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Non autosufficienti. Servirebbero 496mila posti letto nelle Rsa. Ce ne sono solo 240mila


Ma non basta. Rette insostenibili per i pazienti, lunghe liste d’attesa, personale non inquadrato adeguatamente, carte dei Servizi ancora poco trasparenti. Queste le criticità emerse dall’indagine nazionale sulle Rsa dell’Auser. Che presenta un Decalogo su come scegliere la Rsa giusta.

28 NOV - L’Italia è Paese che invecchia,  con una domanda di servizi socio-sanitari e la relativa spesa pubblica e privata destinate ad  aumentare in modo considerevole nei prossimi anni, soprattutto per l’assistenza ai non autosufficienti.  Un futuro che si profila molto critico, con le famiglie lasciate spesso sole ad affrontare i problemi di cura e  con i servizi di assistenza a lungo  termine forniti dagli enti territoriali  in modo limitato, frammentato, disomogeneo e concentrati in alcune regioni.

A scattare la fotografia delle Rsa, le Residenze Sanitarie Assistenziali, le strutture dedicate all’assistenza degli anziani non autosufficienti, gestite direttamente o indirettamente (tramite convenzione) nell’ambito del Ssn, è un’indagine dell’Auser, associazione di volontariato e di promozione sociale, impegnata nel favorire l'invecchiamento attivo degli anziani e a far crescere il ruolo dei senior nella società.

L’indagine analizza alcuni aspetti importanti che illustrano una realtà molto disomogenea e frammentata: in diversi casi l’andamento delle tariffe risulta molto sostenuto; la comunicazione all’utenza non adeguata, esaminata attraverso l’analisi dettagliata delle Carte dei Servizi. Poco chiari i dati sul personale impiegato, specie per quanto riguarda l’inquadramento. Molto interessanti sono inoltre le informazioni ricavabili dai bilanci finanziari di un campione delle Rsa, in base ai quali quello delle residenze sanitarie assistenziali si pone come un settore anti-ciclico per molti operatori economici, con società che macinano utili.

“Sono molte, troppe le criticità che ancora emergono in questo settore”, sottolinea Michele Mangano, presidente nazionale Auser, che già dallo scorso anno avevano denunciato queste problematiche anche nel corso di un’audizione nella commissione parlamentare sul Ssn presieduta dal senatore Ignazio Marino. “Chiediamo  più  controlli severi  sul funzionamento sia delle Case di riposo private che delle Rsa. La nostra  indagine mette in evidenze inoltre che l’eccessiva genericità delle Carte dei Servizi che abbiamo esaminato rendono inaccettabili l’aumento delle rette che sono molto elevate, le liste d’attesa interminabili. Noi sosteniamo da tempo  - prosegue Mangano - che si deve spingere verso la domiciliarità, verso un sistema a  rete che sul territorio aiuti e sostenga le famiglie nel lavoro di cura dei non autosufficienti. Ma il problema della non autosufficienza nel nostro Paese, continua a non essere affrontato con serietà e responsabilità, c’è il rischio concreto di un collassamento di tutto il sistema”.

Ecco una sintesi dei risultati dell’indagine:

Fino a 3 milioni e mezzo di anziani non autosufficienti
In Italia si stima la presenza di circa 4,1 milioni i cittadini non autosufficienti, di cui circa 3,5 milioni sono anziani (Censis, 2012). Secondo l’Istat gli anziani over 65 disabili sono il 19,2%. Appare evidente come il progressivo ed inesorabile invecchiamento della popolazione, tenendo presente che l’Italia si caratterizza per un’aspettativa di vita tra le più elevate in Europa, farà crescere in modo considerevole il fenomeno della non autosufficienza nei prossimi anni. Il peso dei soggetti ultra 80enni sulla popolazione complessiva passerà infatti da circa il 6% nel 2011 al 7,7% nel 2025 e al 15,5 nel 2060 (ISTAT, 2012).

