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Censimento 2021. Siamo sempre di meno: solo 59 milioni i residenti. Nuovo record negativo delle nascite che si fermano a 400.249


Pubblicato il report che analizza la demografia del Paese. Il calo ulteriore di popolazione (206 mila in meno rispetto al 2020) non è dovuto solo al saldo naturale negativo ma è da attribuire in parte anche alla diminuzione della popolazione straniera. Rispetto al 2008 i nati sono il 31% in meno e il Paese è sempre più vecchio con una media di 5,4 anziani ogni bambino. IL REPORT

15 DIC -

La popolazione censita in Italia al 31 dicembre 2021 ammonta a 59.030.133 residenti, in calo dello 0,3% rispetto al 2020 (-206.080 individui). È quanto emerge dal censimento Istat appena pubblicato. Il decremento di popolazione interessa soprattutto il Centro Italia (-0,5%) e l’Italia settentrionale (-0,4% sia per il Nord ovest che per il Nord est), è più contenuto nell’Italia meridionale (-0,2%) e risulta minimo nelle Isole (appena 3mila unità in meno).

Ancora elevato è l’impatto del numero di morti da Covid-19 sulla dinamica demografica nel 2021: il totale dei decessi (701.346), sebbene in diminuzione rispetto all’anno precedente (quasi 39mila decessi in meno), rimane significativamente superiore alla media 2015-2019 (+8,6%).

Il calo di popolazione non è dovuto solo al saldo naturale negativo ma è da attribuire in parte alla diminuzione della popolazione straniera. Gli stranieri censiti sono 5.030.716 (-141.178 rispetto al 2020), con un’incidenza sulla popolazione totale di 8,5 stranieri ogni 100 censiti.

I nati sono stati appena 400.249 nel 2021, in diminuzione dell’1,1% rispetto al 2020 e quasi del 31% nel confronto con il 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. La geografia delle nascite mostra un calo generalizzato in quasi tutte le ripartizioni, con i valori più alti al Sud (-2,7%) e un’unica eccezione nel Nord-est dove si registra un lieve incremento (+0,1% sul 2020).

Roma è il comune più grande con 2.749.031 residenti, Morterone (in provincia di Lecco) quello più piccolo (con appena 31 abitanti). Il decremento di popolazione è molto più limitato nei comuni della classe 5-20mila abitanti e in quella fino a 5mila abitanti (che insieme rappresentano il 70% dei comuni italiani). Nei 44 comuni con oltre 100mila abitanti solo 5 guadagnano popolazione, per i restanti 39 si registra un calo rispetto al Censimento 2020 di circa 115mila residenti. Le donne rappresentano il 51,2% della popolazione residente, superando gli uomini di 1.392.221 unità. Il rapporto di mascolinità è pari a 95,4 uomini ogni 100 donne; il più alto si registra in Trentino-Alto Adige (97,7), quello più basso in Liguria (92,6) che è anche la regione con il più alto indice di vecchiaia (267,2). Il nostro è un Paese sempre più vecchio. L’età media si è innalzata di tre anni rispetto al 2011 (da 43 a 46 anni). La Campania continua a essere la regione più giovane (età media di 43,6 anni) mentre la Liguria si conferma quella più anziana (49,4, anni).

L’invecchiamento della popolazione italiana è ancora più evidente nel confronto con i censimenti passati. Nel 2021 per ogni bambino si contano 5,4 anziani contro meno di un anziano per ogni bambino del 1951 (3,8 nel 2011). L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato e continua a crescere, da 33,5% del 1951 a 187,6% del 2021 (148,7% nel 2001). La più giovane struttura per età della popolazione straniera rallenta il processo di invecchiamento della popolazione residente in Italia. L’età media degli stranieri è più bassa di oltre 10 anni rispetto a quella degli italiani (35,7 anni contro 46 anni nel 2021). Si sta riducendo però il peso relativo dei minori, che rappresentano il 20,8% della popolazione straniera censita (quota pari al 21,3% nel 2001). Negli ultimi 10 anni diminuiscono sistematicamente gli analfabeti, le persone che sanno leggere e scrivere ma non hanno concluso un corso regolare di studi e quelle con la licenza di scuola elementare e di scuola media. La quota più significativa di popolazione, pari al 36,3%, è in possesso del diploma (oltre 5 punti percentuali in più rispetto al 2011).

