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Martedì 16 APRILE 2024
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ll confronto con i manager delle Aziende sanitarie


18 DIC - Marinella D'innocenzo – Direttore generale ASL Rieti
Per governare gli effetti dell’imprevedibilità e dell'incertezza del COVID, i processi e le situazioni nuove abbiamo dovuto operare in velocità e complessità, flessibilità, prendere tutte le variabili in gioco e trovare le soluzioni. Su alcuni aspetti dobbiamo guardare e cambiare i processi, come ad esempio il territorio che ha una necessità di personale e organizzazione completamente diversa. C'è bisogno di approcciare con un paradigma diverso. Il COVID ha messo in evidenza aspetti da innovare negli acquisti e nell’approvvigionamento. Anche se siamo stati in grado di fare un upgrade eccezionale sulle competenze, le Aziende hanno dimostrato operatività e capacità di integrazione.
 
Il legislatore, rispetto alle deroghe, ha compreso che c'era la necessità di semplificare, di velocizzare per dare risposte ad un settore che vale 30 miliardi di euro, uno strumento adatto ad assicurare continuità di prodotti e tecnologie
 
Questo shock-Covid ha evidenziato che la funzione acquisti va considerata strategica e non solo operativa che deve dare risposte rapide e flessibili e per questo è necessario sburocratizzare la macchina. A marzo, in piena pandemia, non potevamo rimanere ancorati a strumenti buoni ma con vincoli formali poco flessibili alle necessità della realtà.
 
Un altro aspetto determinante è quello delle competenze. E’ vero che abbiamo avuto capacità di cambiare ma va fatto un investimento formativo sulle competenze di questo settore a proposito di tutta la filiera: come, cosa , quando acquistare fa la differenza in queste situazioni.
 
Bisogna smettere di avere un approccio “matrigno” sanzionando invece di incentivare. Va sanzionata, invece, l'amministrazione inerte che non si assume responsabilità.
 
Superare il sistema degli acquisti sull’ordinario e focalizzarsi invece sulla filiera, uscire dalla logica del risparmio a breve termine, figlio di una spending review estrema.
 
Sviluppare la capacità di vedere integrata la programmazione che ha bisogno dell’innovazione pensando a tutto il ciclo di vita, al costo totale. Per questo c'è bisogno di una riforma culturale, non solo anticorruzione e aspetti di legittimità ma innovatività e investimenti. Una riforma culturale legata alle esperienze per garantire anche innovazione e trasparenza. Come sanità abbiamo dimostrato tanta resilienza ma abbiamo bisogno di fare sistema anche tra direzioni generali.
 
Gennaro Sosto – Direttore generale ASL Napoli 3 Sud
Nella prima fase del COVID le direzioni generali si sono trovate in difficoltà, di fronte a situazioni impreviste come l'acquisizione dei device con numeri e velocità fino a quel momento impensabili. L’aiuto è arrivato da procedure derogatorie poiché l' urgenza di garantire salute deve cedere il passo alle regole e alle tempistiche usuali.
 
A marzo, di fronte alle grandi difficoltà, l'Unione europea diceva di ridurre i tempi accelerando il sopra soglia e se non fosse stato sufficiente di andare oltre privilegiando i soggetti in grado di consegnare con urgenza quanto necessario.
 
Il legislatore italiano ha consentito di fare altro. Bisogna ricordare che a marzo ed aprile la difficolta di reperire dispositivi e apparecchiature aumentava impiegando una procedura e negoziati che rischiavano di essere completati quando la fornitura era stata ceduta dall’operatore ad altri.
 
La UE specificava che l'aggiudicazione diretta rimaneva un’eccezione dettata dall’emergenza. Lo Stato italiano ha previsto, invece, l'affidamento diretto a 75.000 € per servizi e forniture. Purtroppo questa modalità ha messo in moto un meccanismo perverso per accaparrarsi le forniture in maniera urgente ma con il rischio di doverle reiterare costantemente senza rotazione degli operatori. Il paradosso è stato che l'Unione europea dà la possibilità di un affidamento diretto sopra soglia mentre il normatore italiano dà la possibilità del sotto-soglia frazionato a 75.000 € e questo anche perché la possibilità di fare procedure negoziate prevede una certa temporalità per espletare le fasi previste che, anche nei casi più veloci arriva a 15 giorni.
 