Il 2% degli over 65 è ricoverato in strutture  residenziali, il 3,6% è seguito con l’assistenza domiciliare: lontani dalle medie europee
Gli ultimi dati disponibili dicono che nel nostro Paese circa il 2% di ultra65enni sono ricoverati in strutture residenziali, l’1,8% in residenze sanitarie assistenziali (Rsa); circa il 3,6% sono gli anziani seguiti con l’assistenza domiciliare integrata, una cifra che è aumentata nel corso del 2010, arrivando a 4,1%. Siamo però ancora lontani dalle medie europee (dei Paesi nord occidentali) del  5% di ricoverati e 7% di assistiti al domicilio.

240.000 posti letto residenziali, ma ne servirebbe il doppio
In base ai più recenti dati in Italia sono presenti circa 240 mila  posti letto residenziali e semiresidenziali mentre il fabbisogno rilevato dalla Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei Lea viene stimato in di 496 mila posti. L’Assistenza domiciliare integrata viene erogata a circa 527 mila  anziani, una quota assai inferiore al fabbisogno rilevato e pari a circa 870.000 assistiti (per almeno 8 ore a settimana, come da valori internazionali).  
Le  famiglie curano gli anziani non autosufficienti  con le proprie forze o ricorrendo alle “badanti”.  Il perno finanziario del sistema è “l’indennità di accompagnamento”, in sostanza l’unica risposta pubblica a fronte della pressante domanda d’aiuto delle famiglie. Tuttavia tale misura risulta praticamente separata dal sistema dei servizi reali, assicurato tramite la rete delle prestazioni sociali e sociosanitarie locali .
Quando la famiglia non riesce a sopportare il forte impegno richiesto per la cura dell’anziano non autosufficiente, l’istituzionalizzazione e il ricovero nelle strutture sanitarie assistenziali risultano ancora le uniche forme di assistenza possibili nei confronti di questi soggetti.

L’offerta di strutture residenziali per anziani è sottodimensionata, frammentata e disomogenea a livello territoriale
La disponibilità di posti letto nelle strutture sanitarie residenziali  risulta infatti per il 80,1%  concentrata nel nord Italia, per una copertura che raggiunge i circa 590 letti disponibili ogni 100.000 residenti nelle regioni del nord Italia.  Per quel che riguarda i posti letto dedicati ai soli anziani, il gap tra le regioni del nord e quelle del centro e del sud è ancora più evidente: in totale 162.576, l’84,3%, però, nel Nord Italia.
Nel settentrione, in effetti, i posti disponibili nelle Rsa, nelle Case protette, negli Hospice e, più generale, in tutte le strutture sanitarie che svolgono attività di tipo residenziale, risultano essere circa 236 ogni 10.000 anziani residenti nella stessa area geografica. È al centro (76,3 posti ogni 10.000 anziani residenti) ed in particolare al sud (16,8) che si aggravano i problemi legati alla capacità di soddisfare la sempre crescente domanda socio-sanitaria.  In base invece ai dati ISTAT pubblicati a febbraio 2012, i posti letto dedicati agli anziani (autosufficienti e non autosufficienti) sono aumentati in modo considerevole nel periodo 2006-2009, crescendo dal 2,2% al 2,6% in termini di copertura del totale degli anziani ultra65enni. Osservando i dati relativi ai soli presidi socio-sanitari (per utenti non autosufficienti) la copertura sugli anziani è pari a circa l’1,8% nel 2009.  
Anche in questo caso, molto marcate risultano le differenze fra le varie aree del Paese, così tanto da ipotizzare l’esistenza di disparità territoriali nell’accesso ai servizi. In sostanza nel Nord, in particolare in Trentino-Alto Adige, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia,  abbiamo 3,8 posti letto residenziali ogni cento anziani; il Centro Italia si colloca sotto la media nazionale con l’1,8% di posti letto, più bassa è la percentuale (1,2%) rilevata nelle regioni del Sud (ISTAT, I presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari, 2012).

