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Mercoledì 13 OTTOBRE 2021
No vax: il paziente che nega e il medico che non convince
Gentile Direttore,
ci sono due modi di procedere in medicina: quello high tech dell’ospedale dove l’approccio è quasi totalmente meccanicistico, e quello high touch ambulatoriale dove il medico di medicina generale imposta quasi tutto il suo lavoro sulla relazione con il paziente. La macchina non funziona, apriamo il cofano e vediamo cosa si è rotto: “signora, è un problema di carburatore, aggiustiamo e se ne torna a casa.” La signora non incontrerà mai più il medico-meccanico dell’ospedale e tutto si concentra sulla messa a punto del carburatore. Saluti e baci, avanti il prossimo. In ambulatorio, l’approccio è confidenziale e più intimo.
Non è il luogo dell’acuto, della macchina in panne, ma quello dei rumorini fastidiosi che richiedono la consulenza del meccanico amico: “ che ne pensi,? Si sta rompendo qualcosa?” Questo tipo di approccio del medico di medicina generale mette in rilievo l’aspetto della “esistenzialità” del paziente: il suo vissuto quotidiano che accompagna il suo malessere. La malattia con la sua consapevolezza, il dolore e la sua espressione.
Proprio per questo tipo di approccio olistico, la cultura della non vaccinazione è talmente presente nell’ambulatorio di medicina generale da avere nome e cognome e le facce di chi professa la cultura no vax. Incontrandola tutti i giorni ho cercato spesso di delineare il senso e l’origine di questa cultura negazionista che è lo zoccolo duro di quasi undici milioni di italiani non vaccinati, tutti over 50.
“Dottore, io non mi vaccino”. Si parte da questa affermazione perentoria per incominciare la scalata dei perché di una scelta così assolutista da sfiorare il delirio paranoideo di stampo psichiatrico. Una faticosissima scalata di reciproche incomprensioni in cui il paziente recita il suo mantra: "dottore lei non può capire” e il medico cerca con maniacale compostezza la chiave di quel pensiero negazionista. Così negazionista da annullare anche la fiducia nel medico e la sua medicina ortodossa e colpevole. Due deliri paranoidei a confronto: il paziente che nega e il medico che non convince: unico caso nella storia di due eserciti ugualmente sconfitti nella stessa guerra. Non è un pareggio egualitario ma una sconfitta totale.
La generazione degli over 50 è quella post '68, la generazione che si sgancia dal precedente sociale del complesso di colpa, la generazione post bellica vissuta nel complesso edipico che accetta l’imposizione culturale del capo famiglia e della scuola: “testa bassa e poche storie”, secondo le considerazioni di Recalcati, uno dei massimi psicoterapeuti del nostro tempo. Gli over 50 sono cresciuti nella dittatura della società dei consumi: il “fascismo dei consumi” di Pasolini e la famiglia liquida con la caduta verticale dell’autorità paterna. Fallimento totale anche della Scuola che decaduta verso una burocrazia educativa ha rinunciato totalmente alla funzione educativa concentrandosi sui contenuti informativi: la scuola delle tre “i” : impresa, informatica, inglese. Una cultura orizzontale fatta solo di informazioni senza la verticalità della Cultura.
Il risultato è questa generazione senza cultura, senza sensi di colpa, senza padre, senza principio sociale della socialità tutta accartocciata in un individualismo esteta e di maniera, dove è impossibile far passare il concetto della responsabilità comunitaria attraverso cui passa anche il concetto di salute pubblica: “chi se ne frega...” tutti liberi di fare della propria vita uno show da tik-tok, esibire i propri tatuaggi e farne esibizione social per “esistere”, anziché “essere” insieme agli altri. Abbiamo sicuramente sbagliato l’informazione sui vaccini, troppe incongruenze e troppa fretta, ma è anche vero che abbiamo seminato su un terreno sterile, perché non c’è niente di più infertile di un uomo che cammina da solo e non sa dove andare.
“Nessun vento è favorevole per il marinaio che non ha una meta”, parola di Seneca.
Enzo Bozza
Medico di base
Vodo di Cadore
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