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Terapie intensive Covid. Non è solo un probema di posti letto. Servono nuove linee guida organizzative

di Claudio Maria Maffei

Il problema non è infatti solo quello della disponibilità di postazioni attrezzate disponibili ma anche quello di una loro utilizzazione ben programmata, a partire dalla dotazione adeguata di personale specializzato e motivato. I picchi di attività Covid delle terapie intensive non possono infatti essere gestiti dal personale specializzato in servizio oggi disponibile senza sottrarlo alle altre attività sia urgenti che programmate

18 GEN - La pandemia ha evidenziato come uno dei principali punti di debolezza del nostro sistema ospedaliero sia rappresentato dalla pressione esercitata in alcune fasi dai ricoveri in terapia intensiva.
 
Nella prima fase della pandemia, quello in cui si è raggiunto il picco più alto con 3.944 casi il 4 aprile 2020, si sono adottate tutte le possibili soluzioni provvisorie dall’utilizzo delle sale operatorie alla creazione di spazi esterni, fino alle due Fiere adattate a terapia intensiva di Milano e Civitanova Marche.
 
A questa criticità in termini strutturali si è data risposta con il DL 34/2020 che ha previsto un incremento dei posti letto sia di terapia intensiva che semintensiva. In base alle linee di indirizzo ministeriali per l’applicazione del Decreto ne sono stati previsti 3.500 in più di intensiva (in modo da arrivare a 8.679) e 4.225 in più di semiintensiva.
 
Pur in presenza di ritardi nella realizzazione di questi posti letto aggiuntivi, le Regioni sono “comunque” riuscite ad arrivare, dati di ieri del Report Agenas sui ricoveri ospedalieri per Covid, a 9.538 posti attivi più 571 attivabili. Non torno sulla (in)affidabilità di questi numeri sui posti letto, ma invito ad una riflessione sugli aspetti organizzativi che ci sono dietro.
 
Se si osserva un grafico sull’andamento dei ricoveri per Covid in terapia intensiva in Italia si può osservare come nel giro di questi quasi due anni (dal 24 febbraio 2020 al 17 gennaio 2022, per un totale di 694 giorni) ci sono stati 395 giorni con almeno 500 casi di ricovero per Covid in terapia intensiva (il 57%), di cui la stragrande maggioranza con almeno 1.000 ricoveri.
 
Andamento dei ricoveri per Covid in terapia intensiva in Italia nel periodo 24 febbraio 2020 - 17 gennaio 2022 (fonte: Statistiche Coronavirus)
 

 
Un altro dato su cui riflettere è il rapporto tra ricoverati in rianimazione per Covid e totale dei ricoverati. Questo presenta tuttora una grande variabilità in Italia, come evidenzia il Rapporto Altems che analizza sistematicamente questo fenomeno. Al 10 gennaio 2022 si passa dal 6,56% della Emilia-Romagna al 18,39 della Regione Marche (la Basilicata ha il 2,56%, ma i numeri degli ospedalizzati in questa Regione sono troppo piccoli). 
 
Questi semplici dati evidenziano alcune criticità che meritano di essere analizzate nel dettaglio per trovare soluzioni a livello di sistema che siano guidate da linee guida organizzative  definite dalle Società Scientifiche di area critica con la collaborazione di esperti di organizzazione sanitaria. Del resto questi temi sono già stati ad esempio oggetto di riflessione e di sviluppo di buone pratiche  da parte della Associazione Nazionale Infermieri di Area Critica (ANIARTI), buone pratiche  recepite anche dall’Agenas .  
 
Queste le criticità organizzativamente maggiori in questo ambito:
 
• i picchi attuali di attività Covid delle terapie intensive non possono essere gestiti dal personale specializzato in servizio oggi disponibile senza sottrarlo alle altre attività sia urgenti che programmate;
 
• in ogni caso non ci sarà mai personale specializzato strutturato in servizio in quantità tale da poter far fronte a picchi di questa intensità e durata senza incidere pesantemente sulle altre attività;
 
• la variabilità nella percentuale di ricoverati in ospedale che è assistita in terapia intensiva è così varia tra le diverse Regioni da far pensare che ci siano problemi di appropriatezza organizzativa nelle giornate di terapia intensiva dei pazienti ospedalizzati per Covid.
 
Sicuramente ci sono almeno due strade da percorrere (prevenzione primaria con la vaccinazione a parte, ovviamente) con il coinvolgimento degli specialisti e dei professionisti:
 
• il forte sviluppo delle attività di area semintensiva che non sono al momento  né censite né “regolamentate” in modo condiviso nonostante l’impegno e i documenti di Società Scientifiche come ad esempio la Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) e della  Federazione delle Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI);
 
• la formazione di personale  strutturalmente assegnato ad altre aree da impegnare in area critica in caso di recrudescenza epidemica.
 
Ma contestualmente vanno affrontati due nodi:
 
- la carenza di personale specializzato;
- la motivazione degli operatori impegnati e “impegnabili” in questa area di attività.
 
Una cosa è certa: non basterà la moltiplicazione (vera o fittizia) dei posti letto di terapia intensiva a risolvere questo problema.
 
Claudio Maria Maffei

18 gennaio 2022
© Riproduzione riservata

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