanitario quale componente effettivo, non supporto, dell’equipe assistenziale.
 
Sono passati da poco vent’anni dalla sua istituzione ed è ormai un profilo professionale che nell’evoluzione reale dell’organizzazione del lavoro in sanità e nel sociosanitario ha conquistato un ruolo ben diverso dai precedenti profili che lo hanno preceduto ne è la prova il fatto che quando il legislatore “fa cose buone e giuste” questa evoluzione viene colta ad esempio allorché con l’emendamento dell’on.le Donata Lenzi fu introdotto nella legge Lorenzin l’articolo 5 sull’area delle professioni sociosanitarie prevedendo che in essa fosse compreso, appunto, anche l’operatore sociosanitario.
 
Purtroppo il potenziale di questa innovazione, nonostante la chiara direttiva del Comitato di settore Regioni Sanità all’ARAN, non è stata ancora recepita nella contrattazione collettiva nazionale né lo stesso Ministero della Salute, di default,  ha modificato lo stato giuridico del personale del SSN prevedendo l’istituzione del ruolo sociosanitario oltre ai preesistenti  ruoli sanitario, professionale, tecnico, amministrativo e della ricerca, nonostante che con emendamenti e ordini del giorno, tra l’altro recepiti dal Governo, i parlamentari della stessa maggioranza ne proponessero l’istituzione transitando l’OSS, insieme ai profili di assistente sociale e sociologo dal ruolo tecnico all’istituendo ruolo sociosanitario e, mi auguro che lo ripropongano nel primo provvedimento utile
 
Sì, perché mai, un profilo che si chiama “sociosanitario” nomen omen dovrebbe essere inserito nel ruolo tecnico invece che nel ruolo sociosanitario?
 
Un’iniziale inversione di tendenza la si è avuta con l’emendamento Carnevali nella vigente legge di bilancio che ha inserito nel personale sanitario e sociosanitario destinatario dell’indennità di tutela del malato e promozione della salute, con pari dignità, anche l’operatore sociosanitario.
 
Nella mia precedente vita da dirigente della D.G. delle professioni sanitarie del Ministero della Salute, ho coordinato il “Tavolo Ministeriale su funzioni, formazione e programmazione del fabbisogno dell’operatore sociosanitario” il cui documento finale è stato concordato e sottoscritto il 4 luglio 2012, oltre che dal Ministero della Salute, dal Coordinamento delle Regioni, da tutti i sindacati firmatari del CCNL Sanità e dall’allora IPASVI ora FNOPI e dal MIGEP; quel documento rimase come la formulazione di riordino più avanzata e condivisa ma, purtroppo, non fu recepita integralmente dalle Regioni.
 
Mentre proseguono i confronti all’interno e all’esterno della Conferenza delle Regioni su quali rivisitazioni proporre sulle competenze e la formazione dell’oss, la sfida di adeguare il profilo professionale, le competenze e la formazione dell’operatore sociosanitario in forma funzionale al mutato quadro epidemiologico e demografico del Paese e ai nuovi bisogni di salute la sta raccogliendo, proponendo una norma primaria, il Senato della Repubblica con due disegni di legge il primo in ordine temporale è stato presentato dalla senatrice Barbara Guidolin (Movimento Cinque Stelle) (AS 1966)  e un altro più recente  della senatrice Paola Boldrini (PD) (AS 2071), in quanto  sono anni che il Ministero della salute, le regioni e le rappresentanze sindacali e professionali provano, senza ancora riuscirci, a riordinare il profilo e la formazione  dell’operatore  socio-sanitario, forse perché la formazione degli oss è stata eccessivamente esternalizzata ad enti privati con costi eccessivi, forse perché non si è in grado di gestire adeguatamente quell’innovazione nell’organizzazione del lavoro in sanità, nel sociosanitario, nelle RSA, il diverso rapporto che si prefigurebbe tra professionista di riferimento ed oss, di cui tante volte ha scritto su questo autorevole quotidiano Marcello Bozzi?
 
Sono proposte di legge  che presentano analogie ed è sperabile che diventino un testo unificato se, come augurabile ci sarà un loro iter legislativo ddl Vicepresidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato. La differenza maggiore è data dal fatto che il ddl Guidolin delega il Governo a ridefinire il profilo dell’oss con uno o più decreti legislativi sulla base delle indicazioni contenute nella proposta di legge mentre il ddl Boldrini interviene nella modifica e nel riordino direttamente il legge, forse perché vent’anni sono stati troppi per un riordino da fare con accordo Stato-Regioni…
 
Le novità ulteriori e specifiche del ddl Boldrini sono:
- La conferma dell’appartenenza dell’oss all’area delle professioni sociosanitarie di cui all’articolo 5 della legge Lorenzin;
- L’uniformare a livello nazionale la formazione in termini di contenuti teorici e pratici nonché di monte ore, che viene aumentato a 1400 ore più altre 200 ore per ulteriore formazione, attribuendone la titolarità   al Servizio sanitario  nazionale;
- Elevare da attestato di qualifica a diploma di qualifica richiedendo per l’accesso ai corsi per OSS il requisito del possesso del diploma di maturità secondaria, la qual scelta porterebbe ad un diverso inquadramento contrattuale nel livello proprio dei diplomati;
- Definire annualmente il fabbisogno formativo di OSS;
- Prevedere la possibilità di attribuire, in modalità concertata, l’attribuzione di ulteriori competenze agli OSS.
 
Sono, quindi, proposte di legge  che entrano  a gamba tesa nel confronto in atto da troppo tempo sul riordino della formazione e del ruolo dell’operatore sociosanitario con contenuti avanzati che, sicuramente, troveranno consensi ma anche obiezioni da chi voleva ed intende fare una semplice “romanella” si dice così a Roma sull’impianto formativo e ordinamentale dell’OSS.
 
Se non potranno avere un iter legislativo completo in questa legislatura visti i margini temporali ristretti, cosa da scongiurare, potranno, però, essere di aiuto, di rinforzo, di sostegno politico alle proposte del sindacato, che in larga parte condivide i contenuti di questi disegni di legge, nei confronti in essere con la Conferenza delle Regioni e le sue articolazioni di competenza sulla loro proposta di riordino del profilo professionale di oss e visto che ricorre il centenario della nascita del mitico Nino Manfredi: fusse che  fusse la vorta bbona!.
 
Saverio Proia

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