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Lunedì 25 OTTOBRE 2021
L’Emergenza sanitaria non è cosa per tutti: servono medici e infermieri formati ad hoc



Gentile Direttore,
la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) – società della quale sono presidente – è una Società Scientifica, non un Sindacato. Questa precisazione è d’obbligo perché difendiamo come nostra missione per prima cosa la salute dei cittadini e rappresentiamo non i lavoratori, o l'organizzazione del lavoro, attività attività che svolge legittimamente il Sindacato, ma la buona pratica clinica basata sulla Scienza della nostra Disciplina. Quindi non fondiamo la nostra azione su una posizione talvolta corporativa che può anche non esprimersi nell’interesse comune.
 
Il tema su cui desidero concentrarmi – a seguito di un importante articolo pubblicato da Quotidiano Sanità, Emergenza territoriale. Fimmg: “Per rispettare i Lea occorre un Mezzo di Soccorso Avanzato” - è quello dell’Emergenza IntraOspedaliera ed ExtraOspedaliera, che alcuni si ostinano a definire “distrettuale o territoriale” ritenendola cosa separata e avulsa da quella continuità territorio-ospedale che è invece centrale nella gestione dell’Emergenza perché il paziente acuto rappresenta una sfida sanitaria tra le più complesse, per quanto ancora oggi troppo spesso affidata a professionalità limitate da un limitato e parziale percorso formativo.
 
Le prossime numerose domande le rivolgiamo alle Istituzioni e ai Cittadini, che, siamo sicuri sapranno darsi le giuste risposte.
 
Cosa si intende per Emergenza e perché si tende, da parte di alcuni, a separare così nettamente quella Extraospedaliera (“Territoriale”) e quella Intraospedaliera?
 
Il medico e l’infermiere che gestiscono l’Emergenza devono essere i migliori professionisti della Sanità, quelli che hanno fatto un percorso formativo e maturato un livello di esperienza e competenza tra i migliori sotto il profilo qualitativo e quantitativo, oppure possono essere “recuperati” tra i professionisti che, nel campo della medicina generale e di famiglia, non trovando magari occupazione in tali ambiti, maturano solo alcuni mesi di formazione molto teorica e poco tecnico-pratica?
 
Devono essere la Scienza e la buona pratica clinica espressa da Linee Guida basate su dati di letteratura che ne confermano la validità a guidare le scelte su come riformare tale settore?
 
Qual è il ruolo delle Società Scientifiche che da sempre hanno nella propria Disciplina un Core Curriculum (percorso formativo) di altissima qualificazione nel campo dell’Emergenza e dell’Area Critica?
 
Per rispondere a questi quesiti occorre fare una premessa. La nostra è una visione di parte, come è naturale: siamo la Società scientifica di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva. La nostra Disciplina e la nostra Società Scientifica promuovono qualificazione (formazione e ricerca) nell’ambito dell’Emergenza dal 1934: riteniamo pertanto che la nostra visione debba essere portata a conoscenza delle Istituzioni e del Cittadino che da esse è rappresentato.
 
Il politrauma, l’emorragia incontrollabile, la sepsi (infezione grave che compromette le funzioni vitali), l’ictus o l’infarto talvolta con scompenso multiorgano e tantissime altre condizioni che affliggono il cittadino “sul territorio” sono diagnosticati e trattati in modo multidisciplinare in Ospedale: nella stragrande maggioranza di queste situazioni il Team Leader è lo specialista Anestesista-Rianimatore o lo specialista in Medicina d’Urgenza proprio perché la loro specializzazione quinquennale e la loro formazione sono le più complete ed affidabili nel campo. Basti pensare che questi specialisti maturano nel settore dell’Emergenza in 5 anni almeno 10.000 ore di formazione.
 
Qualcuno vorrebbe sostenere da qualche tempo che per la gestione delle funzioni vitali, il trattamento della prima ora di un politrauma, di una sepsi, di una emorragia incontrollabile sia sufficiente una competenza “parziale”, maturata in corsi di qualche centinaio di ore. La politica e il cittadino sanno che questa presa in carico con competenze limitate può condizionare spesso irrimediabilmente la sopravvivenza del paziente ?
 
Come si fa, in queste situazioni, a sostenere che l’emergenza extraospedaliera “è cosa diversa in quanto territoriale” da quella intraospedaliera? Su quali evidenze si poggia questa convinzione?
Tale affermazione mira ancora una volta a privilegiare il ruolo della propria corporazione identificando nel medico del territorio il medico competente.
 
È vero che, sotto il profilo organizzativo, si tratta di una cosa diversa ma nella buona pratica clinica non lo è: ancora una volta ci rifacciamo alle linee guida, perché dal punto di vista della gestione sanitaria (diagnosi e terapia) ci deve essere un continuum che non preveda un trattamento extraospedaliero sul territorio approcciato diversamente e talvolta in conflitto con quello che poi il paziente proseguirà in ospedale.
 
Quale dato scientifico supporta una teoria che evidentemente nasce da una battaglia ideologico-corporativa che nulla ha a che vedere con il dibattito scientifico e con la salute del cittadino?
 
Abbiamo contestualmente appreso nei giorni scorsi la proposta di un “mezzo di soccorso avanzato” (nei fatti, tale mezzo per un paziente come quello sopra citato dovrebbe essere una vera e propria terapia intensiva su ruote); ed abbiamo poi visto ipotesi in cui da un lato si sostiene che l’emergenza e il sistema 118 siano LEA (e questo lo condividiamo in pieno, in quanto massima espressione di sanità pubblica e universale), ma che le competenze a bordo di questi mezzi avanzati possano essere indifferentemente rappresentate da chi ha fatto un “Corso di Formazione Specifico in Medicina Generale” o di “formazione Specialistica in Medicina di Emergenza-Urgenza”.
 
Siamo preoccupati dell'equivalenza tout court proposta in queste ipotesi, come se la Medicina Generale e la formazione Specialistica in Emergenza e Area Critica fossero equivalenti. Ci sembrano proposte davvero semplicistiche, confusionarie, corporative ed anche preoccupanti e ci domandiamo che ne pensino le Istituzioni e anche gli stessi Cittadini di tali affermazioni.
 
Una Società Scientifica come SIAARTI non “pretende” di sedersi al tavolo con le Istituzioni e la Buona Politica. Lo dovrebbero pretendere, invece, i Cittadini, nella convinzione che essi siano quei soggetti che la Buona Politica poi votino.
 
La Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva “chiede” pertanto – offrendo la massima disponibilità - di partecipare ai tavoli che le Istituzioni stanno avviando, portando il proprio contributo tecnico-scientifico e la propria rete di competenze nell'Area dell’Emergenza e nell’Area critica, con l’unico obiettivo di realizzare una riforma del Sistema dell’Emergenza Intra e Extra Ospedaliera che sia mossa da principi di buona pratica clinica.
 
Questo è obiettivo necessario per il nostro SSN perché, sembra quasi che lo si dimentichi, la patologia tempo dipendente è tale perché fin dal primo minuto deve essere correttamente approcciata dai migliori Medici e dai migliori Infermieri specializzati in Emergenza e Area Critica.
 
Affermato questo principio scientifico che ha guidato l’Italia nella pandemia e la sta portando fuori dal buio, si dovrà tenere conto delle criticità “lavorative” e “organizzative” e trovare, assieme, le migliori soluzioni con un solo fine: la salute pubblica.
 
Antonino Giarratano
Presidente SIAARTI

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