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Giovedì 15 LUGLIO 2021
Rapporto Agenas-Mes Sant’Anna su resilienza del Ssn durante la pandemia. Ricoveri calati del 21%. Calo più consistente degli screening con punte fino al 46% di esami in meno

Ma secondo il Dg dell'Agenzia Mantoan, almeno per quanto riguarda gli ospedali, il sistema ha tenuto garantendo comunque 6milioni e 693mila ricoveri totali riuscendo a contrastare le difficoltà legate alla pandemia. Anche se sono stati quasi 750mila gli italiani che hanno dovuto rinunciare a un intervento chirurgico programmato. In deciso affanno, invece, le attività di screening: più di una donna su tre non si è sottoposta ad esami e sono calati ben del 46% quelli del colonretto

È confermato, il sistema ha tenuto: i servizi sanitari regionali hanno saputo reagire anche alla seconda ondata pandemica. E così il bilancio del 2020, l’annus horribilis che difficilmente dimenticheremo, si chiude con una contrazione dei ricoveri totali (tra urgenti, ordinari e in Day Hospital) nelle strutture pubbliche e private del 21%, frutto della media del meno 14,4% di quelli urgenti e il meno 26% degli ordinari.
 
Prestazioni non erogate, da un lato, perché rimaste imbrigliate dalle maglie strette imposte Covid, dall’altro per la mancata richiesta da parte dei cittadini stessi, troppo spaventati per varcare le soglie degli ospedali. Ma nonostante tutto il Ssn è riuscito a garantire 6milioni e 693mila ricoveri totali riuscendo a contrastare le difficoltà legate alla pandemia. Cosa non così scontata, ha osservato Domenico Mantoan, Direttore Generale di Agenas, soprattutto alla luce della scarsa disponibilità di posti letto che ormai ci contraddistingue nello scenario europeo (nel 2018 avevamo 3,14 posti letto ogni mille abitanti contro una media europea del 5,37).
 
Certo, non tutte le Regioni, considerato anche il diverso impatto del Covid sui territori, hanno mostrato nel 2020 lo stesso livello di resilienza: si va così da una riduzione dei ricoveri del 30,6 % in Calabria, al -15,2% del Veneto, solo per citare due esempi.
 
Mediamente se da luglio a settembre i ricoveri totali sono diminuiti dell’8,9% rispetto allo stesso bimestre 2019, durante la seconda ondata il calo medio è stato del 23,4%. Una performance decisamente migliore rispetto al primo tsunami provocato dal Covid, che aveva portato ad una riduzione del 36,5%. Anche in questo caso con dei distinguo regionali: da ottobre a dicembre 2020 rispetto al 2019, in Calabria i volumi totali di attività sono diminuiti di circa il 50%, in Puglia del 43%, al contrario in Fvg del 13,9% nelle Marche del 15%. E ci sono state anche realtà che hanno ingranato la marcia incrementando l’offerta di assistenza.
 
Rimane il fatto che più di una donna su tre non si è sottoposta a screening mammografico (-37,7%). Ma il dato più evidente è quello relativo allo screening del colon retto: mancano all’appello ben 1milione e 113mila screening colorettali rispetto al 2019 (-46%).

A scattare la fotografia delle regioni alla prova del Covid è l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant’Anna che ha presentato nei giorni scorsi i risultati dell’indagine: “La Resilienza dei servizi sanitari regionali e delle prestazioni non erogate a causa dell’emergenza Covid-19 - Focus sulle prestazioni ospedaliere erogate nel 2020”.

“I dati prodotti –  ha dichiarato Manuela Lanzarin, membro del Consiglio di Amministrazione Agenas - risultano particolarmente preziosi per la programmazione delle attività da parte delle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano con l’obiettivo, tra gli altri, di recuperare le prestazioni sanitarie e abbattere le liste di attesa su tutto il territorio nazionale. Il nostro Servizio sanitario nazionale nel suo complesso ha comunque dimostrato, per quanto riguarda l’erogazione delle prestazioni diverse da quelle imposte dal Covid una notevole capacità di resilienza. Il lavoro dell’Agenzia e del Laboratorio MeS della Scuola Superiore Sant’Anna è un utile strumento di osservazione dal quale trarre spunti per il futuro.”
 
“I nuovi risultati confermano, pur con qualche eccezione, il trend dei primi sei mesi del 2020 – ha affermato Domenico Mantoan, Direttore Generale Agenas – il lavoro di analisi è stato possibile grazie alla consultazione delle Sdo nazionali del 2019 e del 2020, messe a disposizione dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, nonché dei dati dei programmi di screening oncologici pubblicati sul sito dell’Osservatorio Nazionale Screening. Sottolineo questo aspetto per rimarcare l’importanza di avere tempestivamente dati aggiornati e di qualità a disposizione per una corretta interpretazione delle realtà sanitarie, condizione fondamentale per la legittimazione di adeguate politiche di programmazione sanitaria da parte del Ministero della salute, oltre che delle Regioni e Province Autonome.”
 