Aumentano le rette, soprattutto  nelle RSA campane, piemontesi, lombarde e della Sicilia
Le rilevazione è stata effettuata presso le Asl e i soggetti erogatori su un campione di 1.280 RSA; nel 2007- giugno 2012 (confronto con il periodo pre-crisi) gli importi medi richiesti alle famiglie aumentano in modo considerevole:  più  18,5% per la retta minima e  più  12,8% per la retta massima.  A giugno 2012 il costo che ciascun ospite dovrà sostenere risulta mediamente pari ad una spesa giornaliera di 52 euro, nel caso di retta minima, e di 60,5 euro per le retta massima, in crescita rispetto a dicembre 2011  di circa l’1,4%. Gli aumenti più rilevanti si verificano nelle RSA campane, piemontesi, lombarde e della Sicilia. Le  Rsa della provincia di Varese presentano, congiuntamente ad aumenti sostenuti nel periodo considerato (più 3,1 euro per le rette massime) costi per l’utenza finale più elevati rispetto alla media (61,5 euro min e 70,5 euro max).

Qual è il costo complessivo di una giornata di soggiorno in RSA
Sono innumerevoli gli esempi di rette giornaliere che superano i 100 euro, come caso della “Residenza il Parco” di Carate Brianza (MB) dove le rette in vigore dal 1° gennaio 2012 possono raggiungere, nel caso di Camera Singola i 127,50 euro al giorno (100,80 per la camera doppia). E ancora l’RSA dell’A.p.s.p. C. Vannetti, nella provincia di Trento, a fronte di un articolato tariffario, evidenzia come la tariffa giornaliera valida nel 2012 per un letto non convenzionato, applicata ad utenti residenti fuori dalla provincia o in comuni trentino non compresi nella Comunità della Vallagarina, raggiunga i 160 euro nel caso del nucleo demenze e superi i 180 euro laddove per il paziente sia necessario il ricovero all’interno del nucleo Namir.  
L’impegno economico richiesto alle famiglie, secondo quanto rilevato in una recente indagine Cgil (Spi CGIL, 2012), può variare mediamente, in funzione della situazione reddituale dell’assistito e della localizzazione geografica della struttura, dai 1.100 euro delle strutture residenziali fino ai 1.400 euro per quelle di tipo socio-sanitario. Il costo per i Centri Diurni, invece, varia dai 250 agli 800 euro al mese; in quest’ultimo caso la cifra riguarda i costi previsti per i Centri Diurni Alzheimer. Il dato di spesa viene confermato anche nel Terzo Rapporto del Network Non Autosufficienza  che, sulla base di una stima aggiornata al 2006 quantifica il costo medio mensile di una RSA in 2.951 euro, sostenuto per euro 1.505 dalle ASL, per euro 1.375 dall’assistito e per  71 euro dai Comuni: un costo giornaliero medio complessivo pari a 97 euro.
Il costo complessivo annuale delle residenze sanitarie assistenziali (RSA) viene stimato già nel 2006 in 2.802 milioni di euro, un impegno di spesa tale da far considerare le RSA la struttura residenziale più importante, avendo superato per dimensioni sia le residenze assistenziali che le residenze sociosanitarie.

I bilanci degli enti gestori delle Rsa: crescono investimenti e fatturati
I risultati dell’analisi economico-finanziaria sul “sistema delle imprese  Rsa” realizzata da Auser evidenziano come soprattutto nell’ultimo decennio il settore delle residenze per gli anziani sia stato oggetto di fenomeni tipici della riorganizzazione d’impresa, quali la crescita dimensionale, il potenziamento della presenza delle multinazionali e il forte ricorso a logiche gestionali di profitto.
Analizzando un campione significativo di bilanci finanziari (anno 2011) relativi a 113 strutture residenziali riconducibili ai principali gestori operanti in Italia e in particolare nelle regioni del Nord   (Residenze Anni Azzurri S.r.l, Sereni Orizzonti S.p.A., Aetas S.p.A, Segesta 2000 S.r.l.), è possibile svolgere le seguenti considerazioni: 1) il settore risulta anticiclico rispetto all’andamento economico generale (nazionale e mondiale) e ciò è testimoniato dalla continua crescita degli investimenti  nel settore e dei fatturati dei principali operatori anche in periodi in cui la crisi finanziaria internazionale ha colpito la generalità delle attività economiche; 2) gli utili di settore risultano in diversi casi cospicui; 3) il mercato italiano è oggetto di penetrazione da parte di operatori esteri, prevalentemente francesi. Prendiamo ad esempio uno dei più grandi gruppi italiani operanti nel settore delle Rsa., Sereni Orizzonti Spa. Nell’ultimo triennio gli utili registrano un forte miglioramento (da circa 765.000 Euro nel 2009 a circa 1,9 milioni di Euro nel 2011); si tratta di un incremento del 150% in tre anni che non ha praticamente eguali se confrontato con il più ampio settore industriale o dei servizi. Il numero dei dipendenti cresce del 139,81% (da 211 del 2009 a 506 nel 2011); è da notare come  la crescita in percentuale dei costi del Personale nel triennio è risultata inferiore (+93,41%). Occorre tuttavia osservare, in base alle indicazioni che provengono da recenti analisi svolte nelle diverse regioni dalle associazioni di categoria, come una quota significativa degli operatori del settore  (quelli più piccoli, costituiti soprattutto da ditte individuali) sarebbero costretti a registrare annualmente disavanzi di bilancio.

