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Mercoledì 07 APRILE 2021
Regione e Università in Calabria dopo la sentenza della Consulta



Gentile Direttore,
la Corte costituzionale[1] ha dichiarato illegittima la legge n. 1 del 2020 con cui il Consiglio regionale della Calabria ha reiterato il tentativo[2] di costituire una nuova azienda ospedaliero-universitaria, sopprimendo sia l’azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio sia l’azienda ospedaliero-universitaria Mater Domini, operanti entrambi nella città di Catanzaro, per fonderle in un nuovo ente. 
 
La decisione del Giudice delle leggi, ovvia più che prevedibile, ha eccepito l’invasione del potere statale in materia di costituzione delle Aziende ospedaliero-universitarie, la compromissione del principio di autonomia universitaria e l’indebita interferenza del Consiglio regionale nei poteri e nelle decisioni del Commissario ad acta per il Piano di rientro sanitario. Il Piano, infatti, prevede, fin dal 2016[3], che l’ospedale Pugliese Ciaccio sia “incorporato” nell’ospedale Mater Domini, già classificato azienda ospedaliero-universitaria.
 
Si tratta di un punto forte del Piano di rientro a vantaggio della ricerca scientifica, della didattica che ha incontrato difficoltà a garantire i percorsi di specializzazione post laurea dei medici calabresi, delle attività di diagnosi e cura e delle economie di scala che possono avere un impatto positivo sui costi di esercizio dell’intero servizio sanitario regionale. Siccome le medesime finalità sono insite anche nella bocciata costituzione della nuova Azienda ospedaliero-universitaria (d’ora in avanti AOU), è difficile dare senso alla proposta del legislatore regionale.
 
Potrebbero averlo fuorviato pressioni corporative mascherate da politiche sanitarie più efficaci, tuttavia non sostenute da motivazioni effettive, o dal retaggio di complicati rapporti istituzionali tra Regione e Università nella gestione della Mater Domini, che comunque nell’interesse del buon andamento del Servizio sanitario regionale e della stessa Università vanno superati.
 
Toccherà ora al Commissario ad acta, finalmente affiancato da due sub commissari, districare la matassa. La parte più difficile non è quella della riorganizzazione dell’offerta sanitaria, bensì mettere ordine nei conti dei due ospedali.
 
Con i decreti n. 153 e 154 del 2019 e n. 36 e 37 del 2020, il Commissario ad acta ha deciso di non approvare i bilanci di esercizio 2018 e 2019 dell’AOU Mater Domini e della AO Pugliese Ciaccio. Questo è il primo nodo da sciogliere. Non è pensabile che lo stato patrimoniale dell’AOU venga semplicemente gravato del debito pregresso del Pugliese Ciaccio, con lo strascico di contenzioso giudiziario pendente, che pertanto andrebbe ripianato prima della sua incorporazione nell’azienda Mater Domini. La quale – a sua volta – ha una situazione economico finanziaria altrettanto e forse ancora più critica, in un contesto regionale che ormai registra il disordine contabile ed economico di quasi tutte le aziende[4].
 
Non è, dunque, peregrino il suggerimento che il commissario Meloni ha formulato, lasciando qualche settimana fa l’Azienda sanitaria di Reggio Calabria: distaccare le gestioni pregresse, affidandole ad un soggetto liquidatore di alto profilo professionale, da quelle correnti.[5] Il problema qui è che il legislatore nazionale[6] ha previsto le inapplicabili procedure del dissesto degli enti locali, anziché le norme civilistiche, che invece sono alla base del bilancio delle aziende sanitarie[7]. D’altronde, le gestioni liquidatorie non sono una novità per le aziende sanitarie italiane.
 
Il protocollo d’intesa tra Commissario ad acta e Rettore dovrà, come primo passo, individuare gli obiettivi del tempestivo consolidamento degli assetti operativi a regime per garantire le migliori condizioni di esercizio integrato della ricerca biomedica, della didattica d’interesse della facoltà di medicina e delle attività di diagnosi e cura di medio alta complessità previste dai livelli essenziali di assistenza.
 
Il disegno organizzativo andrà accompagnato da linee di indirizzo alla direzione aziendale che dovrà poi procedere alla revoca dei precedenti incarichi dirigenziali, al conferimento dei nuovi, all’omogeneizzazione dei trattamenti economici di personale regolato da contratti integrativi aziendali differenti, alla gestione degli esuberi di personale che si creeranno specialmente nelle aree amministrative e dei servizi generali non sanitari. È in queste materie che potrebbero riesplodere le resistenze al progetto di incorporazione.
 