Altra notazione riguarda gli strumenti forniti al livello centrale, come l'Accordo quadro. L'esperienza personale è stata quella di un unico contraente per il potenziamento delle terapie intensive. Una procedura che ancora si deve concludere e che, alla domanda sull’attivazione delle stesse, risponde con gli otto mesi previsti dall’Accordo ovvero con una tempistica forse inutile rispetto alle necessità. Di fatto le direzioni generali vengono lasciate sole e sanzionate se i tempi non vengono rispettati ma poi si è deciso di non adottare modalità più adeguate che venivano consigliate a livello europeo.
 
Maria Capalbo – Direttore generale, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord
Con il COVID si sono garantite le urgenze, non i LEA. Sono state modificate le procedure di reclutamento del personale, sono stati presi specializzandi e personale in quiescenza. In particolare, per gli specializzandi è stato possibile grazie ad una convenzione con l’Università. A tale proposito occorre ripartire dalle scuole universitarie per verifica la rete formativa.
 
Le norme derogatorie per loro natura non possono essere mantenute, eppure occorre pensare ad un modo perché siano riscritte e coniugate alla programmazione.
 
Il COVID ha rappresentato un elemento negativo ma ha costretto ad innescare una serie di cambiamenti che vanno cavalcati.
 
Fabrizio D’Alba Dg AO San Camillo Forlanini di Roma
Valorizzare il ruolo delle figure professionali che lavorano nelle locazioni periferiche o disagiate. E’ evidente che il centro sia un luogo più appetibile e nel quale si riescono a sviluppare maggiormente le capacità professionali. Occorre dare le stesse possibilità e opportunità anche a coloro che per territoialità o per necessità, si trovano a operare in contesti periferici. E’ necessario quindi offrire le stese opportunità di partecipare alla vita aziendale e coinvolgimento nelle scelte di politiche aziendali. E’ compito del legislatore provvedere all’introduzione di indennità economiche adeguate e dare valore a chi sceglie di lavorare in aree disagiate.
 
Joseph Polimeni Dg ASFO FVG
Il periodo Covid ci ha costretto a ricorrere, in modo molto rapido, ai fondi statali per 1milione 400 mila euro ma, anche alle risorse aggiuntive regionali (RAR). Ci siamo trovati a dover remunerare le figure professionali che maggiormente si sono esposte all’emergenza (aree assimilabili alle malattie infettive).
 
Oltre alla componente sanitaria, abbiamo anche concesso una remunerazione maggiore al personale tecnico e a quello amministrativo che, pur non in reparto, non si è tirato indietro assumendo decisioni complesse e rapide per le quali non si esclude che possano essere oggetto di controlli da parte della Corte dei Conti. Risorse che non sempre sono state sufficienti ed è per questo che abbiamo dovuto fare ricorso alle RAR, che di solito sono destinate al finanziamento di progetti di sviluppo interno per poter dare una corretta e legittima remunerazione al personale. Mi chiedo come potremo fare in questa seconda ondata visto l’aumento eonrme di ricoveri ma soprattutto di contagi che si sono diffusi sul territorio ma che hanno falcidiato anche il personale sanitario.
 
Giuseppe Tonutti – Direttore generale, Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute FVG
Il COVID ha messo in luce i limiti delle nostre Aziende. Il personale in diversi casi era sufficiente per quallo che si faceva ma la pandemia ha stravolto tutto. Così le competenze professionali (anestesisti e pneumologi) e la distribuzione del personale. Il personale dei Dipartimenti di prevenzione, già ridotto, si è trovato spiazzato rispetto alle attività quotidiane quali le vaccinazioni e gli screening.
 
Eravamo abituati a fare di più con meno risorse ma con la pandemia questo efficientismo si è ritorto contro perché alla riduzione dei letti non è stato possibile applicare una compensazione.
 
La ripartenza dovrà tenere conto di filoni da mettere in sicurezza: la prevenzione, le cronicità e l’oncologia e pensare i posti letto in modalità “espandibile”, con letti di cure intermedie sul territorio. Così, per il personale, immaginare intercambiabilità cambiando i contratti e prevedendo un mese all’anno in rotazione in altro reparto.
 
