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Il Libro Bianco 2011 di ONDa


29 SET - Stress e depressione: la donna è  sola e indifesa meno ricoveri per abuso di droghe, in calo i suicidi
Disturbi psichici e dell’umore, quali ansia e depressione, nevrosi, disturbi di personalità, obesità: secondo i dati emersi dalla III edizione del Libro Bianco, sono queste le patologie a cui la popolazione femminile è maggiormente predisposta, complici le alterazioni ormonali nelle diverse fasi riproduttive (gravidanza, puerperio e menopausa) e un maggior numero di eventi stressanti (lutto, separazioni, logorio delle incombenze quotidiane) cui la donna va incontro. Ma fra i diversi fattori che mettono a rischio la salute mentale non vanno trascurati neppure quelli genetici, i casi di depressione in famiglia, e il ruolo sociale che riversa sulle spalle della donna una serie di fatiche e responsabilità sia in ambito lavorativo che familiare. Eppure sono proprio le donne a ricorrere in percentuale minore alle strutture socio-sanitarie tanto che, fin dal 2003, si è notata una progressiva riduzione (pari a -6,5%) fra la popolazione femminile nei ricoveri ospedalieri sia a livello nazionale che regionale, con un tasso standardizzato nel 2008 del 43,11 (lievemente superiore per gli uomini: 45,8). Netto calo anche dell’ospedalizzazione (pari a -15,8%) per disturbi psichici da abuso di droghe, soprattutto tra i 25 e i 54 anni. Migliorato, invece, nell’arco temporale 2000-2007, il tasso di mortalità sia per disturbi psichici per entrambi i generi fatta eccezione per alcune regioni (Trentino-Alto Adige), sia per suicidio e atti di autolesionismo, comunque con una netta prevalenza di quelli femminili (-23,5 per 10.000 vs -14,56 per 10.000). Sono dati, quelli oggi presentati, sufficienti per ritenere che i disturbi psichiatrici sono ancora sottovalutati e non adeguatamente gestiti, anche a causa di una disomogenea distribuzione sull’intero territorio di servizi di assistenza sanitaria per la tutela mentale.
 
“Oggi le donne hanno problemi nuovi e ben più gravi rispetto agli uomini. A partire dalla solitudine e dall’insicurezza – spiega Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (ONDa). L’assenza del marito o del compagno, separazioni o divorzi, mancanza di lavoro o di pensione, comunque di un reddito, colpiscono le donne molto più della popolazione maschile e sono alla base di problemi sociali ed economici decisivi che influenzano l’equilibrio psico-fisico della donna. Sono infatti questi i fattori che più di frequente incidono nell’insorgenza di disturbi e malattie psichiche, prime fra tutte la depressione, verso la quale la donna ha una propensione di sviluppo del 25%. E come se non bastasse, con l’aumento delle nevrosi tra le donne italiane è in costante crescita anche il consumo di antidepressivi, tuttavia non sempre sotto controllo o non sufficienti nel trattamento di questo genere di malattie”.
“Per ciò che concerne le patologie psichiatriche, il dato più rilevante è la riduzione del numero dei suicidi e dei ricoveri legate all'abuso di sostanze – commenta la ProfessoressaRoberta Siliquini, Professore Ordinario di Igiene presso l’Università di Torino, e membro dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane diretto dal Prof. Walter Ricciardi – Se da un lato questo aspetto può essere confortante, dall'altro risulta poco rappresentativo di una realtà che vede il genere femminile sempre più esposto a fattori di rischio per la patologia psichiatrica, quali stress, consumo di sostanze ed alcol, uniti al rilevante carico sociale del sostegno alla famiglia. Purtroppo, come è già stato evidenziato più volte da Osservasalute, i flussi informativi relativi alla patologia mentale sono frammentari e poco significativi poiché non tengono conto di alcune variabili importanti, come ad esempio i tentativi di suicidio, mentre di contro i ricoveri non devono essere considerati in alcun modo l'esito o un passaggio naturale della malattia. Pertanto l'assenza di registri di patologia, e quindi di dati relativi all'incidenza della stessa, rende estremamente difficoltosa la lettura di andamenti nel tempo”.
“I dati europei –dichiara il Professor Claudio Mencacci, Direttore del dipartimentodi Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano –confermano che i disturbi mentali sono in costante crescita, passando da una prevalenza del 27,4% del 2005 al 38,2% del 2011. In particolare si è assistito al raddoppio di disturbi correlati a dipendenze da alcool, ad un aumento di circa il 50% di disturbi depressivi, al raddoppio di disturbi d’ansia (agorafobia) e a un 30% in più di disturbi di ansia generalizzata, oltre alle diagnosi di insonnia e disturbi di personalità. Disturbi che vengono avvertiti e subiti in particolare dalla popolazione femminile come confermano gli indici del rapporto maschi/femmine. Le ultime stime parlano infatti di circa 2,5 donne in più rispetto all’uomo che soffrono di ansia e depressione e di un avvicinamento di 1:1 per disturbi correlati al consumo di alcool e cannabis, con conseguenze non trascurabili per la donna anche sul piano professionale con il maggior numero di giorni lavorativi persi e sul piano psicologico ed emotivo”.
 
