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La crisi morde e la mutualità integrativa cresce. In Italia quasi 11 milioni di assistiti extra Ssn


Le stime in un convegno di Business International. Le relazioni di Isabella Mastrobuono e Grazia Labate. Nel 2010/2011 i fondi integrativi sanitari cresciuti in Europa del 3,3%. Ma in Italia la spesa sanitaria privata resta per quasi il 90% out of pocket.

29 OTT - Le stime sono in continuo aggiornamento perché nuovi fondi nascono un po’ ovunque come funghi. Ma un dato è certo: la mutualità integrativa, fatta di fondi negoziali, casse e mutue, non è più una cenerentola del nostro welfare.
Sono infatti quasi 11 milioni gli italiani che, seppur con modalità diverse, aderiscono a una delle varie forme di assistenza sanitaria integrativa previste dalla riforma ter del 1999 e poi finalmente regolamentate dai due decreti Turco/Sacconi del 2008/2009 che ne ha fissato gli ambiti di intervento e le facilitazioni fiscali.
 
Ma nonostante questo la nostra spesa sanitaria extra Ssn continua ad essere per la stragrande maggioranza out of pocket, pagata cioè direttamente dal cittadino a fronte di prestazioni sanitarie specifiche.
Su una spesa procapite extra Ssn di 694 dollari (dati 2009 a parità di potere d’acquisto), l’italiano ne spende direttamente la quasi totalità, 617 dollari pari all’88,9%. All’opposto un francese su una spesa sanitaria procapite privata di 878 dollari, ne spende personalmente solo 291, pari al 33%. In mezzo la Germania con un rapporto quasi “fifty-fifty” 552 dollari spesa personale e 424 dollari mutuata).
 
Un panorama che secondo gli analisti è però destinato a mutare ulteriormente. Soprattutto per le conseguenze della crisi che sta sfiancando l’Europa. Nel biennio 2010/2011 infatti le offerte di copertura sanitaria e benefit legati alla salute da parte dei datori di lavoro sono cresciute del 3,3% nei paesi Ue e del 2,3% in Italia.
 
Questi gli scenari base del convegno in svolgimento oggi a Roma promosso da Business International su “Sanità integrativa e previdenza complementare” che è stata aperto da due ampie relazioni di quelle che possiamo considerare le due massime esperte italiane del settore, Isabella Mastrobuono e Grazia Labate, di cui alleghiamo le slide integrali della loro presentazione.
 
E le prospettive? Per Mastrobuono è tenpo di fare scelte coraggiose e determinate dando una connotazione sempre più precisa al “secondo pilastro” della sanità. In primis esso deve diventare il collante tra sanità e sociale, a partire da una diversa gestione della specialistica ambulatoriale con la costruzione di pacchetti prestazionali per nucleo familiare compresi i membri non autosufficienti ma anche facendo dei Fondi uno snodo per l’integrazione delle politiche socio-sanitarie dei diversi enti locali e del no profit. Poi inserire i fondi e la mutualità nelle politiche di contrattazione sindacale a tutti i livelli e favorire la loro pubblicizzazione estesa.
 
Per Labate invece è tempo di “affrontare il toro per le corna”, e superare ipocrisie e difese ideologiche di un astratto universalismo, che vede un paese spaccato in 2, sul terreno della salute e sui costi standard. E questo ancor prima di aver avuto il coraggio di dire quali LEA sono il riferimento attuale e quali bisogni assistenziali costituiscono la priorità di un paese che invecchia.
Questo, secondo Labate, non vuol dire rinunciare alla tutela universalistica della salute, ma bisogna essere capaci di chiamare ad una responsabilità collettiva di protezione e socializzazione dei rischi, cittadini, imprese, istituzioni regionali e locali. E ciò perché un grande bene collettivo possa essere tutelato con l’apporto responsabile dell’intera comunità, sul terreno della sua sostenibilità, comprese tutte le misure di lotta agli sprechi del sistema. 

29 ottobre 2012
© Riproduzione riservata


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