Il PNRR si articola in 4 parti. La prima indica gli Obiettivi generali e la struttura del Piano. La seconda entra nel merito delle Riforme e degli Investimenti. La terza è dedicata all’Attuazione e Monitoraggio del Piano. La quarta prende in considerazione l’impatto macroeconomico.
Particolare attenzione suscita la seconda parte, quella che concerne le riforme e gli investimenti, in essa indicate le sei particolari Missioni da compiere e cioè, nell’ordine:
1. Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura;
2. Rivoluzione verde e Transizione ecologica;
3. Infrastrutture e mobilità sostenibile;
4. Istruzione e ricerca;
5. Inclusione e coesione (sociale e territoriale);
6. Salute.
La prima significativa constatazione da fare è quella che le missioni di cui si tratta mirano, tutte e sei, in buona sostanza, ad incidere sullo stato sociosanitario della comunità nazionale.
Partiamo dall’ultima missione, quella della Salute, focalizzata sui seguenti aspetti: reti di prossimità, strutture intermedie e Innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN, con il completamento e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico.
La validità assistenziale delle reti di prossimità, quando realizzate, risulta ampiamente dimostrata. In base al rapporto Health at a Glance 2021, appena pubblicato, i sistemi di assistenza primaria solidi, quelli che trattano i casi più semplici, mantengono le persone in salute e alleviano, quindi, la pressione sugli ospedali, nell'ultimo decennio hanno consentito una riduzione dei ricoveri evitabili per malattie croniche nella maggior parte dei paesi OCSE. E viene annotato che le cure primarie, incidendo sulla spesa sanitaria in media solo il 13%, hanno un costo davvero minimo rapportato ai benefici conseguiti.
La letteratura scientifica dà ampia testimonianza dei risultati positivi raggiunti attraverso il potenziamento della prevenzione, della Medicina di iniziativa e di ogni altra strategia utile ad allontanare nel tempo patologie croniche e loro complicanze. E quindi il PNRR risulta allineato a quanto fin qui detto quando afferma che il primo obiettivo da raggiungere è quello di rafforzare la prevenzione e l’assistenza sul territorio attraverso l’integrazione tra servizi sanitari e sociali all’interno delle Case della Comunità (CdC), punto di riferimento centrale per tutte le prestazioni territoriali in ambito socio-sanitario. Tale obiettivo dovrà concretizzarsi entro la metà del 2026 con la realizzazione di 1288 Case della Comunità e di 602 COT (Centrali Operative Territoriali) la cui funzione è quella di coordinare tutti i servizi, non soltanto quelli domiciliari e ospedalieri ma anche quelli di emergenza-urgenza.
La Casa della Comunità, dunque, come luogo di aggregazione di tutte le professioni sanitarie, dai Medici di Medicina Generale (MMG) ai Pediatri di Libera Scelta (PLS), Specialisti, Infermieri di comunità e altri operatori sanitari, con un Punto Unico di Accesso (PUA) per le valutazioni multidimensionali socio sanitarie. L’intento del PNRR è chiaro, quello di creare strutture territoriali alternative all’Ospedale, nelle quali i cittadini possano trovare le prime immediate risposte ai loro problemi di non benessere fisico, psichico e sociale.
Ed è quindi necessario che nelle Case della Comunità vengano a operare anche gli assistenti sociali.
In esecuzione di quanto disposto sul punto dal PNRR allo scopo di assicurare criteri di omogeneità sull’intero territorio nazionale, l’AGENAS e il Ministero della Salute hanno puntualmente emanato, entro l’obbligatorio termine del 31/10/2021, il documento “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale nel Sistema Sanitario nazionale” con il quale sono stati dettati i necessari standard strutturali, organizzativi e tecnologici.
Nel rinviare a successivo momento ogni più approfondita riflessione su tale documento, appare intanto opportuna qualche breve riflessione sulle Case della Comunità.