 
 
Le donne consumano più farmaci degli uomini (+ 20%). Alto il gradimento per il sistema sanitario
 
È un’Italia sempre più ‘matura’ – nella quale si misurano un costante aumento della vita media, un incremento di malattie cronico-degenerative, e una crescita nel consumo di farmaci e ricoveri – quella che chiede con urgenza di creare reti, servizi e percorsi socio-sanitari più personalizzati. Con al centro la donna e il genere femminile, ma non solo. I numeri che emergono dalla III Edizione del Libro Bianco, infatti, parlano chiaro: sono le donne per maggiore longevità e fattori di ordine culturale a chiedere una risposta più efficiente ed efficace ai nuovi problemi di salute emergenti. I dati più recenti (2006), sia regionali che nazionali, dicono che i tassi di ospiti anziani nei presidi residenziali socio-assistenziali fra la popolazione femminile hanno raggiunto valori del 25,82 per 1.000 (11,11 per 1.000 fra gli uomini), specie al Nord con tassi al di sopra della media nazionale, e che il consumo di farmaci – in crescita nel periodo 2000-2009 – riguarda quasi il 40% della popolazione. In particolare secondo recenti studi condotti fra la popolazione femminile sono le donne di età compresa fra i 15 e i 54 anni, a fare maggiore uso di farmaci con consumi superiori rispetto all’uomo del 20-30% per quelli di genere comune e del 40% per gli integratori. Anche i tassi di ospedalizzazione nazionale per acuti dal 2008 sono in costante ascesa con ricoveri ordinari di 1.251,20 per 10.000 per il genere maschile e di 1.245,59 per 10.000 per il genere femminile, con valori massimi (spesso al di sopra della media nazionale) nelle regioni del Sud, mentre per i ricoveri in regime di Day Hospital i dati risultano pari a 557,42 per 10.000 fra gli uomini e 591,14 per 10.000 fra le donne. Cifre che consentono, almeno in questo un dato buono, di esprimere un giudizio largamente positivo sul Sistema Sanitario Nazionale (oltre il 43%). 
 
“I dati emersi dalla III Edizione del Libro Bianco – dichiara Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio Nazionale per la Salute della Donna (ONDA) – hanno messo in evidenza che l’aspettativa di vita delle donne è aumentata negli ultimi 4 anni con un trend inferiore rispetto al passato (solo di 0,3 anni), con una prospettiva del 63% di trascorrere in buona salute i 20 anni di media che le restano dopo i 65 anni. Tuttavia nonostante siano chiari i bisogni di salute della donna, molto poco è stato fatto in questa direzione nell’ultimo ventennio. Mancano ancora sul territorio strutture in grado di rispondere efficacemente e sconfiggere sul nascere malattie tipicamente femminili o di attuare terapie di ‘genere’”.
“Nonostante le innumerevoli richieste e le necessità per soddisfare l’ampio bacino di popolazione sempre più anziana – continua Roberta Siliquini, professore ordinario di Igiene all’Università di Torino e membro dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane diretto dal prof. Walter Ricciardi – in linea generale emerge fra gli Italiani un generale apprezzamento verso il nostro SSN e l’adeguatezza delle prestazioni offerte. Si dichiara infatti soddisfatta quasi la metà della popolazione (uomini 43,5% e donne 43,2%) con un ulteriore miglioramento nell’indice di gradimento dei servizi (‘molto soddisfatto’), tra la popolazione di età compresa fra i 40 e i 64 anni e gli over sessantacinque, con punte di 5,8 punti percentuale negli uomini e di 5,5 punti percentuale nelle donne. Soddisfacimento maggiormente percepibile al Nord, con valori superiori alla media nazionale, rispetto al Sud e con posizioni e opinioni più moderate al Centro”.
 
