L‘intervista rilasciata recentemente a Libero dal Ministro Schillaci coglie alcuni dei punti cruciali della crisi del nostro sistema sanitario, oggi più malato di coloro che dovrebbe curare. A cominciare dalla valorizzazione della prevenzione, premessa fondamentale della cura, e dalla necessità di depenalizzare l’evento avverso in sanità, sia per combattere la medicina difensiva, il cui costo è stimato in circa 10 mld/ anno, sia perchè, oramai, Italia, Polonia e Messico sono gli unici paesi a prevedere la fattispecie penale. Impegni programmatici che l’Anaao Assomed condivide e apprezza, sconsigliando, però, al Ministro l’ennesima crociata sull’appropriatezza prescrittiva, anche perchè non ha portato fortuna ai suoi predecessori.
Sarebbe un errore attribuire la responsabilità delle scelte, e delle non scelte, economiche in materia di sanità pubblica solo e interamente a questo governo. La sanità è stata un bancomat dei Governi di ogni colore, da più di un decennio, ed ha dovuto aspettare la pandemia per registrare un finanziamento vicino alla media dei paesi europei. Un fenomeno che abbiamo da sempre denunciato in tutti i modi, fino alla manifestazione del 2012 a Roma, quando eravamo in 30000 a chiedere maggiori investimenti per il diritto alla cura e il diritto a curare.
Il problema vero è rappresentato dalle scelte politiche, perchè da esse dipende la sostenibilità di un sistema sanitario pubblico, che oggi rischia di essere sacrificato sull’altare di altre urgenze governative, dalla flat tax al ponte sullo stretto, dalla abolizione dell’IRAP alla autonomia differenziata.
Certo, 1 miliardo e 400 milioni, che il Ministro rivendica con l’ultimo Decreto Bollette, non sono pochi, ma bisogna tenere conto che 1 mld è finito ai produttori di dispositivi medici. Mentre, infatti, le OOSS della dirigenza sanitaria del SSN ragionavano con il Ministero della salute su provvedimenti a favore del personale, è giunta la mannaia del MEF a distrarre le risorse da dove realmente servivano per destinarle al pay back dei dispositivi medici. Senza peraltro nemmeno evitare il contenzioso in atto. Così, si è preferito finanziare chi produce dispositivi piuttosto che coloro che li usano a scopo diagnostico o terapeutico per la assistenza sanitaria dei cittadini. è una
La questione della sanità pubblica non è solo sindacale, pur essendo di valenza strategica il numero dei professionisti e loro condizioni di lavoro, ma sociale e politica. Non è un caso che la preoccupazione per la salute pubblica sia diventato oggi il primo problema percepito dai cittadini, quando a giugno era citato tra gli ultimi. Nè è da sottovalutare il rischio che il liquefarsi del SSN produca un disastro sociale e civile di dimensioni oggi inimmaginabili.
Se dovessimo trarre dagli eventi di questi giorni una lezione, semplicemente sommando la scarsità delle risorse investite sul personale del Ssn, e quindi sulla salute dei cittadini, al percorso di regionalismo differenziato che sta volando sulle ali di tecnicismi e diktat politici, dovremmo pensare che la salute degli Italiani non è considerata dal Governo, se non dal ministro Schillaci, un bene pubblico da valorizzare ed un investimento sul futuro del Paese, anche economico, visto che vale 16 punti di PIL.
La domanda che ci poniamo è, allora, semplice, chiara e diretta: il Presidente del Consiglio e il suo Governo sono a favore di un servizio sanitario pubblico e nazionale? O hanno in mente altri modelli organizzativi per tutelare la salute dei cittadini italiani? Per quanto ci riguarda, noi siamo dalla parte di chi difende il servizio di cure pubblico e nazionale. Sempre e comunque.
Perciò, insieme con l’Intersindacale della dirigenza sanitaria chiameremo professionisti e cittadini a scendere in piazza, come è già avvenuto nelle principali capitali europee. Dando vita a una vera e propria vertenza per chiedere risorse e riforme, coinvolgendo la società civile, le istituzioni professionali, le rappresentanze sindacali. Perché questa è una battaglia che interessa tutti, sociale ancor prima che professionale, una battaglia per salvaguardare quell’articolo 32 della Costituzione che, non a caso, definisce “fondamentale” il solo diritto alla salute. E per la stessa unità del Paese, il cui presidio insostituibile è individuato dal Presidente Mattarella proprio nel servizio sanitario nazionale.
Pierino Di Silverio