“Parte delle prestazioni non erogate nel 2020 – ha spiegato Sabina Nuti, Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa - dipendono dalla mancata richiesta da parte dei cittadini stessi, e quindi da una riduzione dell’offerta. Non tutto sarà possibile e opportuno recuperare nel 2021. In ogni caso, sarà necessaria un’attenta analisi dei dati per mettere in campo azioni di rilancio e sostegno di servizi quali quelli di prevenzione, come gli screening oncologici”.
 
L’indagine  ha messo a confronto le prestazioni ospedaliere erogate nel corso del 2019 con quelle di tutto il 2020 (i dati frutto dall’analisi delle Sdo sono provvisori al 16 aprile 2021, ma in via di consolidamento), completando l’analisi relativa al primo semestre 2020, presentata nel mese di aprile 2021
Il verdetto degli analisti? “Il livello di resilienza dei servizi sanitari regionali è rimasto alto ed è emersa la capacità dei servizi sanitari di trarre esperienza dalla prima ondata epidemica, riuscendo, nella seconda parte dell’anno, ad organizzare una risposta più efficace alle esigenze di cura dei cittadini, nonostante l’ondata pandemica sia stata più diffusa sul territorio.
 
 

 

Vediamo in sintesi alcuni dei dati emersi
Agenas e MeS  hanno messo sotto la lente (i dati sono disponibile sul sito di Agenas) le attività non procrastinabili (quindi quelle oncologiche e cardiocircolatorie), quella paradigmatiche della qualità del processo offerto (es, fratture di femore operate entri le 48 ore) e la tenuta complessiva del sistema.
 
Prevenzione e cure oncologiche
 
Screening mammografici

Più di una donna su tre non si è sottoposta a screening mammografico. Rispetto al 2019 mancano all’appello ben circa 756mila screening mammografici. Se nei primi sei mesi del 2020 mediamente in Italia si era registrato un calo del 30,3% alla fine dell’anno la riduzione ha raggiunto il -37,7%. Con importanti differenze sul territorio: si va dal -63,3% della Calabria, al -59,9% di Trento e circa -56% di Liguria e Campania, passando per un -47,2% della Lombardia e -45,9 del Lazio, a una riduzione più contenuta in Toscana (-20%), Fvg (17%) Emilia Romagna (-16,7%), fino al dato dell’Umbria dove gli Screening mammografici sono diminuiti nel 2020 solo del 9%.
 


Screening colorettale
Per lo screening del colon retto, lo stop imposto dalla pandemia è stato brusco: - 46%. In numeri ben 1milione e 113mila screening in meno rispetto al 2019. La Calabria si è quasi fermata: -87%, seguita a ruota dalla Campania (-78,6%). Ma non è andata meglio in Valle d’Aosta (-74,8%), Lombardia (-74%), Liguria (-70%), Basilicata (-68%), Sardegna (-67,6%), Lazio (-61,7%), Sicilia e Molise (rispettivamente -61% e -59,7%). Contenuto il calo nelle Marche (-20,8%), Abruzzo (-19,3%) e in Emilia Romagna (-13,5%). In Umbria gli sceening sono aumentati dello 0,2%.




 
 
Tumore alla Mammella
Durante tutto il 2020 anche le camere operatorie sono rimaste sbarrate alle donne con tumore alla mammella: -5mila interventi rispetto all’anno precedente. In termini percentuali i volumi di attività sono scesi in media del 10,1.
E ancora una volta con gap regionali particolarmente evidenti: si va da una riduzione dei volumi del 30,2% della Calabria del 25,5 in Basilicata, circa il -25% a Trento, -21,9 in Liguria e -19,6 in Lombardia, a Regioni dove al contrario l’attività chirurgica anche se di poco è aumentata +0,7% in Campania, +2,9% in Sardegna, +3,2 in Sicilia e 7,4% nella Provincia di Bolzano.
In questo scenario va segnalata, durante la seconda ondata, la grande capacità di resilienza del Molise che nel trimestre ottobre dicembre ha incrementato i volumi di attività di circa il 52% e delle Marche (+29% circa), solo per citarne alcune.
 

 
Tumore colon
I bisturi si sono fermati anche per il tumore al colon: nel 2020 i volumi sono scesi mediamente del 17,7% (recuperando quindi rispetto al calo dei primi sei mesi dell’anno che si attestava sul -32,6%). In numeri mancano all’appello circa 3mila interventi per tumore al colon.
Si è ridotta l’attività a Trento (-39,6%) in Umbria (27,6), Lombardia (-27,1%) e Abruzzo (-25,7), ma sono sotto la media nazionale anche, Liguria, Calabria, Molise e Piemonte. Di contro, gli interventi chirurgici sono aumentati del 2,7% a Bolzano che ha recuperato in particolare durante la seconda ondata pandemica (+16,7%).
 

