Nonostante il farmaceutico, per natura del bene e data la domanda dettata dai bisogni che soddisfa, sia per definizione un settore anticiclico, ovvero poco influenzabile dall’andamento dell’economia, rischia, un po’ in tutti i principali Paesi industrializzati, di subire pesantemente le conseguenze economico-finanziarie dovute al Covid prima ed alla guerra in Ucraina poi, convergenti tra loro a penalizzarne il futuro.
Da un lato c’è l’inflazione, accresciutasi a livelli inediti da anni per le note ragioni legate all’energia, che insieme al derivante aumento del costo del denaro, sta lievitando i costi operativi e non (COGS) delle Companies. Ma questo è un problema comune a tutti i comparti produttivi (eccetto quello dell’energia) non solo del farmaceutico
Lo specifico dei farmaci è che sono ovunque (in buona misura USA inclusi) per lo più pagati dalla mano pubblica, e in quasi-monopsonio. Risorse pubbliche, oltre che limitate dalla ridotta crescita economica (cioè dal ridotto gettito fiscale), che sono necessariamente dirottate altrove, verso energia e relativi sostegni pubblici e sussidi di ristoro, oltre che ristrette dal dovere fronteggiare, in particolare in Italia, l’accresciuto vertiginoso debito post-Covid
Il tutto ad accelerare un trend restrittivo della spesa farmaceutica pubblica già in atto (es.: Germania, Francia, UK, Spagna, a modo proprio anche gli USA). E proprio mentre arrivano globalmente nuove, migliori ma più costose terapie (Terapie geniche e cellulari, combinazioni, estensione a linee più precoci di trattamento, nuove molecole, ecc.) a mettere grande pressione alle sanità pubbliche affinché vengano resi accessibili ovvero rimborsati
Quindi: aumento dei costi da inflazione, ma non trasferibili sui prezzi (come invece per altri beni) stoppati dalle limitate risorse pubbliche al farmaceutico indirizzate verso altre priorità, mentre bussano nuove terapie più costose. Una morsa tra inflazione in più e risorse pubbliche in meno mentre pressano farmaci migliori e costosi. Una tempesta perfetta.
Si prospetta quindi una crescente difficoltà per le farmaceutiche ad ottenere, per i nuovi farmaci, gli stessi prezzi e rimborsabilità di oggi.
Problemi non solo per i nuovi farmaci. Il prezzo di quelli già in commercio, oggi stabile nel tempo, sarà eroso nel valore dall’alta inflazione, perdendo in breve tempo buona parte del proprio valore reale: maggiori costi e minore valore degli introiti. Va da sé che le Companies chiederanno un adeguamento periodico al rialzo dei prezzi esistenti, difficilmente concedibile date le suddette restrizioni.
A tutto ciò, almeno a casa nostra, si aggiunge l’incertezza sulle politiche per il settore del futuro governo. Un esecutivo di destra, seguendo le tradizionali politiche liberiste, taglia la spesa pubblica di welfare e favorisce le aziende private. Ma tagliare la spesa pubblica significa penalizzare le aziende farmaceutiche. Dove si posizionerà un Governo di destra conservatore e liberista?
Insomma, uno scenario complessivo di probabile crescente sfida e attrito su prezzi e rimborsabilità sul quale si giocherà sia la competitività futura tra companies e orientato dal ruolo delle varie “AIFA” nei diversi Paesi come bracci operativi dei rispettivi Governi. Il rischio è, ovviamente, di rallentare l’innovazione, ovvero l’accesso per i pazienti a nuove e migliori terapie.
Prof. Fabrizio Gianfrate