 
Donne, infarti e ictus, in 20 anni +15% di decessi 130 mila casi, più del triplo del tumore al seno
 
Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi una tra le principali cause di morte e di invalidità nell'Unione Europea e nei Paesi più industrializzati sia per la loro diffusione, in continua crescita, che per la mortalità ad esse associata, anche fra le donne. È questo l’aspetto di maggior rilievo emerso dall’indagine riportata nella III edizione del Libro Bianco sulla salute della Donna, presentato oggi a Roma, che porta a considerare le malattie cerebrovascolari non più a esclusivo appannaggio del sesso maschile. Recenti studi condotti fra la popolazione femminile attestano infatti in Italia ogni anno 130.000 decessi, di cui 33.000 per infarto del miocardio, arrivando così a numeri pari a più del triplo per il tumore della mammella. In generale aumento mortalità femminile per malattie ischemiche del cuore pari a 8,56 per 10.000 con una punta di 92,56 nella classe di età 75 anni ed oltre.
 
“La vita sempre più sedentaria –dichiara Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio sulla Salute della Donna (ONDa) –l’alimentazione eccessiva rispetto al reale fabbisogno e sempre più lontana da quella mediterranea, stanno portando anche fra le donne ad un aumento delle malattie cardiovascolari.A ciò si aggiunga il fatto che per questioni di cultura e per la propensione al ruolo di ‘care giver’ nei confronti della famiglia, la donna tende a minimizzare i problemi di salute con il risultato che solo una su tre si sottopone a un controllo annuale cardiocircolatorio, anche nel periodo della menopausa, quello più critico in cui aumentano notevolmente i rischi per il cuore. I dati emersi dalla III Edizione del Libro Bianco per ciò che concerne le malattie ischemiche – aggiunge Francesca Merzagora –non sono confortanti con tassi di mortalità in continua crescita che, già preoccupanti a livello nazionale, diventano ancora più drammatici se si analizzano per le singole regioni. Si fa dunque sempre più evidente la necessità di misure adeguate che agiscano non solo sul fronte terapeutico, ma anche su quello preventivo”.
 “Tuttavia oltre a fattori esterni – continua Roberta Siliquini, professore ordinario di Igiene all’Università di Torino e membro dell’ dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane diretto dal Prof. Walter Ricciardi – è importante considerare anche quei fattori non modificabili, quali ad esempio l’età. Per la donna la menopausa è il momento di maggior criticità che va aumentando con l’avanzare dell’età; analizzando la mortalità per malattie ischemiche del cuore si osserva, infatti, fra le donne più anziane un tasso di decessi addirittura 144 volte più alto rispetto a quello delle più giovani (rispettivamente 92,56 e 0,64 decessi per 10.000). Dati, questi, che dimostrano che le donne sono svantaggiate nella salute poiché il tasso standardizzato di mortalità per tumore e per malattie del sistema circolatorio, vale a dire le patologie killer dei nostri tempi, per quanto in riduzione negli ultimi anni, vede ancora il genere femminile in difetto dal momento che l’andamento mostra una riduzione molto più forte per il genere maschile. Mi auguro che in tema di controllo della mortalità possa giungere un aiuto dall’Osservatorio del Rischio Cardiovascolare, nato dalla collaborazione tra l’Istituto Superiore di Sanità e il Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia nord-orientale, la cui ambizione è diventare nel tempo lo strumento di monitoraggio e prevenzione della malattie cardiovascolari”.
 
 
Salute femminile, aspettativa di vita ‘rallentata’ allarme per alcol, infarti, ictus e depressione
 
