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Martedì 05 OTTOBRE 2021
Assistenza domiciliare. Ecco le proposte del “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”. I Distretti al centro

La “casa come primo luogo di cura”, obiettivo del Pnrr, trova riscontro in una nuova coalizione sociale nata per offrire alle Istituzioni un Piano coerente con la riforma sulla non autosufficienza inclusa nel Pnrr. I 43 membri del Patto intendono contribuire a realizzare risposte integrate ed innovative a milioni di persone. I Distretti della CARD potranno svolgere un ruolo decisivo nel potenziare e congiungere Adi e Sad

Il Pnrr include la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (NA). La riforma non era prevista nella versione del Pnrr presentata a gennaio dal Governo Conte ed è stata inserita in quella finale, da parte del Governo Draghi, in seguito ad un’intensa pressione svolta in tal senso da numerose realtà della società civile, che le Istituzioni hanno voluto ascoltare.
 
Queste realtà hanno poi dato vita al “Patto per un nuovo welfare per la non autosufficienza”. Lo compongono attualmente 43 organizzazioni, che rappresentano gli anziani non autosufficienti, i loro familiari, i pensionati, gli operatori del welfare e i gestori dei servizi, affiancate dal Network Non Autosufficienza per il coordinamento scientifico.
 
CARD vi ha aderito da subito, con convinzione, in quanto ritiene che i Distretti possano validamente contribuire, data la specifica esperienza acquisita in molti anni di servizi domiciliari distrettuali, alla preparazione ed attuazione di questa riforma prevista nel Pnrr. Si parte da un nuovo Piano nazionale per la domiciliarità integrata per le persone non autosufficienti, in linea con la riconosciuta priorità affermata dal Presidente Draghi (“La casa come primo luogo di cura”).

Tre ragioni motivano il Piano domiciliarità del Patto.
1. cominciare a fornire migliori risposte a casa ad anziani e famiglie, già dal 2022, senza attendere l’introduzione della riforma, prevista tra il 2023 e il 2024. Per questo l’intenzione è di proporre misure da adottare con la legge di bilancio 2022.
2. sfruttare il periodo precedente alla riforma per iniziare a modificare le risposte nella direzione che essa imprimerà, tenuto conto che l’attuazione dei cambiamenti nei territori è sempre lunga e complessa.
3. evitare che le misure attivate ora siano in contrasto con gli scopi della riforma, evitando il rischio di disperdere i nuovi investimenti già previsti nel PNRR per le cure domiciliari.
 
Il Patto ritiene che questo è il momento di presentare la proposta specifica sulla domiciliarità, in quanto gli investimenti del PNRR e le recenti normative hanno concentrato i nuovi stanziamenti per gli anziani NA proprio nei servizi domiciliari (“la casa come primo luogo di cura”) ed il loro utilizzo è in via di definizione. Tuttavia, si è consapevoli che il rafforzamento dell’assistenza ai non autosufficienti dovrà poggiare sullo sviluppo dell’intera filiera dei servizi coinvolti, dunque domiciliari, semi-residenziali e residenziali; sul potenziamento degli interventi a sostegno dei caregiver e dei familiari; sulla revisione dell’indennità di accompagnamento e sulla regolazione delle attività delle assistenti familiari. Di tutto questo il Piano terrà conto.

 
Il Piano nazionale per la domiciliarità del Patto ha come target esplicito le persone anziane non autosufficienti ed i loro familiari.
Il modello ottimale di risposta ai bisogni è individuato nel care multidimensionale: risposte progettate a partire da uno sguardo complessivo e congiunto tra componenti sanitarie e sociali sulla condizione dell’anziano, sui suoi molteplici fattori di fragilità, sul suo contesto di vita e di relazioni. La non autosufficienza coinvolge sempre l’intera esistenza della persona e, dunque, rende imprescindibile ricorrere all’approccio multidimensionale.
 
Tre gli obiettivi strategici per costruire la domiciliarità del futuro:
1. Creare risposte unitarie: per superare l’attuale separatezza tra il Sad (Servizio di assistenza domiciliare) dei Comuni, oggi nettamente sottofinanziato e sottodimensionato, e l’Adi (Assistenza domiciliare integrata) delle Asl, quest’ultima ancorata a logiche prestazionali, per lo più inadatte al target. Il Piano mira a non avere più interventi separati, ma un’unica risposta, connettendo le attività degli attori responsabili della domiciliarità, a livello locale (Comuni e Asl), così come nazionale (i Ministeri del Welfare e della Salute, entrambi competenti per la non autosufficienza). Solo agendo su entrambi i livelli è possibile costruire risposte integrate.
 
2. Articolare gli interventi: per offrire a casa agli anziani il giusto mix delle diverse prestazioni loro necessarie, e quindi i) servizi medico-infermieristico-riabilitativi (responsabilità delle Asl); ii) sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana, che la mancanza di autonomia impedisce all’anziano di compiere da solo (Asl e Comuni); iii) azioni di affiancamento e supporto a familiari e assistenti familiari (badanti) ) (azione congiunta di Asl e Comuni).
 