Al fine di non incorrere negli stessi errori commessi con le Case della Salute, caratterizzate da frammentazione, disomogeneità, scarsa o nulla partecipazione della Medicina Generale, sarebbe auspicabile poter agire anche a livello logistico, in maniera che tutte le forze sociali e sanitarie, istituzionali e volontarie, possano interagire, confrontarsi, integrarsi secondo logiche di promozione del benessere e di razionalizzazione delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie. Occorre altresì procedere non più secondo un approccio reattivo, basato sul “paradigma dell’attesa” dell’evento acuto, ma in forza di un approccio proattivo basato sul paradigma della prevenzione, dell’evitamento o del rinvio nel tempo della progressione della malattia, in assoluta coerenza con le esigenze della comunità, attraverso un’azione continua e integrata di pianificazione, implementazione, valutazione e correzione, secondo il Ciclo di Deming.
Ciò detto, non possiamo tuttavia non domandarci quanto sia utile parlare di Case della Comunità in un Paese Italia che ancora annaspa tra i problemi Covid e post Covid, che ancora sta lavorando sulle Case della Salute.
Mi chiedo, in particolare, se e quali analisi sono state effettuate delle esperienze in corso, delle criticità emergenti ed emerse per ottenere più efficacia e maggiore efficienza, se sono stati effettuati approfondimenti e confronti tra le varie realtà regionali, partendo dall’esperienza sul campo, per capire come superare le criticità e ottenere i risultati migliori. Ma soprattutto sarebbe utile capire se è stata esplorata qual’ è la indispensabile integrazione tra le varie forze sanitarie e sociali, quale peso hanno i contributi del terzo settore, delle associazioni dei malati e, comunque di tutti coloro che possono partecipare al bene della collettività. Insomma, a me sorge il dubbio che i cambiamenti lessicali rischino solo di aumentare confusione, soprattutto negli utenti ancora poco orientati all’assistenza territoriale.
Quanto è utile ai cittadini che ancora debbono “assimilare”, fare propria la realtà delle Case della Salute e agli operatori sanitari un cambio di denominazione? Le esperienze dei pochi possono essere un ricco patrimonio per molti e pare allora opportuno e utile, prima di proporre nuovi modelli, nuove denominazioni, portare a compimento, realizzare, tutto quanto già avviato, dare continuità ai progetti in itinere, intervenendo peraltro, se del caso, con opportuni correttivi.
E ancora, non può non rilevarsi che, di contro al fatto che la pandemia abbia fatto esplodere il problema del disagio sociale e abbia aumentato i problemi di salute mentale, poco spazio sia stato riservato alla necessità di giovarsi di operatori provvisti di specifica professionalità quali psicologi e terapisti occupazionali, che forse sono stati indistintamente ricompresi dal PNRR tra gli altri operatori sanitari.
Per quanto riguarda la Formazione, valgano le seguenti considerazioni. Nel PNRR è previsto di rafforzare la formazione attraverso l’aumento delle borse di studio per la Medicina di base e per i contratti di specializzazione. Sotto un profilo equitativo e sindacale si tratta di un giusto allineamento a sciagurate programmazioni che hanno penalizzato i laureati in Medicina e Chirurgia, finora rimasti privi di specializzazione e quindi impossibilitati a esercitare con la sola laurea.
La formazione promossa dal PNRR è mirata a migliorare la preparazione degli operatori sanitari sul tema delle infezioni ospedaliere, e quella della dirigenza sui temi del management. Ottime proposte, ma occorre prendere atto che, a parte gli applausi per l’aumento del numero delle borse di studio per la Medicina di base, non si rinviene alcun riferimento alle strategie formative indispensabili a fare decollare il territorio.
