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Da Agenas e Corte dei conti due report che segnalano il disarmo della sanità

di Ettore Jorio

Due strumenti di pregio, quello dell’Agenas e quello delle Sezioni Riunite in sede di controllo, utili a rappresentare una sanità in disarmo da decenni e a generare un ripensamento del sistema della Salute attraverso proposte di revisioni legislative che incidano strutturalmente sull’esistente.

29 MAG -

Tra il Report dell’Agenas sulla condizione di esigibilità dei LEA ospedalieri e il Rapporto 2023 della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica, più esattamente su “Una sanità alla ricerca di nuovi equilibri” e, quindi, anche su “Gli investimenti in sanità: tra fondi ordinari e PNRR”, si è accumulata sulla griglia delle analisi, necessarie a capire il dato di partenza dei rimedi possibili, tantissima carne al fuoco.

Due strumenti di pregio, quello dell’Agenas e quello delle Sezioni Riunite in sede di controllo, utili a rappresentare una sanità in disarmo da decenni e a generare un ripensamento del sistema della Salute attraverso proposte di revisioni legislative che incidano strutturalmente sull’esistente.

Agenas, il Report

Apprezzabile il modello di valutazione multidimensionale delle perfomance manageriali del sistema aziendalistico sanitario, più precisamente di quelle erogative dei Lea ospedalieri, applicato all’ultimo triennio 2019-2021, il solo rendicontabile ad oggi (2023) perché da farsi in senso scrupolosamente bilancistico, in quanto tale non riferibile al 2022 ancora da completare quasi ovunque.

Oggetto delle analisi 23 Aziende ospedaliere e 30 Aziende ospedaliere universitarie - sui cui numeri di queste ultime sorgono tuttavia alcune perplessità relativamente al loro reale status giuridico - tali da determinare una classifica più funzionale per le retrocessioni che per l’assegnazione dello scudetto. Soprattutto di quelle aziende da prendere in considerazione per i manager scrutinati. Quelli che hanno registrato risultati segnatamente negativi in quelle regioni ove siano state, di contra, espresse e riconosciute accettabili politiche regionali di assistenza ospedaliera, la cui dimensione e qualità dell’offerta dipende, ovviamente, anche da quella resa attraverso l’assistenza territoriale in senso di attenuazione della domanda verso i pronti soccorsi.

Sono, infatti, numerosi i casi di strutture promosse, quantomeno perché votate al miglioramento, ovvero bocciate, alcune severamente, nell’ambito dei medesimi servizi sanitari regionali. Ciò a dimostrazione che alcuni direttori generali, ancorché presenti nell’elenco generale di cui al vigente decreto legislativo 4 agosto 2016 n. 171, non dovrebbero essere mai più reincaricati, così come si fa con quegli allenatori brocchi allontanati ex abrupto dagli spogliatoi.

Dunque, dall’Agenas un ottimo e minuzioso strumento di valutazione delle politiche sanitarie espresse dalle diverse Regioni e delle attività manageriali dei direttori generali, dei quali alcuni sarebbe davvero da incosciente mantenerli in ruolo.

Registrare la conta finale dello studio-ricerca è comunque davvero un brutto segno. Oltre il 25 per cento degli italiani gode (si fa per dire) di un servizio ospedaliero non affatto perfomativo. Meglio indegno dall’essere promosso, Costituzione alla mano, sul piano della esigibilità del più reclamato dei diritti sociali, la tutela della salute, da assicurare a tutti ad un buon livello.