Segna il passo e cresce solo di poco l’aspettativa di vita per le donne italiane, con un aumento negli ultimi 4 anni di soli 0,3 anni (da 84,0 anni nel 2007 a 84,1 anni nel 2009, 84,3 nel 2010), contro lo 0,4 anni per l’uomo nel medesimo arco di tempo (da 78,7 anni nel 2007 a 78,8 anni nel 2009, 79,1 nel 2010). Un dato che si potrebbe considerare fisiologico dopo la grande crescita di questi ultimi 20 anni, ma certo la crisi economica e sociale costringe le donne a spostare le priorità verso altre problematiche, aumentando la disattenzione verso fattori di rischio tipicamente maschili, quali l’abitudine al fumo, aumentato di mezzo punto percentuale nella popolazione femminile, e all’alcool, con sempre più donne che consumano oltre 6 bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione. La generale diminuzione nell’assunzione di alcol che si registra dal 2006 è tutta a favore degli uomini (-0,8 % fra le donne e -4,9 % nei maschi). In generale è scarsa anche l’attenzione alle problematiche femminili da parte delle Istituzioni: ancora troppi sul territorio i punti nascita sprovvisti di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale (presenti in 125 dei 551 monitorati) e che realizzano meno di 500 parti l’anno, portando per esempio i parti cesarei a percentuali elevatissime rispetto al resto d’Europa, o rendendo impossibile l’utilizzo della analgesia epidurale; non sempre disponibili farmaci di ‘genere’, nonostante siano le donne le maggiori fruitrici di terapie mediche. Studi mirati sulla popolazione femminile confermano infatti che il consumo di farmaci comuni è superiore del 20-30% fra le donne rispetto all’uomo e del 40% per gli integratori. In aumento le malattie prima appannaggio esclusivo del sesso maschile, in particolare quelle cerebrovascolari, che in Italia, secondo le ultime stime statistiche riportate in studi di settore, registrano fra la popolazione femminile circa 130 mila decessi annui con valori ormai tripli rispetto al tumore della mammella. In crescita anche le malattie psichiatriche, mentre è in leggero calo il numero dei suicidi. Ancora limitata l’informazione e la sensibilizzazione alle diverse problematiche di salute femminile. Tagli nel sistema di welfare e nei bilanci familiari rischiano, dunque, di vanificare i traguardi (e benefici) raggiunti nell’arco di trent’anni nello stato di salute delle donne. È questa l’immagine emersa dalla III Edizione del Libro Bianco, presentata oggi a Roma da alcune fra le massime autorità in tema di salute femminile e della ricerca medico scientifica.
 
“Le donne – dichiara Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (ONDa) – sono gli indicatori più attendibili dei bisogni della società: nei luoghi di lavoro, in famiglia, nel volontariato, nella società civile, nelle istituzioni. Proprio per la peculiarità ed il ruolo che ricopre nella società, occorre prestare alla donna una maggiore attenzione ed una specificità di tutela, anche e soprattutto in tema di salute. Troppo spesso, invece, la medicina ha avuto un atteggiamento di indifferenza nei confronti della sfera femminile e non ha saputo valorizzare la figura della donna lasciandola sola di fronte ad alcune patologie di genere. Per ricostruire e migliorare il tessuto sociale e sanitario italiano – continua Francesca Merzagora – occorre dunque rivolgere un’attenzione specifica, non solo sanitaria, ma anche sociale, culturale, lavorativa, alla donna con il coinvolgimento di Istituzioni, Asl, Regioni e Associazioni da sempre attente al benessere e alla salute”.
“La pubblicazione del Libro Bianco – afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria – è un’occasione importante per concentrarsi specificamente sulle esigenze, anche terapeutiche, di tutte le donne. Considerando poi che la loro aspettativa di vita è ormai di oltre 84 anni, le imprese del farmaco si trovano ad affrontare una “sfida nella sfida”: garantire trattamenti adeguati alle loro necessità quando sono in età avanzata. Sono più di 1.000 i farmaci in sviluppo nel mondo per malattie che colpiscono l’universo femminile. L’industria farmaceutica offre il proprio contributo non solo attraverso medicinali innovativi, ma anche diffondendo la consapevolezza delle caratteristiche di genere. Non a caso Farmindustria è da anni al fianco di O.N.Da perché il principio dell’appropriatezza delle cure non vuole essere uno slogan, ma un criterio che ispiri istituzioni, imprese, centri di eccellenza, medici, società scientifiche e associazioni dei pazienti”.
“Un rallentamento verso il miglioramento della salute femminile – commenta Emanuela Baio, capogruppo API in commissione Igiene e Sanità al Senato – è ciò che emerge da questa edizione del Libro Bianco. Le donne necessitano invece di un’attenzione maggiore da parte della sanità. Lo dimostra il fatto che in Italia su 551 punti nascita, solo 125 sono provvisti di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale. Peccato che già con la Legge Finanziaria 2008 avevamo stanziato 7 milioni di euro per potenziare le unità di terapia intensiva neonatale. Un successo che non ha visto i suoi frutti nella pratica sanitaria. Solo un’efficace e attenta politica di prevenzione, di accesso alle cure e adeguati strumenti e terapie, possono garantire alle donne un deciso cambio di marcia, verso una concreta tutela della loro salute. Allo stesso modo Istituzioni e associazioni devono lavorare in maniera sinergica affinchè di fronte ad alcune patologie di genere le donne non si sentano mai più sole”.
“Anche per questo – aggiunge l’on. Sabrina De Camillis, responsabile dell’Intergruppo Parlamentare Medicina di Genere – ho ritenuto utile costituire questo ‘Intergruppo’ cui hanno già aderito oltre settanta tra deputati e senatori dei diversi gruppi politici. Una decisione derivata dalla constatazione che, nonostante le diverse iniziative esistenti sul territorio nazionale rivolte alla medicina di genere, non si riescono a fare concreti passi in avanti. Tuttavia è bene segnalare che il Parlamento ha recentemente approvato un provvedimento normativo in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, in cui per la prima volta si inserisce in un testo di legge il tema della medicina di genere, chiarendo che la sperimentazione clinica va condotta su volontari equamente ripartiti tra i due generi.
 