Tra il 2011 e il 2021 si dimezzano gli analfabeti (dall’1,1% allo 0,5%), diminuiscono le persone che non hanno proseguito gli studi dopo il primo ciclo della scuola primaria e aumentano laureati (dall’11,2% al 15,0%) e dottori di ricerca (dallo 0,3% allo 0,5%). A livello territoriale i laureati sono il 17,2% al Centro, il 15,3% al Nord-ovest, il 14,9% al Nord-est, il 13,8% nel Meridione e il 13% nelle Isole. Le quote più elevate di titoli di studio bassi si rilevano invece al Sud. Con il 19,1% il Lazio è la regione con l’incidenza più elevata di laureati e di dottori di ricerca (0,8%) a cui si contrappone la Puglia (12,9% e 0,3%), al pari di Valle D’Aosta/Vallée d'Aoste, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.

I Grandi Comuni, con più di 250mila residenti, continuano a essere un polo di attrazione per i più istruiti: la quota di laureati registra un picco (29,1%) a Milano e Bologna, che dal 2011 guadagnano 6 punti percentuali. Più contenute, ma sempre sopra la media nazionale del 15%, le incidenze di laureati a Palermo, Napoli e Catania, che in dieci anni crescono tra i 2,5 e i 3,2 punti percentuali. Ai dati censuari del 2021 si aggiungono le informazioni desunte dalla rilevazione ad hoc condotta presso le anagrafi comunali su tre specifici segmenti di popolazione (non coinvolti finora nelle indagini campionarie del Censimento permanente), ossia: a) le persone che vivono nelle convivenze anagrafiche; b) quelle che risiedono in campi autorizzati o insediamenti tollerati e spontanei; c) le persone senza tetto e senza fissa dimora. L’insieme delle tre popolazioni rilevate al 31 dicembre 2021 ammonta a 463.294 unità, pari allo 0,8% della popolazione totale censita.

Sono più di 351mila le persone che vivono stabilmente in convivenze anagrafiche (case di riposo, Residenze Sanitarie Assistenziali, strutture di accoglienza per immigrati, istituti religiosi, ecc.); di queste, quasi una su tre è iscritta in anagrafe presso una struttura per anziani. Le persone senza tetto e senza fissa dimora ammontano a poco più di 96mila mentre la popolazione che formalmente risulta residente nei campi attrezzati o negli insediamenti tollerati e spontanei è pari a circa 16mila unità. Più di un terzo della popolazione residente in convivenza è rappresentato da stranieri, concentrati prevalentemente nelle strutture di accoglienza per immigrati e nelle convivenze ecclesiastiche.

L’età media dei residenti in convivenza è 57 anni (quasi 72 anni per gli italiani) ma supera gli 82 anni tra gli italiani che vivono in ospizi, case di riposo, RSA, istituti di cura e convivenze ecclesiastiche. La popolazione più giovane risiede negli istituti per minori e nelle strutture di accoglienza per immigrati dove l’età media è inferiore a 28 anni. Tra le persone senza tetto e senza fissa dimora iscritte nelle anagrafi comunali, quasi il 38% è di nazionalità straniera e la componente maschile è decisamente prevalente (212,4 uomini ogni 100 donne). L’età media totale è di 41,6 anni, per gli italiani si innalza a 45,5 anni mentre per gli stranieri si abbassa a 35,2 anni.

Le persone che risiedono in campi autorizzati o insediamenti tollerati e spontanei sono per lo più giovani (l’età media è tra i 28 e i 29 anni sia per gli stranieri che per gli italiani). Il 35% è minorenne e soltanto il 13% ha un’età superiore ai 55 anni. La percentuale di minorenni stranieri sfiora il 40%. I cittadini italiani rappresentano invece circa l’80% della popolazione che vive nei campi/insediamenti. La componente straniera è rappresentata prevalentemente da cittadini europei, in particolare bosniaci, rumeni, serbi e croati.



15 dicembre 2022
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