 
 
Infarti e ictus ischemici
La pandemia ha messo alle strette anche quanti sono stati colpiti da ictus ischemico e infarto del miocardio.
I ricoveri per ictus ischemico durante il 2020 rispetto al 2019, in Italia mediamente scesi del 12,9% (-10,8% ricoveri) recuperando comunque rispetto allo stop registrato nei primi sei mesi dell’anno (-23%). Evidente anche in questo caso la variabilità regionale: le Regioni che più delle altre hanno visto uno stop ai ricoveri sono la Valle d’Aosta (-32,4%), la Puglia (-21%) e la Campania (-19,1%), ma non raggiungono la media nazionale la Basilicata, Marche, Lazio, Sicilia, Calabria e Liguria. Veneto, Fvg, Molise e Toscana hanno contenuto i danni (il calo dei volumi di ricoveri si attesta rispettivamente al -8,1%, -8,1%, -7,6 e - 4,5%), la Sardegna ha aumentato anche se di poco le sue performace (+0,3) incrementano i volumi di attività da luglio a dicembre.
 


Sul fronte dei ricoveri per Ima Stemi, a conti fatti, i servizi sanitari regionali hanno contenuto i danni: mediamente sono scesi dell’11,9% dimezzando le perdite registrate durante la prima ondata pandemica. Tuttavia mancano all’appello 6.113 ricoveri per infarto.
In particolare i ricoveri per Ima Stemi sono scesi del 23,4% in Valle d’Aosta, del 19,8% in Calabria e del 19% in Basilicata. Cali superiori alla media nazionale si sono registrati nel Lazio, Umbria, Puglia, Piemonte, Lombardia, Trento e Toscana. Hanno mostrato capacità di resilienza tutte le altre regioni. La regione Marche ha incrementato i ricoveri da luglio a dicembre.
 

 





Fratture al femore operate entro le 48 ore
Per questo indicatore, si conferma una elevata capacità di reazione delle Regioni. Le camere operatorie hanno continuato a lavorare praticamente a pieno regime: il calo delle performance si attesta sullo 0,39% (era di poco meno del 2% nel primo semestre). Si registrano piccole differenze a livello regionale. In Basilicata la diminuzione dei valori è stata del 14,4%, in Abruzzo dell’8,2 %. La puglia ha incrementato le sue performance del 4%.
 

 
 
Ricoveri urgenti e programmati
Agenas e Mes hanno poi tirato le somme dei volumi relativi ai ricoveri urgenti. Anche per questo indicatore le regione hanno mostrato capacità di resilienza, contenendo e recuperando le perdite rilevate nel periodo più caldo della pandemia quando erano calati del 24%. Il 2020 si chiude con una contrazione media del 14,3%. Solo qualche Regione ha sofferto di più, come la Puglia (-26,6%), la Calabria (-24,6%) e la Basilicata (-22,5%).
 
 


Anche sul fronte dei ricoveri programmati le Regioni, a conti fatti, hanno contenuto lo stop determinato dalla pandemia: dopo la brusca frenata registrata nel trimestre marzo-giugno (- 50%), l’anno si chiude con una diminuzione media del 26%. E anche in questo caso con importanti recuperi da parte di alcune regioni. Qualche esempio? Il Molise che aveva contingentato pesantemente l’accesso agli ospedali (-73,6%), porta a casa una diminuzione del -21,3%. La Puglia ha recuperato, circa il 60% è passata al 30,5%, dato comunque superiore alla media nazionale. Ha sofferto un po’ di più la Basilicata dove i ricoveri ordinari tagliati di circa 60% sono diminuiti del 36,5% facendo registrato il peggior dato nazionale.
 


Ricoveri chirurgici programmati
Nel 2020 non sono entrati in camera operatoria 746.441 italiani, rispetto al 2019. In Media i volumi di attività sono scesi del 28,4%. Porte sbarrate in particolare in Valle d’Aosta (-41,4%), in basilicata (-39,3%), in Liguria e Lombardia (rispettivamente -37,7 e -36,8%). In Piemonte e Campania le attività delle camere operatorie sono scese di circa il 32%. Hanno contenuto i danni tra le tante regioni con dati migliori rispetto alla media nazionale Molise (-19,5%) e Veneto (-18,8%.
 
 
 
 
 
Ricoveri in Day Hospital
Anche volumi di ricoveri in Dh hanno subito una contrazione media del 29,2%. Sono passati da 1.774.046 ricoveri nel 2019 e 1.255.725 nel 2020 con 518.321 ricoveri in meno. Con modalità differenti a livello regionale. La Valle d’Aosta è la realtà che più delle altre ha visto una riduzione dei ricoveri con un -44% rispetto all’anno precedente, tallonata dalla Puglia con un -40,7%. Ma hanno visto una riduzione dei ricoveri mediamente del 30% anche Calabria, Lombardia, Basilicata, Campania Umbria, Molise, Abruzzo e la Pa di Bolzano. Si ferma a un -20,4% il Veneto.È confermato, il sistema ha tenuto: i servizi sanitari regionali hanno saputo reagire anche alla seconda ondata pandemica. E così il bilancio del 2020, l’annus horribilis che difficilmente dimenticheremo, si chiude con una contrazione dei ricoveri totali (tra urgenti, ordinari e in Day Hospital) nelle strutture pubbliche e private del 21%. In cifre, circa un 1milione e 8mila ricoveri in meno rispetto al 2019.



Ester Maragò

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