3. Estendere la durata temporale e quali/qualitativa degli interventi: per dare a chi non è nonautosufficiente ampia copertura di assistenza, di lunga durata (oggi inattuata), di intensità adeguata all’evoluzione dei bisogni (crescenti nel tempo). Questo sforzo è teso anche a porre le basi di una riforma per la Long Term Care, mancante da sempre nel Paese e non più rinviabile.
 
I metodi di approccio ritenuti più idonei agli scopi sono: (i) la gradualità: le difficoltà attuative del cambiamento richiedono un approccio graduale, per cui il Piano prevede un primo pacchetto d’interventi per il 2022 e il loro progressivo ampliamento nel tempo; (ii) la visione chiara della direzione di medio-lungo periodo, che indirizzi i singoli passi via via compiuti e gli obiettivi del Piano alla successiva riforma, in cui esso confluirà; (iii) il riconoscimento adeguato delle Autonomie Locali, quindi del ruolo di Comuni e Regioni sia nell’ideazione, sia nella messa in atto del Piano. Nella fase di definizione lo Stato presta loro particolare attenzione, giungendo ad accordi che stabiliscano puntualmente gli impegni reciproci. Durante l’implementazione vengono valorizzate le numerose esperienze locali positive, senza appesantirle con richieste inutili. La regola sarà di mantenere i servizi domiciliari che già possiedono alcune o tutte le caratteristiche qui proposte, da integrare – quando e come necessario – fino a raggiungere la configurazione indicata.
 
L’enfasi del Piano è sull’attuazione più che sull’ideazione; nel Patto vi è stata unanimità del definire le seguenti tre azioni prioritarie.
Azione I: superare la frammentazione:
Il Piano cerca un equilibrio tra un maggiore ruolo statale e la valorizzazione delle Autonomie Locali, ispirandosi ad un preciso metodo: poche indicazioni, molte attuazioni. E quindi: poche azioni per veri cambiamenti degli snodi cruciali; predisposizione delle condizioni facilitanti l’attuazione a livello locale; la scelta di non sovraccaricare i territori con eccessive indicazioni.
 
A livello dello Stato si costituisce la Cabina di Regia, che avrà la responsabilità di: (i) programmare in modo congiunto l’impiego dei nuovi finanziamenti per la domiciliarità (provenienti dal Pnrr e dalla legislazione ordinaria) a disposizione dei due Ministeri; (ii) definire le indicazioni per l’uso congiunto da parte di Comuni e Asl del complessivo pacchetto di risorse addizionali; (iii) creare un sistema di monitoraggio dedicato per apportare correzioni dove risulterà necessario.
 
A livello locale si sottoscrivono accordi tra gli Ambiti sociali (Comuni) e i Distretti sanitari (Asl), per superare la separatezza di SAD e ADI e realizzare, insieme, i requisiti organizzativi di base per un approccio integrato, testimoniato dalla necessaria presenza di due strumenti: (i) l’unità di valutazione multidimensionale (Uvm); (ii) il progetto personalizzato integrato, definito in sede di Uvm, che comprenda il complesso delle prestazioni pubbliche fruite e le raccordi con l’attività dei familiari e delle badanti; (iii) il responsabile del caso, punto di riferimento nel tempo per gli operatori coinvolti, l’anziano e la sua rete familiare e di supporto informale.
 
Azione II: cambiare il modello di intervento dell’ADI:
Il Piano prevede il superamento della logica prestazionale dell’ ADI, oggi molto diffusa (spesso prevalente) nelle Regioni dove l’ADI esiste, soprattutto se con forme di esternalizzazione. Questa logica è sostanzialmente confermata nel Pnrr, che prevede il raddoppio della copertura del servizio, per arrivare al 10% degli ultra65enni (1,6 milioni in totale). Degli 806.000 utenti aggiuntivi, tuttavia, a 500.000 si prevede di erogare un’assistenza di livello basale, con un accesso al mese, senza la presenza del medico. Solamente 110.000 utenti sono previsti nel secondo e terzo livello (esigenza più frequente nella NA).
 
Questo programma, derivato da ricognizioni quantitative su regioni campione, chiaramente non è compatibile con i bisogni, oggi per larga parte insoddisfatti, delle persone NA e dei loro familiari. Il Piano del Patto vuole/deve porsi l’obiettivo del cambiamento di modello dell’ADI; è ambizioso, enuncia obiettivi di più difficile comunicazione mediatica, ma che sono di vero ed unico vantaggio per le persone NA (per lo più gravate anche da multipatologie e politerapie): aumentare non tanto gli interventi estemporanei, frammentati, bensì le prese in carico continuative (long-term) e globali (ecco la scelta del modello del care multidimensionale), con alta intensità assistenziale.
 