Invero, parrebbe opportuno che, contemporaneamente alla formazione, si proceda: a elaborare puntuali pianificazioni e progetti per lo sviluppo dell’Informazione; dare ogni utile informazione alla Comunità sulle prestazioni offerte fuori dall’ospedale; agevolare i cittadini a conoscere e utilizzare i servizi territoriali; informare correttamente e in modo semplice il Paese su vari e importanti temi, quali ad esempio cosa sia un vaccino e quanta importanza esso abbia ai fini preventivi; avvalersi dell’opera di personale esperto di comunicazione capace di trasferire in modo chiaro e comprensibile contenuti anche complessi, evitando di fare inammissibili confusioni di termini tali da far ritenere che vaccino e siero siano la stessa cosa.
Se si vuole incrementare l’Empowerment della popolazione, occorre uscire dalla logica dell’assistenzialismo passivo dove il cittadino non ha alcun ruolo sulla tutela della propria persona e della propria salute, per entrare in una logica di partecipazione attiva, di coprotagonismo: occorre attuare la cd Medicina delle 4P: proattiva – preventiva – personalizzata – partecipata.
Se si vuole che i pazienti con patologie croniche acquisiscano padronanza della propria malattia, occorre rendere il paziente e i suoi familiari gestori autonomi della malattia cronica, capaci di governare le riacutizzazioni attraverso una serie di azioni cui il paziente e il/i suo/suoi caregiver debbono essere educati. Per fare ciò, occorre quindi approfondire, attraverso la formazione, le conoscenze degli operatori sanitari sui contenuti oggetto di apprendimento e di addestramento, occorre coinvolgere le Associazioni dei malati, la scuola, le associazioni di volontariato, oltre agli stessi cittadini. Ma occorre anche sapere come comunicare e quindi formare il personale sanitario sulle tecniche comunicative.
In sintesi, se si vuole mantenere un SSN di elevata qualità e sostenibile, occorre partire dal sociale: dalla Società per una buona Sanità.
Come già detto, tutte le sei Missioni del PNRR hanno ricadute e punti di collegamento con i servizi sociosanitari e lo stato di benessere della popolazione e quindi, per completezza di trattazione, si espone brevemente quanto appresso per ciascuna di esse.
Digitalizzazione
È imprescindibile per la Telemedicina e quindi per lo sviluppo del territorio nonché per la completa realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) il cui completamento e potenziamento è indispensabile per poter permettere il corretto e puntuale esercizio nelle sue tre funzioni chiave: di banca dati per i professionisti sanitari che potranno consultare in tempo reale tutte le informazioni cliniche relative al singolo paziente; di strumento per le ASL ai fini del monitoraggio della appropriatezza clinica; di punto di accesso per cittadini e pazienti per le prestazioni erogate dal SSN.
Transizione ecologica e mobilità
Le conseguenze dell’inquinamento ambientale sullo stato di salute dell’uomo sono ormai note e dimostrate.
Secondo le proiezioni presenti nell’ultimo Report dell’OCSE (Organizzazione internazionale per la Cooperazione e lo Sviluppo) Health at a Glance 2021, si stima che l’inquinamento dell’aria ambientale, all’aperto, che causa una media di 29 decessi ogni 100.000 persone, potrebbe causare tra 6 e 9 milioni di morti premature all'anno in tutto il mondo entro il 2060.
In merito allo smaltimento dei rifiuti, partendo dal presupposto che in Italia gli impianti di trattamento sono obsoleti e che il sistema risulta carente di un’adeguata rete di raccolta e trattamento, di fatto si pongono precisi obiettivi per colmare le lacune impiantistiche e gestionali, nonché per raggiungere elevate percentuali di riciclaggio, rinviando a future decisioni tutte le iniziative che devono rispondere alla strategia dell’Economia circolare. E quindi, ancora una volta, anche a livello ambientale, così come accade per la prevenzione in tema di salute, si rinviano le decisioni che debbono andare all’origine del problema, e nella fattispecie, a livello di produzione dei rifiuti: la questione rifiuti migliora, prima che con le corrette metodiche di riciclaggio, con una consistente riduzione della produzione della spazzatura. E quindi, senza trascurare ogni strategia utile al contenimento del consumismo, parrebbe di grande utilità incentivare le aziende affinchè modifichino i loro cicli produttivi in senso di riduzione dei materiali di rifiuto ovvero di una loro conversione verso materiali compostabili, meno inquinanti.
