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COLECISTECTOMIE LAPAROSCOPICHE. Disomogenità totale nei tempi di ricovero


03 OTT - L’intervento di colecistectomia può essere effettuato in laparoscopia o a cielo aperto (laparotomia), ma nei casi non complicati è la colecistectomia per via laparoscopica ad essere considerata il “gold standard”. Non c’è, comunque, una significativa differenza in mortalità o complicanze tra tecnica laparoscopica e laparotomica. La prima è tuttavia associata a una degenza ospedaliera e a una convalescenza significativamente più brevi rispetto al classico intervento a cielo aperto. La “Degenza post-operatoria entro 3 giorni” è un indicatore corretto per verificare la buona performance delle strutture. Essendo calcolati sulla base delle informazioni desunte dalla scheda di dimissione ospedaliera in cui solo raramente viene segnalato il doppio intervento, questi indicatori non possono tener conto dell’eventuale conversione dall’intervento laparoscopico a quello laparotomico. Infine, poiché in letteratura è noto che esiste un’eterogeneità di offerta degli interventi effettuati in laparoscopia tra strutture e popolazioni, dovuta in parte a fattori come l’età, la gravità della colelitiasi o le comorbidità dei pazienti, viene definito l’indicatore “Proporzione di colecistectomie laparoscopiche” che misura la proporzione di interventi effettuati in laparoscopia.
 
Proporzione di colecistectomie laparoscopiche con degenza post operatoria entro 3 giorni – valore medio 59,31% (Vedi tabella) .
Contrariamente ad altri indicatori, per quanto riguarda la proporzione di colecistectomie laparoscopiche con degenza post operatoria entro 3 giorni l’analisi del Pne ci evidenzia risultati (in positivo e in negativo) eterogenei su tutto il territorio nazionale. In testa agli esiti più favorevoli troviamo la CCA S. Anna di Agrigento con il 98,7%, rispetto alla media nazionale del 59,31%, seguita dall’ospedale Piana di Lucca con il 97,7%, mentre sul terzo gradino del podio troviamo la CCA Castellanza (Lombardia) con il 97,6%.
Osservando invece gli esiti più sfavorevoli la ‘maglia nera’ va all’ospedale Maggiore di Lodi con l’1,5%, stessa performance anche per l’ospedale S. Filippo e Nicola di Avezzano. Risultati più di 50 volte inferiori alla media italiana. Esito sfavorevole anche per l’ospedale Mons. R. Dimiccoli di Barletta con l’1,8%
 
 
Legenda
Per facilitare la lettura abbiamo selezionato le prime dieci e le ultime dieci strutture a livello nazionale con esiti favorevoli e sfavorevoli rispetto alla media nazionale. Le diverse strutture sono state collocate, così come realizzato dagli epidemiologi dell’Agenas, in tre fasce: quella blu, i cui dati aggiustati (ossia quei dati per i quali sono state considerate le possibili disomogeneità tra le popolazioni come l’età, il genere, presenza di comorbità croniche, etc..) e favorevoli, sono statisticamente certi; quella rossa in cui dati aggiustati sfavorevoli non presentano margini di errore statistico; quella grigia dove invece c’è un rischio relativo di errore di un risultato (quello che i tecnici chiamano fattore “p”).


03 ottobre 2012
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