Il personale: operatori non inquadrati adeguatamente
Il quadro degli organici è molto variegato, con un forte ricorso alle forme di outsourcing del personale.
I pochi dati disponibili sulle forme contrattuali attivate consentono comunque di rilevare la presenza di almeno il 32% di contratti a termine. Il dato che desta maggiori perplessità riguarda l'inquadramento professionale: i dipendenti sanitari sono spesso assimilati a “operatori sanitari della struttura”, le criticità riguardano soprattutto i pochi addetti inquadrati come infermieri professionali e la scarsa visibilità di altre figure specialistiche.  L’insoddisfacente applicazione degli inquadramenti professionali si può ripercuotere negativamente sulla tutela dei diritti e sulla professionalità degli addetti nonché sulla qualità delle prestazioni rese agli utenti. Le aree problematiche riguardano in primo luogo la sotto-dotazione delle figure professionali dedicate all’assistenza sociale e socio-sanitaria.  Infine, mediamente, circa il 35% del personale è impiegato nei servizi generali e amministrativi. E’ un dato che fa riflettere, tenuto conto che la collaborazione fra strutture residenziali diverse potrebbe portare alla realizzazione di importanti economie di scala nella gestione di questo tipo di servizi.

Liste di attesa: mesi e mesi per avere il posto letto
Un’altra area problematica, emersa dai dati esaminati, riguarda la disponibilità di posti letto: all’atto  della rilevazione circa il 45% dei responsabili di Rsa dichiara l’esistenza di liste di attesa. Il dato risulta più elevato  nelle regioni del Nord Italia (46,3%) e in quelle del Sud (48,3%) mentre, sebbene piuttosto elevato, appena più confortante è il dato rilevato nelle Residenze collocate al Centro Italia (39,4%). Questi dati, relativi alle liste di attesa, possano essere in parte falsati dalla frequente consuetudine, da  parte di molte famiglie, di iscrivere i propri parenti nelle liste di attesa di più Rsa contemporaneamente.
Secondo la recente indagine di Spi e Fp-Cgil, infatti, i tempi di attesa per l’accesso ad una struttura residenziale o semiresidenziale, ed in particolare per quelle rivolte a strutture in grado di ospitare utenti non autosufficienti, possono raggiungere in media dai 90 ai 180 giorni; in regioni specifiche, come ad esempio nel Lazio, le liste di attesa possono arrivare ad 11 mesi.