Ragionare poi sugli specializzandi, sulla durata della specializzazione e sulla possibilità di farli già lavorare negli ultimi due anni; occorre, poi, guardare a tutte le figure del convenzionato presenti sul territorio per analizzare cosa fanno e cosa effettivamente potrebbero fare; ragionare, infine sulle retribuzioni: pagare meglio i professionisti per evitare che i migliori vadano nel privato.
 
Antonio D’Urso - DG AUSL Sud Est Toscana
La figura infermiere di famiglia e di comunità è stata attivata sul nostro territorio. Cosa è cambiato a causa del covid nell’azienda toscana sud est?
 
E’ cambiato il ruolo del dg che ha dovuto adottare uno stile meno democratico e più imperativo, ha esplicitato indirizzi, obiettivi, tempi e modi chiari, ha definito la catena di comando attraverso l’ampio ricorso alla delega al middle management per gli aspetti operativi. Ed è dunque cambiato anche il ruolo del middle management che ha subito un disorientamento per la delega inaspettata, ha faticato a reggere la pressione, ha avuto difficoltà per ridarsi forma e autonomia. Ma ha dimostrato attaccamento al lavoro, capacità di gestire il gruppo a distanza e di leggere i sistemi di monitoraggio e reportistica di dettaglio.
 
Dunque l’innovazione e cambiamento al tempo della pandemia porta il territorio ad una svolta? Occorre riassettare le catene di comando; tornare ad una organizzazione a canne d’organo e rafforzare i meccanismi di assistenza territoriale
 
 
Antonio Poggiana - DG Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina
Finchè non è arrivata la prima ondata non abbiamo capito le debolezze: paese più anziano del mondo e tecnologie degli anni 80. Abbiamo trascurato nella prima fase l’assistenza territoriale e le cure primarie. La figura del medico di struttura è mancata e un ruolo fondamentale lo hanno svolto gli USCA che hanno dovuto vicariare: hanno fornito attività di continuità assistenziale di intercettazione e gestione di persone COVID a domicilio e nelle strutture residenziali per anziani e disabili.
 
Dunque al ritorno alla normalità saremo in grado di rimodulare l’assistenza nel medio-lungo termine? Quali operazioni adesso che siano utili per il futuro?
 
E’ necessaria una nuova e importante riforma del sistema sanitario nazionale volta alla reingegnerizzazione dei processi, innovation managers; cure fuori dall’ospedale, spazi intermedi, domiciliari, cure personalizzate, strutture flessibili, convertibili, adattabili ma anche sistemi informativi che si integrano e che si parlano. Dunque una riforma della governance non solo strategica ma anche operativa ed organizzativa, un modello diverso di ospedale, un percorso formativo diverso per le figure infiermeristiche che si farà carico del paziente
 
Domenico Scibetta - DG ULSS 6 Euganea
Quale ruolo per l’infermiere di comunità? Figura che in pochi decenni si è evoluta conquistando compiti e funzioni autonome e ben distinte dalle altre professioni sanitarie. Compiti anche di pianificazione e valutazione per la presa in carico del paziente. Figura di assistenza in ospedale ma anche in distretto e a domicilio.
 
Figura bensì non del tutto nuova, le prime sperimentazioni nel nostro paese risalgono alla fine degli anni 90 ma sperimentazioni piu sistematiche nell’utilizzo dell’infermiere di famiglia sono state attivate solo a partire dal 2015 da alcune Regioni, duqneu diversi anni dopo. Figura dunque di riferimento con compiti e mansioni quali: rispondere ai bisogni di uno specifico territorio di riferimento, monitorare percorsi di presa in carico e continuità assistenziale, favorire l’integrazione sociale e sanitaria, fornire prestazioni dirette sulle persone se necessario. Non è una figura alle dipendenze del MMG, non agisce secondo una logica di prestazione sanitaria, non si sovrappone all’assistenza domiciliare; non è un super infermiere tuttologo, non è un tappabuchi sostitutivo in caso di carenze dei servizi territoriali.

18 dicembre 2020
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