Istruzione e ricerca
Pur apprezzando lo sforzo fatto per un potenziamento e una razionalizzazione delle risorse orientate in tal senso, non può sfuggire il fatto che non vengano minimamente menzionati argomenti importanti quali la revisione dei corsi di laurea per gli operatori sanitari e la successiva formazione ECM (Educazione Continua in Medicina). Il potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione, dagli asili alle Università, non può ignorare le criticità determinate dai contenuti formativi nelle scuole di ogni livello e in ambito universitario, con discipline e argomenti spesso inadeguati alle effettive esigenze richieste dal mondo del lavoro e dalle innovazioni tecnologiche. In ambito sanitario, occorre tenere in debita considerazione che per poter fare decollare la Telemedicina, necessitano competenze digitali sia per gli operatori sanitari che per l’utenza, con le conseguenti mirate necessità formative.
Inclusione e coesione
Tra i vari obiettivi da raggiungere vi è quello che prevede di rafforzare il ruolo dei servizi sociali locali come strumento di resilienza mirando alla definizione di modelli personalizzati per la cura delle famiglie, dei minori e degli adolescenti, per supportare le situazioni di fragilità sociale. Particolare attenzione è mirata alla condizione della non autosufficienza, per offrire risposte al problema degli anziani, per affrontare in maniera condivisa e coordinata i bisogni che scaturiscono dall’invecchiamento, al fine di ottenere la massima autonomia possibile in un contesto de-istituzionalizzato.
Si mira all’aumento dei servizi di assistenza domiciliare per raggiungere una maggiore qualità di vita all’interno delle mura domestiche. La casa come primo luogo di cura, contando di raggiungere l’obiettivo del 10% di popolazione > 65aa in assistenza domiciliare entro la metà del 2026. Inoltre, riconoscendo all’attività di cura il giusto valore sociale, con l’assistenza domiciliare si può ottenere la legittimazione di tutte le donne e dei caregiver che svolgono tale ruolo a livello familiare e, di conseguenza, una loro inclusione nel mercato del lavoro.
Poichè Inclusione e coesione rimandano alle dimensioni di Equità ed Empowerment, termini ben noti da tempo nel mondo sanitario, emerge ancora una volta la stretta connessione tra sistema sociale e sistema sanitario. E quindi, ancora una volta, si avvalora l’ipotesi di cominciare dalla Società per una buona Sanità.
Un’ultima considerazione. In Italia siamo tutti consapevoli dell’abbondante produzione di leggi, norme, linee di indirizzo e altri validi documenti, tant’è che più volte, sia in passato che nel presente, si annunciano iniziative di alleggerimento, di integrazione, di semplificazione normativa. Di fatto, guide e principi non mancano, la produzione documentale è cospicua, ma a quanto sopra, spesso, non fanno seguito conseguenti azioni di implementazione, di realizzazione. Ecco perché al PNRR si dovrebbe aggiungere una terza R, quella di Realizzazione, per favorire il passaggio dalla teoria all’obbligo del risultato attraverso obiettivi misurabili.
Occorre incrementare, concretizzare iniziative e progetti, realizzare quanto già scritto per ottenere un cambiamento ormai indispensabile e ineludibile per il bene della popolazione e dello stesso SSN. Realizzare senza il rischio di aumentare sempre più il divario tra quanto scritto, quanto si vorrebbe e quanto viene realizzato.
Ed è probabilmente per tale motivo che il Presidente del Consiglio Draghi nella sua premessa al PNRR esorta l’Italia e gli italiani a “combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza”.
Caterina E. Amoddeo
Vice Presidente AsIQuaS
29 novembre 2021
© Riproduzione riservata