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Giovedì 03 GIUGNO 2021
“La professione del farmacista sta vivendo un nuovo rinascimento”. Intervista a D’Ambrosio Lettieri

"La risposta della comunità professionale alla sfida dei tempi è molto incoraggiante. I farmacisti comprendono ogni giorno di più che l’atto della dispensazione del farmaco acquista più valore se coniugato alla erogazione di servizi cognitivi di elevata specificità. La farmacia dei servizi è il modello che abbiamo interpretato per consegnare alla sanità italiana e alla comunità un presidio di prossimità integrato nella rete assistenziale del territorio", così il vicepresidente della Fofi e presidente della Fondazione Cannavò

L'emergenza Covid ha portato quella spinta propulsiva che ha fatto accelerare il processo già in atto di trasformazione delle farmacie con il modello della farmacia dei servizi. Ora la professione sta vivendo un suo nuovo rinascimento e sta diventando sempre più un presidio di prossimità integrato nella rete assistenziale del territorio.
 
Ne è convinto il vicepresidente Fofi e presidente della Fondazione Cannavò, Luigi d'Ambrosio Lettieri.
 
Durante lo scorso Consiglio Nazionale lei ha presentato il volume Esperienza e Speranza, la politica professionale da Giacomo Leopardi ad Andrea Mandelli. Quali sono i motivi di questa iniziativa?
Esperienza e speranza sono due parole fondamentali utilizzate dal Presidente Leopardi nella sua ultima relazione presentata al Consiglio Nazionale della Fofi. La speranza, è un sentimento che deve alimentarsi di fiducia e di tensione emotiva ed etica nel perseguimento di un fine. Ma la speranza è legata indissolubilmente alla esperienza, che rappresenta il “vissuto” necessario per raggiungere un risultato.
Ecco, Leopardi guardò con fiducia al futuro governo della Fofi affidandosi a un gruppo di “giovani” volenterosi che erano cresciuti sotto la Sua guida sapiente. Fu Andrea Mandelli a raccoglierne la copiosa eredità e a proseguirne l’opera, affiancato da Maurizio Pace, Mario Giaccone e dal sottoscritto.

Mi è sembrato utile raccogliere le relazioni presentate in Consiglio Nazionale da Giacomo Leopardi e da Andrea Mandelli in un arco temporale sufficientemente ampio per comprendere il contesto di riferimento nel quale ci trovavamo nel 2007 e per seguirne l’evoluzione nei quindici anni successivi.
Rileggere la storia vuole rappresentare un modo per capire i fatti e ricordare le donne e gli uomini che ne sono stati protagonisti. Un modo per collegare un “prima” a un “dopo”, tenendo ben stretta tra le mani la bussola indispensabile a indicare la rotta giusta della navigazione.
Un racconto che consente al lettore attento di sintonizzarsi con la politica professionale di Via Palestro e che potrebbe essere utile anche per la crescita dei nostri giovani Colleghi candidati a diventare classe dirigente.

Il percorso compiuto finora dalla professione, così come quello che ha ancora di fronte, presuppongono un significativo ampliamento del sapere e del saper fare del farmacista. Lo si è visto anche nel caso della partecipazione alla campagna vaccinale contro la COVID. Come giudica la risposta dei farmacisti?
La risposta della comunità professionale alla sfida dei tempi è molto incoraggiante. Si consolida sempre più la consapevolezza che la professione vive una fase significativa della sua evoluzione e appare sempre più diffuso il convincimento che il riconoscimento sociale e la successiva legittimazione istituzionale dipendono dalla capacità di coniugare il ruolo sanitario svolto alla solidità competenze tecnico-scientifiche possedute. In questo senso piace ribadire l’importanza del “pil-sapere” inteso come misura del patrimonio di saperi da cui dipende per chiunque, e quindi anche per i farmacisti, la possibilità di svolgere un ruolo che abbia rilevanza in termini di utilità sociale.

La professione vive un nuovo “rinascimento” e i farmacisti comprendono ogni giorno di più che l’atto della dispensazione del farmaco acquista più valore se coniugato alla erogazione di servizi cognitivi di elevata specificità. Questa piena consapevolezza è dimostrata, tra l’altro, dal fatto che, tra le professioni sanitarie, quella del farmacista registra il più elevato numero di iscritti al percorso formativo sui vaccini realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, che risulta già completato da oltre ventiduemila farmacisti.

Una delle analisi più lucide della sanità italiana è stata l’Indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, condotta dalla 12° Commissione del Senato nella scorsa legislatura, di cui lei è stato relatore. Riletta alla luce di quanto accaduto ne esce confermata anche dal punto di vista delle proposte… Oggi cambierebbe o aggiungerebbe qualcosa?
Quell’ indagine condotta dal Senato rappresenta ancora oggi un ottimo documento programmatico che dovrebbe ispirare il necessario processo di ammodernamento della governance sanitaria. Potenziamento delle politiche di prevenzione, sanitá territoriale, team assistenziali interprofessionali e multidisciplinari, cronicità, salute-ambiente-povertà: sono alcuni dei capitoli di rilevanza fondamentale per il nostro sistema sanitario che l’emergenza pandemica in atto ha spinto in cima alle priorità da affrontare con determinazione e tempestività.