Gli indicatori comparativi rispetto all’oggi sono l’aumento dell’ intensità (numero di ore di accesso pro capite – l’attuale valor medio/anno è di sole 18 ore) e della durata (attualmente calcolato a 2-3 mesi). Le ingenti risorse del Pnrr per la domiciliarità (2,72 mld) non devono riprodurre, su scala maggiore, le criticità attuali legate a modelli prestazionali ed ospedalieri. Il miliardo aggiuntivo per la telemedicina va destinato a facilitare l’integrazione, innanzitutto grazie ad una piena condivisione e circolarità di dati ed informazioni di valore clinico-assistenziale, nonché di intensificazione delle pratiche di e-health ed e-inclusion consentite dagli strumenti di ICT.
 
Il Piano Domiciliarità del Patto prevede quindi nel 2022 un atto nazionale che: (i) ri-disegni l’Adi a partire dalle effettive condizioni degli anziani, puntando a realizzare pratiche innovative di alta qualità, ad alta integrazione, facilitate dal saggio uso delle tecnologie che arricchiscano e non deprivino contatti e relazioni umane, con monitoraggio di parametri vitali ed ambientali diffuso e continuativo; gli obiettivi prioritari riguardano l’aumento della platea degli utenti ma con contestuale incremento del numero di visite/accessi per utente (=intensità) e di durata nel tempo (la prospettiva deve essere quella della long-term care, ovvero di cure per molti mesi ed anche anni). Pertanto gli scenari sono di maggiori prestazioni incluse in maggior numero di forti prese in carico personalizzate, proporzionate e differenziate in base alle specifiche situazioni.
 
Azione III: incrementare i fondi per il SAD:
Il Piano pone priorità assoluta alla riduzione dell’attuale presenza marginale del SAD: gli utenti oggi sono solo l’1,3% degli anziani e la spesa annuale ammonta a 347 milioni, con incremento futuro di risorse contenuto (+ 13 milioni nel 2022 e negli anni successivi), enormemente inferiore a quello dell’Adi; ne consegue un SAD residuale ed asimmetrico rispetto agli interventi sanitari, con irrealistico sviluppo delle risposte integrate qui prospettate (nel 2026, per ogni 100 Euro per l’Adi se ne spenderanno 12 per il SAD).
 
Il Piano del Patto, per invertire la direzione, prevede nella Legge di Bilancio 2022 un nuovo finanziamento dedicato al Sad, strettamente legato al suo riconoscimento come livello essenziale delle prestazioni. Farne un livello essenziale significa gettare le fondamenta per strutturarne la presenza in modo stabile. Sarà così possibile assicurare una percentuale standard minima di anziani da raggiungere in tutto il Paese e, allo stesso tempo, offrire alle Regioni che già lo rispettano risorse per incrementare ulteriormente l’offerta. Si prevede che gli utenti crescano progressivamente, del 2,6% nel 2022, raddoppiando l’utenza rispetto ad oggi, per salire al 2,9% nel 2023 e 3,3% nel 2024.
 
A tale scopo nel Piano la Legge di Bilancio stanzia le seguenti risorse: 302 milioni di Euro nel 2022, 373 nel 2023 e 468 nel 2024. Incrementi maggiori dei fondi, nel breve periodo, sono ritenuti non gestibili dai territori e genererebbero risorse inutilizzate o male impiegate. Una crescita minore impedirebbe di compiere il cambio di passo necessario. Va altresì previsto il ripensamento della logica d’intervento del SAD: la nuova prospettiva è di aprirlo progressivamente alle persone non-autosufficienti in quanto tali, non solamente a quelle economicamente svantaggiate. Un simile passaggio, insieme a quelli delineati per l’ADI (+578 milioni nel 2022, 1,6 mld nel 2026), traccia la strada per un sistema di domiciliarità integrata, dove l’anziano NA potrà ricevere un pacchetto d’interventi unitario e adeguato alla complessità della sua specifica situazione.
 
Sia nel SAD che nell’ADI, dunque, il Piano del Patto intende compiere un’operazione simile: avviare un processo di superamento del modello d’intervento oggi prevalente (rispettivamente rivolto a sostenere il disagio e le prestazioni sanitarie isolate) per meglio focalizzare i servizi sui reali bisogni di anziani e famiglie, nella direzione degli obiettivi qui descritti.
Questo percorso del Piano Domiciliarità Integrata è del tutto convergente e coerente con il mandato e le attività dei Distretti, già impegnati quotidianamente, da anni, in questo ambito per realizzare risposte domiciliari integrate, programmi personalizzati di cura ed assistenza globali, unici in grado di dare appropriate risposte agli attuali e futuri milioni di persone del Paese costrette per lungo-lunghissimo tempo a vivere vite difficili a causa della condizione di non-autosufficienza e di salute compromessa.
 
Paolo Da Col, Antonino Trimarchi

Centro Studi CARD
 
Cristiano Gori
Network NonAutosufficienza
 

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