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Il pensiero delle donne, per la sopravvivenza del Ssn

di Annarita Frullini

Oggi vi è tanta autorevolezza femminile di qualità, sarà un bene per la sanità aumentarne l’esercizio, la visibilità, la quantità. Solo un incontro che riesca a contemplare/contenere più punti di vista, visioni d'insieme e dettagli consentirà la sopravvivenza di questo Ssn. Vai allo Speciale

26 AGO - Bello il dialogare su donne e medicina e bella la semantica dello scrivere di Sandra Morano che evoca assonanze e percorsi comuni.
La medicina negli ultimi decenni ha vissuto un grande progresso tecnico scientifico e un avvicinarsi alle scienze umane, ponendo maggiore attenzione al rapporto medico paziente.

Per anni mi sono definita donnamadremedico senza virgole nè interruzioni. Oggi, convinta che sia necessario mantenere la dignità degli operatori sanitari per salvare questo nostro Ssn, mi sento medicodonna. Questo non mi impedisce di credere rilevante l’apporto del pensiero femminile nella medicina.

Secondo i dati Fnomceo 2012 sono quasi 67.000 le donne medico con più di cinquant’anni verso le 70.407 donne minori di questa età.
Io sono fra quelle che hanno più di cinquanta anni, mi sono laureata/specializzata in Cattolica a Roma, ho appreso il mestiere di medico da colleghi uomini in contesti e relazioni gratificanti. Mi sono rimaste nel cuore, nel pensiero e negli atti le donne con le quali mi sono confrontata. Nel mondo del lavoro le donne hanno portato il bagaglio delle esperienze di vita quotidiana, intrecciando conoscenze e sentimenti, corpi e menti. Hanno composto lavoro riproduttivo e lavoro produttivo. L’affermare “il personale è politico” ha portato soggettività e alterità nelle relazioni e nella vita lavorativa.

Dall’autocoscienza ai seminari di studio esperienze multiformi, carsiche perché capaci di riafforare, hanno percorso l’Italia, partendo da grandi città soprattutto del nord.
Si è appreso il lavorare insieme per far emergere nuovi modelli, senza perdersi nell’insicurezza e nell’imitazione, creando “un sapere e un agire per sé e per gli altri”.

La filosofia, come metodo ed esperienza di pensiero e spazio interiore, ha dato dignità a ricerche soggettive di verità e di significati.
Troppe sono le grandi pensatrici e filosofe per poterle nominare, ma il pensiero femminile, capace di ben argomentare ha trasformato, nei luoghi di lavoro pensati per uomini, l’essere mediche, scienziate, filosofe, sociologhe, economiste, magistrate, giornaliste.
Usando un ossimoro potremmo dire che si sono creati “protocolli della soggettività”.

Senza essere esaustiva voglio ricordare gli intrecci tra genere e donne e scienza con Elisabetta Donini, le riflessioni sociologiche con Laura Balbo e Chiara Saraceno,
quelle sulla cultura delle pari opportunità con Marina Piazza e Alisa Del Re, quelle economiche con Antonella Picchio e Linda Laura Sabbadini che ha cominciato a disaggregare per genere dati statistici.
In medicina si è partiti dalla rielaborazione della cultura del parto e del percorso riproduttivo. Un nome per tutti: Anita Regalia allora al San Gerardo di Monza. Presente anche in questi percorsi il pensiero di alcuni uomini, come Frédérick Leboyer.
Veniva poi proposto un modo diverso di sentire la malattia mentale con Lieta Harrison e il suo libro Donne, povere matte: inchiesta nell’Ospedale psichiatrico di Roma (Edizione delle donne, 1978).

Era il 1985 quando conobbi Gemma Martino, all’epoca all’Istituto Tumori e alla Scuola di Senologia dove Veronesi favoriva quei fermenti che alla fine degli anni Novanta avrebbero creato Metis-Centro Studi Oncologia, Ricerca, Formazione, Terapia "una comunità di pensiero per lavorare sulla complessità terapeutica, sulle integrazioni delle risorse della medicina con le esperienze e i saperi femminili, perché la capacità di ognuno tragga forza dal lavorare, progettare, scambiare, nello stesso progetto di conoscenza e dubbio”.

Nel conoscere Gemma Martino pensai che la malattia con lei diventasse opportunità per il corpo e l’anima, perché insegnava come ri-mettere se stessa al centro della propria vita, come imparare a desiderare per sé, come partecipare attivamente al proprio risanarsi.
Ancora oggi con lei si lavora sulle relazioni di senso che si instaurano tra curanti e curate.

Ho parlato per frammenti di un periodo fecondo, nel quale tante donne medico hanno lavorato, con competenza, credendo che il progresso delle relazioni dovesse accompagnare quello scientifico e tecnologico. Donne ancora presenti e attive, con una memoria capace di divenire progetto e non solo archivio, per catalizzare, con le più giovani e con l’altro sesso, interazione e confronto, prospettive e innovazione verso nuove organizzazioni, linguaggi, metodi di ricerca e paradigmi conoscitivi.

L’apporto delle scienze umane alla medicina non è mai stato, né poteva esserlo, solo femminile.
Mi piace, scadenzando gli anni, pensare al grande effetto della Encyclopedia of Bioethics del 1978, del piccolo libro A Different Voice di Carol Gilligan del 1982, dell’inizio della medicina di genere con le considerazioni dell’Oms nel 1998.
Pensieri paralleli e pensieri intersecanti, nati comunque da ricchezze presistenti.

Anche la stagione dell’Aids ha portato innovazioni nella relazione, nella comunicazione, nella presa in carico. L’aver attraversato la cultura della qualità e dell’errore, quella dell’appropriatezza e della sicurezza ha aggiunto valore alla pratica medica.
Nell’essenza della medicina di oggi posto importante ha avuto lo sviluppo deontologico con le cinque revisioni del Codice di Deontologia Medica dal ‘78 al 2006, volute per sostenere e guidare una buona pratica medica. Vi è una Carta dell’Etica medica per l’Europa siglata a Kos nel giugno 2011. Alla fine del 2013 avremo un nuovo Codice di Deontologia.

Il mondo della salute è sempre più intrecciato con la sfera degli atti quotidiani, dei servizi e dell’organizzazione familiare, si nutre di comunicazione e condiziona la scala dei valori.
In questa complessità l’apporto delle donne e il loro sguardo sul mondo è essenziale.
Oggi vi è tanta autorevolezza femminile di qualità, sarà un bene per la sanità aumentarne l’esercizio, la visibilità, la quantità.
Solo un incontro che riesca a contemplare/contenere più punti di vista, visioni d'insieme e dettagli consentirà la sopravvivenza di questo Ssn.
 
 
Annarita Frullini

26 agosto 2013
© Riproduzione riservata


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