La Fondazione Cannavò negli ultimi anni, sotto la sua guida, ha avviato una nuova fase nella formazione continua dei farmacisti, ma non si è limitata all’ECM. Quali i progetti per il futuro?
La Fondazione, nata dalla felice intuizione del Presidente Leopardi, è il “braccio operativo” di Fofi su uno dei versanti strategici della politica federale.
Il lavoro della Fondazione ha la finalità precipua di contribuire a mantenere adeguato il patrimonio dei saperi professionali alla sfida dei tempi.
Curricula universitari, formazione post-lauream e aggiornamento professionale rappresentano attività fondamentali per perseguire gli obiettivi statutari della Fondazione.  Tali ambiti di lavoro incrociano, in un rapporto di stretta interdipendenza, temi assai sensibili come l’occupazione, la qualità delle prestazioni, il riconoscimento dei ruoli: aspetti di assoluta rilevanza, soprattutto nella governance sanitaria, e prioritari nell’agenda programmatica della politica professionale.

La formazione, per risultare utile al farmacista, deve essere efficacemente spendibile a beneficio dell’utente-paziente, deve avere piena attinenza con le funzioni svolte in base all’evoluzione del ruolo, deve poter agevolare l’occupazione, deve essere coerente con gli obiettivi di qualificazione professionale e con le linee di indirizzo politico indicati dalla Fofi. In questo senso, la formazione e l’aggiornamento come pianificati dalla Fondazione Francesco Cannavò, mirano ad incrementare le competenze scientifiche dell’intera comunità professionale, tenendo conto dei progressi della scienza, della prevalente territorializzazione dei processi di cura, della continuità ospedale-territorio, delle attività di prevenzione primaria e secondaria, della presa in carico del come presupposto per il potenziamento dei livelli assistenziali, dell’aderenza alle terapie della gestione delle cronicità, dell’erogazione di “servizi cognitivi” ad elevato livello di specificità, validati, certificati e standardizzati.

In continuità con l’attività svolta durante l’ottima Presidenza di Enrica Bianchi, la Fondazione in questi anni ha tenuto la regia del nostro Congresso annuale (FarmacistaPiú), ha realizzato con FOFI il progetto formativo nazionale sulla Farmacia dei Servizi, ha curato con ISS e FOFI la monografia sul Farmacista Vaccinatore, ha realizzato il progetto “Video Pills” e numerosi webinar formativi su temi di assoluta rilevanza e attualità (test diagnostici).
La recente decisione della Fofi di affidare alla Fondazione la realizzazione del programma formativo ECM istituzionale è segno della fiducia che viene accordata al Consiglio di Amministrazione e al Comitato Scientifico della Cannavò e di questo voglio ringraziare il Presidente Mandelli e l’intero Comitato Centrale confermando il massimo livello di impegno e dedizione. E desidero cogliere questa occasione per rivolgere un ringraziamento pubblico a Alberto Melloncelli, Anna Olivetti, Andrea Mandelli e Guido Carpani che operano con instancabile dedizione in seno al Consiglio di Amministrazione della Fondazione.

Tornando alla situazione sanitaria del Paese ha spesso richiamato l’importanza delle sinergie interprofessionali, ritiene che l’emergenza COVID abbia favorito la consapevolezza che si tratta di un punto irrinunciabile?
Confermo la necessità di superare un modello di politica sanitaria che oggi è ancora troppo chiusa nei perimetri asfittici dei silos che espongono a eccessi di autoreferenzialitá. Dobbiamo fare uno sforzo collettivo per approdare a un nuovo approccio assistenziale che, nel rispetto delle specifiche competenze di ciascuna professione, garantisca modalità operative sinergiche e multidisciplinari che offrano un più elevato livello di risposta in termini di efficacia, appropriatezza e tempestività alla domanda di salute dei cittadini. Tale necessità, come è ben noto, è emersa in modo evidente durante l’emergenza pandemica in atto.

Quali sono, ora, i prossimi obiettivi da raggiungere per proseguire l’evoluzione cominciata nel 2009?
Nel corso della storia la professione e la farmacia italiana hanno subito lunghe e profonde fasi di transizione. Quella che è ancora in atto sta disegnando una vera svolta epocale, segnata da un nuovo protagonismo professionale che si declina nei processi di cura. La “farmacia dei servizi” è il modello che abbiamo interpretato per consegnare alla sanità italiana e alla comunità un presidio di prossimità integrato nella rete assistenziale del territorio, un hub sanitario nel quale risorse umane, patrimoni di saperi, supporti tecnologici, connessioni tra le differenti sedi cura, interagiscono fisicamente e virtualmente in modo virtuoso per consentire ai cittadini un agevole accesso ai servizi erogati dal sistema sanitario.

Quando nel secondo dopoguerra il progressivo sviluppo dell’industria farmaceutica assorbì la gran parte del lavoro del farmacista preparatore, si pensò che la farmacia fosse destinata a un inesorabile declino professionale ed economico. Così non fu: con l’avvento delle casse mutua prima e del servizio sanitario dopo, la farmacia conobbe un periodo fiorente e anche opulento.  Anche quell’epoca si è conclusa! I tempi e i contesti di riferimento ci chiamano a svolgere ruoli e funzioni differenti e di assoluto rilievo che conferiscono dignità alla professione e consentono riconoscimenti adeguati. Nelle crisi si sviluppano le migliori opportunità. Basta saperle cogliere, con senso di responsabilità, con impegno e con fiducia.

La farmacia nei suoi ottocento anni di storia è morta molte volte. Ma quella che è rinata è sempre stata migliore della precedente. Sarà così anche questa volta. Queste considerazioni devono essere necessariamente estese ai colleghi che operano nelle farmacie ospedaliere e nei servizi farmaceutici territoriali, la cui preziosa attività deve poter conoscere una maggiore valorizzazione per legittimare la figura del farmacista clinico e di reparto. Forza, coraggio e buona volontà.
 
A cura di M.I.

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