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Sabato 17 LUGLIO 2021
Sono un medico di famiglia e non so immaginare come sarà il nostro lavoro se diventeremo dipendenti



Gentile Direttore,
sono un medico di 33 anni, da 2 anni e mezzo MMG della città di Ravenna. Mi piacerebbe che nella discussione attuale sulla riforma della medicina territoriale avesse uno spazio la vita reale, che condividiamo noi ogni giorno con i nostri pazienti. Secondo la mia breve esperienza l'importanza del nostro ruolo va di pari passo con la preziosa opportunità di seguire nel tempo e nelle vicissitudini della storia clinica e personale i pazienti e le loro famiglie, di conoscerli e averli a mente, identificando categorie di intervento grazie anche alla tecnologia che ci supporta.
 
Alcuni obiettivi potrebbero essere difficilmente raggiunti da un medico che non sia IL TUO medico o inviando SMS dalle Ausl in base alle esenzioni: la promozione della salute, di stili di vita sani, l' impostazione di terapie in prevenzione primaria, la deprescrizione nei soggetti fragili, la promozione dell'adesione agli screening oncologici e alle vaccinazioni; la cura dei pazienti in assistenza domiciliare, che accompagniamo nel loro percorso fino al decesso (senza necessità di ricorrere a una ospedalizzazione che poco aggiunge alla storia clinica e tanto toglie in termini di umana assistenza) prendendoci la responsabilità di decidere insieme alla famiglia quando è il momento di non intraprendere ulteriori terapie attive e fornire le più adatte cure palliative, con la collaborazione fondamentale dell'assistenza infermieristica; il supporto in questioni non strettamente sanitarie, alle quali non si può rispondere con atti medici o terapie farmacologiche.
 
Ho letto che saremo obbligati ad entrare in medicine di gruppo o altre aggregazioni. La maggioranza dei colleghi neo convenzionati sceglie già in autonomia soluzioni di questo genere; ci accomuna la ricerca del confronto quotidiano con i colleghi del gruppo, con ex compagni di corso, per condividere dubbi clinici, burocratici, medico legali. Siamo abituati a cercare il contatto con il medico ospedaliero per un confronto clinico o per inventare percorsi tagliati su misura, che ottimizzano il tempo dei medici e dei pazienti.
 
Sento dire che tentiamo di lavorare il meno possibile, inviando i nostri pazienti a visite specialistiche senza visitarli, o in PS per non avere responsabilità. Come se non avessimo ormai capito che, tra tempi di attesa, effetto domino di continue prescrizioni e rimandi degli specialisti ad altri accertamenti, difficoltà economiche ad eseguire persino esami che prevedono un ticket, la gestione della salute del paziente che non sta bene rimane comunque in mano a noi finchè non viene risolta. E anche per questo, ma soprattutto per l'interesse che abbiamo verso il benessere del nostro paziente e verso una buona gestione della spesa pubblica, prescriviamo con attenzione visite ed esami!
 
Se la riforma che si vuole attuare punta a una migliore organizzazione, con servizi ai pazienti che il singolo MMG non riesce a dare, si potrebbe spingere verso forme di associazionismo i medici che ancora non l'hanno scelto, sapendo che nel futuro sempre più noi per primi le cercheremo, non fosse altro che per la sempre maggiore difficoltà a trovare chi possa sostituirci durante malattia e gravidanza.
 
Se si vuole verificare, quantificare la nostra efficacia, inventiamo soluzioni nuove, modificando la nostra retribuzione con maggiore quota definita da incentivi, decisi in base al raggiungimento di obiettivi anche clinici, non solo di contenimento della spesa.
Si può infatti rimanere 8 ore in un ambulatorio senza fare molto, oppure svolgere parte del lavoro (sulle cartelle dei pazienti, o al telefono per organizzare appuntamenti) in altri orari che nessuno può controllare ma che aggiungono qualità al tempo svolto nelle ore di ambulatorio “in trincea”.
 
Se quello che va modificato invece è in senso lato la medicina territoriale, con implementazione delle case della salute e altre forme di assistenza, non spariamo a zero solo sulla medicina generale, che può svolgere un servizio prezioso per la salute dei cittadini, in collaborazione con altre figure professionali, in un'ottica di sempre maggior presa in carico globale del paziente, non solo strettamente sanitaria.
 
Infine, con sincerità, non sono preoccupata per il mio stipendio del futuro. Come medico so di essere privilegiata rispetto a tanti coetanei.
Mi preoccupa non poter continuare a essere il medico di base così come lo sto conoscendo e vivendo ora. Così come l'ho scelto, con tutta la voglia di vederne e farne delle belle in futuro.
 
Mi preoccupa che venga a mancare quel rapporto di conoscenza e costruzione di fiducia reciproca che permette di intercettare meglio i bisogni di assistenza ma che permette anche di dire dei no motivati al paziente di fronte ad alcune richieste non corrette, cosa che affronto volentieri perchè questa professione ha anche un ruolo educativo, e non solo di risposta a richieste...
 
Non so immaginare come sarà il nostro lavoro se diventeremo dipendenti del SSN.
Sarà possibile tutto questo?
 
Sara Albertini

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