 
Accesso e percezione del servizio sanitario nazionale
 
Il prolungamento della vita media, l’invecchiamento della popolazione, il conseguente aumento delle patologie cronico-degenerative e l’indebolimento del ruolo della famiglia nella gestione dell’anziano, stanno rendendo necessario lo sviluppo di una rete integrata di nuovi servizi e percorsi socio-assistenziali idonei a soddisfare i bisogni di salute emergenti.
 
Chi ne usufruisce
Secondo gli ultimi dati disponibili (2006), sia regionali che nazionali le donne risultano le principali fruitici dei servizi socio-assistenziali (ricoveri per anziani) con un tasso pari a più del doppio rispetto agli uomini: 25,82 per 1.000 vs 11,11 per 1.000. La ragione va ricercata soprattutto nella maggiore longevità della donna e in fattori di ordine culturale. Tuttavia, a livello regionale, si osserva un marcato gradiente tra Nord che presenta tassi di ospiti anziani al di sopra della media nazionale e Sud in cui la situazione è all’opposto.
 
Consumo dei farmaci
Recenti studi dimostrano che sono le donne le principali consumatrici di farmaci con un consumo pari al 20-30% in più rispetto agli uomini (e il 40% in più di integratori alimentari) soprattutto nelle fasce di età tra i 15 e i 54 anni. Inoltre il quadro demografico in continuo invecchiamento ha fatto sì che negli ultimi 10 anni il consumo dei farmaci si sia incrementato con una aumentata richiesta di farmaci per il trattamento di patologie dell’apparato cardiovascolare, gastrointestinale e/o oncologiche. Nel 2009 il consumo di farmaci ha interessato il 39,91% della popolazione, confermando il trend di crescita dal 2000.
 
Ospedalizzazione
Nel 2008 il tasso di dimissioni ospedaliere per acuti in regime di ricovero ordinario risulta sovrapponibile tra uomini e donne con un valore nazionale di 1.251,20 (per 10.000) per il genere maschile e di 1.245,59 (per 10.000) per il genere femminile, i cui valori massimi per entrambi i sessi si registrano nelle regioni del Sud. Una situazione speculare si verifica anche per i ricoveri in regime di Day Hospital, con le regioni del Sud che presentano valori tendenzialmente più elevati della media nazionale: uomini 557,42 per 10.000 e donne 591,14 per 10.000. Da notare invece che tra la popolazione femminile si registra un tasso di ospedalizzazione in regime ordinario in costante diminuzione dal 2000 a differenza dei ricoveri in Day Hospital che hanno avuto un trend di crescita fino al 2006 per poi diminuire gradatamente a partire dal 2007.
 
