quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 04 MAGGIO 2021
La grande sfida del Recovery Plan. Ma la nostra sanità è pronta?



Gentile Direttore,
ho accolto con molto favore ed interesse la pubblicazione della lettera del presidente ANAAO Costantino Troise, vecchio compagno di battaglie, non sempre vinte, nella mia lontana stagione di componente del Consiglio Nazionale del sindacato. L’intervento puntuale e documentato possiede in ogni caso l’indubbio valore di intervenire nel merito del PNRR e sulla sua Missione sei intorno a cui aleggia una sorta di timoroso rispetto comprensibile per la riconosciuta autorevolezza del Presidente del Consiglio; ora se Costantino Troise non è certo per quello che scrive, antitaliano o benaltrista, non vorrei passare per Pierino muovendo due interrogativi a monte e nel merito del Piano.
 
1. Il primo riguarda i rischi legati al governo del PNRR, ovverosia alla capacità da parte delle organizzazioni sanitarie italiane di fare fronte alla gestione di una grande quantità di risorse economiche garantendo sia qualità della spesa che speditezza delle procedure; non è peregrino pensare che se le organizzazioni sanitarie nel mondo, e non solo quelle italiane, siano state colte impreparati dal COVID non lo siano ancora rispetto alla prossima scadenza.
 
Nel paese in fondo, per estrema semplificazione, si è fatto fronte alla pandemia con più tamponi e mascherine, (tentativo di) tracciamento e più terapie intensive, mentre, a voler essere più realisti, siamo ancora alle prese con la variabilità sulle performance del sistema generata da parte dello spezzatino indotto dal regionalismo e con una mancata riforma della medicina territoriale e di quella di famiglia mentre la telemedicina (non solo il tele consulto spesso ridotto a “teleascolto“) rimane pratica sostanzialmente non diffusa.
 
2. In una parola il PNRR o è l’insieme di misure legate alla sommatoria di investimenti per (ancora) nuove tecnologie, edilizia per (ancora) nuove strutture (ospedali di comunità), Club dei “ migliori” degli IRCCS né più né meno come una Super Lega dei ricchi o al contrario deve rappresentare lo strumento epocale di una forte discontinuità in cui il baricentro è obbligato dagli eventi ad essere spostato per ricostruire il tessuto della medicina delle cure primarie ed intermedie al fine di ridisegnare così una nuova architettura per una sanità dimostratasi non attrezzata a gestire adeguatamente la sfida della pandemia -pensando anche alle prossime ondate.
 
In questo quadro penso che sarebbe imperdonabile non porsi il problema della chiara definizione di un modello di trasformazione della “nuova” Sanita, del rapido attrezzamento dei nostri assessorati e delle nostre aziende sanitarie per affrontare i gravosi compiti legati al Piano, della definizione di nuove regole fatte anche di poteri derogatori per la gestione delle procedure di gara per porle al riparo da inefficienza e corruzione.
 
Fra i rischi e le incognite del PNRR non può non includersi il rischio di risposte nazionali, fra loro dissonanti, e non solo nella nostra regione europea, come testimoniato dagli incidenti di percorso nella gestione dell’emergenza COVID che, fra le altre cose ha dimostrato la necessità di politiche transnazionali fra loro coerenti (come non ricordare le diverse declinazioni del lockdown e delle misure di contrasto e prevenzione al coronavirus a seconda della latitudine, e la chiusura dei voli da una data provenienza salvo registrare il bypass a mezzo scalo) consapevoli come siamo che accanto ad un’Europa dell’economia, delle regole e dei valori, abbiamo anche un grande fabbisogno di un’Europa della Sanità e non del bias del regionalismo differenziato - vedasi la diversa compliance alle vaccinazioni dei Lander tedeschi e delle regions della Francia Metropolitana.
 
Salvatore Paolo Cantaro
Igienista – Direttore Generale
Centro Clinico Morgagni, Catania

© RIPRODUZIONE RISERVATA