Corte dei conti, dictum delle Sezioni Riunite

Come solito, eccellente l’analisi posta in essere dalla Magistratura contabile con un esame dei conti della Salute sia per singole voci che per aggregati economici, che caratterizzano i risultati di spesa 2019-2022, quest’ultimo anno da doversi tuttavia considerare approssimato, atteso che in alcuni regioni la chiusura dei bilanci 2022 - consuntivo della GSA e consolidato consuntivo del Ssr - e non è stata a tutt’oggi ancora perfezionata. Per non parlare della Calabria, con alcune aziende sanitarie senza bilanci da anni e con il loro perdurare nell’inadempienza, tant’è che il Governo - con un decreto legge adottato il 23 maggio scorso e non ancora pubblicato (si suppone) per le perplessità che lo stesso solleva sul piano dell’incostituzionalità dell’assunto - ha dato modo alle aziende sanitarie calabresi, di perfezionare quello del 2022 entro giugno 2023, piuttosto che per fine aprile. Non solo, di adempiere alla redazione di tutti quegli altri bilanci pregressi, afferenti a diverse annualità, entro il 31 dicembre 2024. Ciò in palese violazione dell’ineludibile principio di continuità dei bilanci. Una circostanza, questa, che meraviglia non poco dal momento che non è dato comprendere la regola che consenta l’elaborazione di un bilancio successivo senza avere conoscenza dei dati riguardanti gli esercizi precedenti, costituenti via via i saldi iniziali dei singoli anni che susseguono.

Quanto alla valutazione dell’andamento economico ed erogativo il Magistrato sollecita energicamente una più corretta distribuzione delle prestazioni trovando un nuovo e definitivo equilibrio tra quelle erogate tramite la spedalità e quelle assicurate dall’assistenza territoriale, spesso inefficiente. Il tutto, fornendo «una risposta adeguata alle esigenze del personale sanitario», sofferente per i postumi del Covid e indispensabile alla trasformazione in melius del sistema sociosanitario, tanto da auspicare ad un serio ritorno ad una programmazione nazionale, ferma inconcepibilmente al 2006.

Come si diceva, le Sezioni Riunite in sede di controllo offrono un serio richiamo ma anche di sollecitazione a rendere adeguato il patrimonio immobiliare e tecnologico delle aziende sanitarie, attraverso investimenti funzionali a generare una ospitalità e un servizio e, quindi, le scelte di investimento a questo funzionali, rappresentano aspetti cruciali sia per le implicazioni operative relative alla capacità di fornire servizi adeguati oggi, come per il futuro, che per l’impatto economico dei costi connessi alla gestione.

Un aspetto interessante assume lo studio degli investimenti in sanità effettuati con i fondi ordinari e quelli previsti con le risorse del PNRR, al fine di contribuire ad una programmazione che sia veramente tale, sul piano dell’efficienza e dell’utilità reale degli interventi da mettere a terra, anche sul piano manutentivo. Ciò allo scopo di “ridurre i costi di manutenzione; rispondere adeguatamente alla spinta delle politiche ambientali ed energetiche; calibrare gli interventi sulle necessità di potenziamento dell’assistenza territoriale; superare criticità connesse alla vetustà del patrimonio; economizzare sui costi sopportati per gli affitti dei locali utilizzati; mettere in sicurezza le strutture dai rischi sismici”.

A fronte di una tale ineludibile esigenza, il Giudice dei conti esprime il suo giudizio positivo sull’orientamento del PNRR, soprattutto finalizzato ad un potenziamento dell’assistenza territoriale, dimostratasi alquanto fragile durante la pandemia quale vero limite. Proprio per questo, distraendosi però dalla ulteriore necessità di dare anima assistenziale alle strutture programmate, sollecita il ricorso alle procedure che garantiscano nella maggiore brevità, una buona progettazione, chiari obiettivi e necessità di adeguamento delle dotazioni infrastrutturali e tecnologiche conseguibili attraverso la semplificazione delle procedure, tale da rendere sufficienti i finanziamenti europei a costruire la nuova sanità di prossimità.

Al riguardo, la Corte dei conti sollecita a se stessa una attenta attività di monitoraggio concomitante, così come del resto è già avvenuto con le delibere del Collegio del controllo concomitante nn. 9, 10 e 13 del 2023, quest’ultima di serio approfondimento all’intervento di telemedicina.

Ettore Jorio



29 maggio 2023
© Riproduzione riservata


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