Percezione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)
In entrambi i sessi non si rilevano grosse divergenze in relazione al grado di soddisfazione verso il SSN, come dimostrano i dati sulla qualità percepita. Si dichiarano insoddisfatti: ambedue i generi: 17,2%; soddisfatti: uomini 43,5% e donne 43,2%;  molto soddisfatti: uomini 34,1% - donne 34,0%. Con l’avanzare degli anni cresce il numero di persone che si ritiene ‘molto soddisfatta’ (considerando le classi 40-64 anni e 65 ed oltre) di 5,8 punti percentuale negli uomini e di 5,5 punti percentuale nelle donne. In relazione al grado di maggior soddisfazione degli utenti nell’uso dei servizi sanitari si osserva una disomogeneità tra il Nord, con valori superiori alla media nazionale, ed il Sud. Una situazione intermedia la si registra invece al Centro.
 
 

 

 

 

 

 

Malattie cardio e cerebrovascolari
 
Incidenza
Le malattie del sistema cardio-circolatorio rappresentano la causa principali di morte in Italia, con una percentuale di decessi pari al 39% di cui il 24% causato da malattie ischemiche del cuore e da malattie cerebrovascolari.
 
Cause di sviluppo
I principali fattori di rischio sono rappresentati da età, familiarità e genere a cui si aggiungono fumo, obesità, diabete e ipertensione. Su questi ultimi fattori è possibile agire attraverso l’adozione di comportamenti e stili di vita più corretti o l’uso di farmaci.
 
Soggetti a rischio
Sono maggiormente a rischio per lo sviluppo di patologie cardio- e cerebrovascolari gli uomini, ma nelle donne il rischio aumenta dopo la menopausa. Sono tuttavia queste ultime a sottovalutare spesso il problema: infatti, studi recenti confermano che le malattie cardiache e l’ictus cerebrale rappresentano la principale causa di morte e invalidità nel mondo occidentale non soltanto per gli uomini ma anche per le donne. In Italia infatti fra la popolazione femminile si registrano ogni anno 130.000 decessi per malattie cardiovascolari. Di questi 33.000 per infarto del miocardio, arrivando così al triplo dei decessi causati dal tumore della mammella. Secondo le ultime stime più del 46% annuo (un dato tuttavia in costante crescita) delle morti fra la popolazione femminile avviene in conseguenza di una malattia cardiovascolare.
 
Ospedalizzazione
Nel 2008 si sono registrate marcate differenze di genere per le malattie ischemiche con tassi di ospedalizzazione più che doppi negli uomini rispetto alle donne, con maggior prevalenza al Sud. Stessa situazione la si rileva per le malattie cerebrovascolari, per le quali sempre nel 2008, si sono avuti tassi di ospedalizzazione per gli uomini superiori di quasi il 39% rispetto alle donne. I tassi per entrambe le patologie sono comunque in diminuzione rispetto al 2007.
 
Mortalita’
Le malattie ischemiche del cuore rappresentano la prima causa di morte in Italia. Nel 2007 si sono registrati decessi per l’uomo pari a 15,04 (per 10.000), quasi il doppio rispetto a quello delle donne (8,56 per 10.000) i cui valori massimi per entrambi i generi si sono registrati al Sud (Campania).
Analizzando la mortalità per classi di età si osserva negli uomini di 75 anni e oltre, un tasso maggiore di 34 volte rispetto alla classe di età più giovane (45-54 anni) con rispettivamente 119,10 e 3,41 decessi (per 10.000). Fra le donne più anziane il tasso di mortalità risulta addirittura 144 volte più alto rispetto a quello delle più giovani (rispettivamente 92,56 e 0,64 decessi per 10.000), a dimostrazione di come per il genere femminile l’effetto dell’età sia più rilevante che negli uomini.
 
nell’ultimo ventennio…
…a differenza di quanto avveniva negli anni Novanta del Novecento, il rischio di morte prematura per malattie cardiovascolari è molto inferiore, mentre è aumentato il numero di anziani che muoiono per questo tipo di patologie, in particolare le donne. Le stime rilevati da alcuni studi recentemente condotti parlano chiaro. mentre il tasso dei decessi nella popolazione maschile è in costante diminuzione (da 143,7 a 140,5 per cardiopatia ischemica ogni 100.000 abitanti dal 1990 al 2002), nella popolazione femminile il tasso dei decessi è aumentato passando da 106,9 a 121,5 ogni 100.000 abitanti (+14,6%), in ragione del fatto che la donna vive in media sei anni in più dell’uomo.
 