Le carte dei servizi e la comunicazione con gli utenti e le loro famiglie
L’indagine Auser ha preso in esame – tramite questionario- per la prima volta le “carte dei servizi” adottate dalle residenze sanitarie assistenziali e dalle case di riposo a favore dei propri ospiti. La Carta del Servizio fissa i principi ed i criteri per l’erogazione dei servizi ed è normalmente presente – nonché obbligatoria – in alcuni settori (energia, gas, acqua, trasporti, telefonia, servizi finanziari, servizi assistenziali, ecc.). In generale la Carta del Servizio definisce gli standard di qualità del servizio, di tipo generale e di tipo specifico, che il gestore/operatore si impegna a rispettare. La presenza della Carta del Servizio è da considerarsi soprattutto un elemento di garanzia dell'ente che si impegna ad assicurare adeguati standard dei servizi erogati.
Nel settore delle residenze per anziani l’adozione della Carta del Servizio rappresenta, oltre che il solo adempimento di un obbligo, un forte segnale di impegno al rispetto di appropriati livelli di servizio. E’ altresì uno strumento di comprensione degli sforzi organizzativi e di processo tesi al miglioramento continuo delle prestazioni al fine del soddisfacimento dei bisogni degli ospiti e dei loro famigliari.
Diverse strutture sanitarie assistenziali, pur essendone dotate, non considerano con attenzione la valenza della Carta del Servizio come strumento chiave - una cartina di tornasole - dei propri impegni nei confronti dell’utenza. Per ottenere l’accreditamento delle strutture da parte del S.S.N. o per rispondere a direttive regionali gli operatori sono comunque obbligati a garantire adeguati livelli di servizio, la mancanza di trasparenza verso gli ospiti (in generale verso la cittadinanza) di questi parametri dovrebbe pertanto essere rapidamente rimossa, anche al fine di poter far emergere come le rette vengano a commisurarsi direttamente con la qualità dei servizi resi.

Dall’analisi emerge un quadro nel complesso positivo delle strutture residenziali per anziani. La quasi totalità delle strutture sono dotate di Carta di servizi (88%), e il 70% di esse dispone di un regolamento interno. Nel  95% dei casi si evidenzia il  rispetto dei principali requisiti previsti dalle normative sia dal punto di vista da quelli igienico sanitario, sia in merito all’abbattimento delle barriere architettoniche. Gli anziani inoltre fruiscono di un discreto numero di servizi generali di vita collettiva erogati direttamente dalle Rsa, in coerenza con quanto disposto dalla normativa regionale.
Dall’analisi delle carte dei servizi, e dalle risposte ai questionari proposti alle Rsa ad integrazione dei dati a disposizione, possiamo in sintesi dedurre come in larga misura lo strumento della Carta dei Servizi svolga il ruolo primario di mero adempimento normativo e burocratico: uno strumento descrittivo quindi, piuttosto che operativo. Emerge come la Carte dei Servizi disciplinino soprattutto gli aspetti generali del funzionamento delle strutture residenziali, ed in primo luogo riguardino le regole di base della vita in comunità. Tale sezione è di fatto presente nella totalità dei documenti analizzati.  Riguardo la presenza delle tariffe troviamo riscontro, complessivamente, nel 69,9% dei documenti esaminati e delle informazioni ricevute dalle Rsa in merito ai contenuti delle Carte dei Servizi (qualora non sia stato possibile esaminare il documento originale).  
“Come la struttura intende operare” si può estrapolare dai dati presenti nel 45% delle Carte dei Servizi (e più in generale nelle indicazioni ricevute nei questionari proposti ai rappresentanti dei lavoratori, ai delegati sindacali oltre che ai responsabili degli enti. Tali informazioni risultano maggiormente carenti qualora si voglia restringere l’analisi alle sole Rsa del Sud Italia e delle Isole (41,4%).

Scarse sono inoltre le informazioni per ciò che concerne i servizi aggiuntivi, proposti dalle Rsa,  rispetto all’offerta base, e nel dettaglio il riferimento al costo degli stessi. Non bisogna sottovalutare questo aspetto che può, all’atto pratico, determinare un forte aumento dei prezzi a carico dell’utente qualora sia necessario ricorrere a questo tipo di servizi suppletivi. Abbiamo complessivamente riscontrato informazioni a riguardo, solamente in circa il 29% dei casi esaminati, quota che questa volta tende a scendere per le Rsa del centro Italia (27,3%) ed ancora una volta per quelle localizzate al Sud e nelle Isole (24,1%). In ultima analisi, appare evidente una carenza nei contenuti delle Carte dei Servizi per quel che riguarda la Governance delle aziende. Esclusivamente il 18% delle Rsa, infatti, riporta nelle Carte dei Servizi informazioni in merito agli organismi rappresentativi, al ruolo degli stessi all’interno della struttura sanitaria, o comunque più in generale in merito alla struttura aziendale.
Agli ospiti è garantita in genere un’ampia gamma di servizi, tuttavia dai dati emerge come circa la metà delle Rsa (35%) non consentano agli utenti di utilizzare i servizi del territorio.
 

28 novembre 2012
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