Occorrerà anche che il protocollo detti indirizzi per uniformare o selezionare i contratti di acquisizione di uguali beni e servizi affidati a fornitori e a condizioni differenti dalle due preesistenti aziende, e per redigere un programma di investimenti strutturato per priorità e assistito da finanziamenti certi.
 
Il passo decisivo sarà, infine, dettare le regole che evitino il riprodursi delle criticità gestionali in cui si dibattono attualmente le due aziende e garantiscano il mantenimento strutturale del necessario ed obbligatorio equilibrio economico.
 
La precondizione, come abbiamo accennato, è rideterminare lo stato patrimoniale iniziale dell’azienda, auspicabilmente liberato del debito pregresso trasferito alla gestione di liquidazione, cui andranno conferite le risorse a copertura. Le condizioni fondamentali sono almeno le seguenti:
1. Stabilire i criteri di finanziamento corrente dell’azienda, incluso il concorso dell’Università attraverso il conferimento di personale nei limiti del fabbisogno periodicamente determinato dal budget[8] e dei fondi destinati alla ricerca biomedica;
2. Dettagliare i criteri di compartecipazione del SSR e dell’Università ai risultati positivi o negativi di gestione,
3. Fissare le procedure per il rigoroso controllo periodico dell’aderenza dell’attività dell’azienda alle finalità insite nella sua missione in un quadro di duratura sostenibilità economica: un inflessibile monitoraggio dei risultati, che oggi è invece aleatorio in quasi tutte le aziende sanitarie calabresi.
4. Statuire automatismi di tempi e di procedure per la rimodulazione dell’offerta di servizi e di prestazioni in presenza di perdite reiterate di esercizio e per adeguare l’organizzazione aziendale all’evoluzione della domanda sanitaria, nel quadro della programmazione regionale vigente.
 
La riorganizzazione dell’AOU[9] è il propizio innesco di un complessivo riordino della rete ospedaliera[10]. Covid-19, decremento demografico, disallineamenti attuali tra programmato nel 2016 e realizzato, forse per l’insostenibile frammentazione dei punti di offerta, sono fattori che giustificano ampiamente e rendono indilazionabile il riordino, che sarebbe opportuno far procedere parallelamente alla riorganizzazione dell’assistenza primaria, dell’emergenza territoriale e dell’assistenza extra ospedaliera. 
 
Un programma, dunque, sfidante e complesso che – come abbiamo rilevato in una precedente occasione[11] - deve misurarsi con il fattore tempo: quello giusto, non quello burocraticamente cadenzato e irrealistico dettato dall’ultimo decreto Calabria, che fa precedere atti di esecuzione (governance aziendale, investimenti, dotazioni di personale e quant’altro) a quelli di programmazione strategica ed operativa.
 
Nicola Rosato
Già consulente tecnico scientifico di Agenas
 
Note:



[1]
Corte costituzionale sentenza n. 50 del 2021.

[2] Legge regionale Calabria n. 6 del 2019.

[3]Decreto commissariale n. 63 del 2016.

[4]Non approvati i bilanci 2018 e 2019 dell’ASP di Vibo Valentia (DCA n.155 del 2020e n.52 del 2021), il bilancio 2019 dell’ASP di Reggio Calabria (DCA n. 27 del 2021), in continuazione dei precedenti. Inchiesta penale per falso in bilancio per ASP di Cosenza.

[5]La CNews24, Il commissario Meloni lascia e sul debito: Serviva dissesto finanziario, 12 marzo 2021.

[6]Decreto legge n. 35, articolo 5, convertito in legge n. 60 del 2019.

[7]Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articolo 5.

[8] Con il conferimento di medici e altro personale sanitario universitario all’assistenza, l’azienda realizza un risparmio, calcolato come differenza tra le retribuzioni che andrebbero corrisposte al personale con contratto di lavoro SSN, a parità di impegno orario settimanale, e le retribuzioni perequative di minore importo da corrispondere effettivamente al personale universitario, la cui retribuzione base continua ad essere corrisposta dall’Università.

[9]Deliberazione Consiglio dei ministri 20 novembre 2020, punto 15 del mandato commissariale

[10]Idem, punto 2 del mandato commissariale

[11]N. Rosato, Lo slalom dei decreti Calabria, Quotidiano sanità, 11 gennaio 2021

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