Il nemico della donna
La menopausa è il nemico principale per il cuore della donna. Infatti durante l’età fertile, l’organismo femminile è protetto dagli estrogeni, gli ormoni che agiscono sull’endotelio (il tessuto che riveste la parete interna dei vasi sanguigni e del cuore) favorendo il rilascio di sostanze che stimolano la dilatazione dei vasi. Con l’arrivo della menopausa e il calo improvviso nella produzione di estrogeni, l’organismo femminile si trova impreparato a fronteggiare le malattie cardiovascolari, in particolare l’infarto. Numerosi studi riportano che in menopausa, la donna è improvvisamente esposta a tutti i fattori di rischio, sia genetici se nella famiglia esistono casi di malattie coronariche, sia esterni legati a fumo, scarsa attività fisica e cattiva alimentazione.
 
Fattori di rischio di genere
Nella donna esiste una forte associazione tra ipertensione arteriosa, coronaropatia e morte precoce. Il legame che unisce menopausa e ipertensione non è ancora del tutto chiaro, ma si ritiene che possano giocare un ruolo importante sia il deficit di estrogeni, che aumenta la rigidità delle arterie, sia l’aumento di peso che si accompagna spesso alla menopausa e si associa a una maggiore produzione di insulina da parte del pancreas, sia infine l’aumento dell’emoglobina nel sangue dovuto alla cessazione del flusso ormonale. Inoltre, fonti autorevoli attestano che non è sottovalutare il diabete che aumenta il rischio di mortalità coronarica di 3-7 volte rispetto a donne non diabetiche.
 
L’Osservatorio del rischio cardiovascolare
L’Osservatorio del Rischio Cardiovascolare nasce dalla collaborazione tra l’Istituto Superiore di Sanità e il Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia nord-Orientale. Esso ha l’ambizione di diventare nel tempo lo strumento di monitoraggio e prevenzione della malattie cardiovascolari.
I dati, per classe di rischio cardiovascolare e genere, rivelano che la maggior parte degli uomini (56,7%) è a rischio ‘moderato’ (rischio cardiovascolare a 10 anni tra 3-19%), mentre la maggior parte delle donne sono a rischio ‘basso’ (rischio cardiovascolare a 10 anni <3%).
Solo lo 0,4% delle donne, circa 54.000 nella popolazione di età tra 35-69 anni, è a rischio ‘alto’ rispetto all’8% degli uomini (circa 1.200) nella medesima fascia di età (rischio cardiovascolare a 10 anni >20%).
Se si considerano gli eventi attesi per rischio cardiovascolare in 10 anni su 100 persone per classe di età e genere, si evidenzia che il rischio cardiovascolare a 10 anni risulta pari al 2,9% nelle donne e a 7,6% negli uomini. Evidente è il trend di aumento del rischio con l’età in entrambi i generi.
 
 
 
 
 
Salute mentale e dipendenze
 
disturbi psichici: che cosa sono
Appartengono ai disturbi psichici le psicosi, le nevrosi, i disturbi della personalità ed altre patologie correlate anche all’abuso di sostanze.
 
Soggetti maggiormente a rischio
A differenze dai maschi, le femmine sono più predisposte ad ansia, depressione e obesità. In particolare nella donne i disturbi psichici sono spesso associati alla sfera riproduttiva (gravidanza, puerperio e menopausa) a cui si aggiunge l’assunzione di ruoli di responsabilità in ambito lavorativo e familiare. Nonostante questo, si riscontra da parte della donna un minor ricorso alla strutture socio-sanitarie dovuto, in parte anche a fattori socio-culturali.
 
Ospedalizzazione
Nel 2008 si è registrato un tasso standardizzato di ospedalizzazione per disturbi psichiatrici con un valore nazionale di 45,81 (per 10.000) per gli uomini e di 43,11 (per 10.000) per le donne, ma comunque con una generale tendenza a partire dal 2003 alla riduzione dei ricoveri sia per gli uni che per le altre (rispettivamente -5,4% e -6,5%).
Nel 2007 va registrata una maggiore ospedalizzazione per disturbi psichici da abuso di droghe negli uomini, sia a livello nazionale (uomini 1,38 per 10.000 vs donne 0,85 per 10.000) che regionale, specie in età compresa tra i 25 e i 54 anni.
 
Mortalità
Nel 2007 la mortalità per disturbi psichici, che interessava principalmente la fascia dei 75 anni e oltre, presentava valori sostanzialmente sovrapponibili tra uomini e donne, pari rispettivamente a 1,33 (per 10.000) e 1,37 (per 10.000). Nell’arco temporale 2000-2007 è stato possibile osservare una generale riduzione dei tassi per entrambi i generi fatta eccezione per alcune regioni (Trentino-Alto Adige).
Il suicidio è il risultato dell’interazione di molteplici fattori di rischio psicologici, biologici e sociali. Tra i principali determinanti vi è la presenza di disturbi mentali, cui è associato un rischio di suicidio maggiore rispetto ad altre patologie, ma su di esso interferiscono anche fattori familiari, genetici ed ambientali, eventi psicosociali (lutto), le malattie fisiche (tumori, AIDS) e l’assunzione cronica di alcol e droghe. 
Nel 2007 a livello nazionale sono stati osservati tassi standardizzati di mortalità per suicidio ed autolesione pari a 1,00 (per 10.000) per il genere maschile ed a 0,26 (per 10.000) per il genere femminile. Rispetto al 2000 si può notare un trend positivo della mortalità con una riduzione dei tassi per entrambi i generi, in particolare quello femminile (-23,5 per 10.000 vs -14,56 per 10.000). Per il genere femminile i tassi specifici aumentano con il progredire dell’età, raggiungendo valori più elevati tra i 75 anni ed oltre (0,48 per 10.000).
 
 
 
 
 
 
 
 
Salute materno infantile
 
Secondo il DM 24 aprile 2000, ‘Adozione del Progetto Obiettivo Materno-Infantile relativo al Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998-2000’, i punti nascita di I livello dovrebbero effettuare almeno 500 parti annui, 800 quelli di II livello ed almeno 1.000 quelli di III. Tuttavia…
 
A livello regionale…
…esistono delle notevoli differenze nell’offerta dei punti nascita, registrando ad esempio nel 2008 1.230 parti in Valle d’Aosta contro i 98.392 della Lombardia. Dunque in termini percentuali si evidenzia che circa il 9% dei parti sono avvenuti in punti nascita con meno di 500 parti annui, un volume ritenuto non soddisfacente a garantire uno standard qualitativo accettabile. È da rilevare un forte gradiente fra Nord e Sud, con percentuali in meridione nettamente superiori alla media nazionale (in particolare in Molise e Basilicata), per la classe di parti inferiori a 500, mentre circa l’80% di essi sono eseguiti in strutture con classi di ampiezza superiore agli 800 parti e di questi il 66,7% effettuato in punti nascita con più di 1.000 parti.
 
Parti con taglio cesareo
In molti Paesi Occidentali si ricorre sempre più al parto con taglio cesareo. In Italia il loro numero supera il 30% del totale dei parti un valore ampiamente eccedente il 10-15%, quale soglia raccomandata dall’OMS.
 
I  dati
Nel 2008 a livello nazionale la percentuale di tagli cesarei sul totale dei parti è risultata pari a 39,19% con un lieve decremento rispetto al 2007 (39,29%) e una notevole variabilità a livello regionale, con valori tendenzialmente più alti nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord. Nella maggior parte delle regioni, si ha una diminuzione della proporzione di tagli cesarei primari ed un aumento (costante dal 2005) di quelli ripetuti. Nel 2008, sia per i tagli cesarei che per quelli ripetuti, il primato in negativo lo detiene la Campania, mentre la provincia autonoma di Trento si qualifica come quella  più virtuosa con i valori più bassi di tagli cesarei primari ed il Friuli Venezia Giulia per i tagli cesarei ripetuti.
 
Unita’ Operative di Terapia Intensiva Neonatale presenti nei punti nascita
Sempre secondo il DM 24 aprile 2000, per garantire dei buoni standard qualitativi alla donna e al bambino occorrerebbe che ogni struttura effettuasse almeno 1.000 parti annui e disponesse di una Unità di Neonatologia con Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale Autonoma (UOTIN), ciascuna efficace ed efficiente per un bacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.
 
I dati
125 UOTIN erano presenti nel 2008 nei 551 punti nascita sul territorio e di esse solo 100 collocate in strutture in cui venivano eseguiti almeno 1.000 parti all’anno. Le restanti 25 UOTIN erano all’interno di punti nascita con meno di 1.000 parti annui. Tutto ciò a detrimento di una assistenza qualitativamente adeguata ai neonati ad alto rischio di vita e di un impiego appropriato di risorse specialistiche e tecnologiche.

29 settembre 2011
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