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Cancro ai polmoni. “L’inquinamento uccide ben al di sotto dei limiti in vigore”

di Viola Rita

Alcuni inquinanti hanno effetti negativi anche se presenti in concentrazioni inferiori rispetto a quelle previste dalla legge, come rivela lo studio ESCAPE su Lancet. Il limite proposto dall’OMS per le polveri sottili PM2,5 è pari a meno della metà del valore permesso attualmente

09 DIC - Motori di veicoli, industrie e impianti di riscaldamento producono polveri che possono essere nocive e mortali: questo può avvenire non solo se tali inquinanti superano i limiti imposti dalla legge italiana e dall’Unione Europea, ma anche se sono presenti in concentrazioni inferiori. Ad affermarlo, per la prima volta, i risultati di uno studio internazionale pubblicato su Lancet (dal titolo “L’inquinamento dell’aria uccide ben al di sotto dei limiti di qualità dell’aria imposti dalle Leggi in vigore nella Unione Europea”).
In questa ricerca, gli scienziati sono partiti dai dati dello studio ESCAPE, (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects), che ha esaminato oltre 360.000 residenti in grandi città di 13 Paesi europei, in relazione all’esposizione ad alcuni inquinanti, come il particolato fine – cioè quelle polveri sottili (PM2,5) con diametro inferiore a 2,5 micrometri (millesimi di millimetro). Il risultato è che per ogni aumento di 5 microgrammi al metro cubo (5 µg/m3) nella media annuale di esposizione a particolato fine ci sia un aumento del rischio di morire per cause non accidentali del 7%.
 
Ma non è tutto. Oggi, infatti, emerge un dato significativo. “I risultati suggeriscono un effetto del particolato anche per concentrazioni al di sotto dell’attuale limite annuale europeo di 25 µg/m3 per il PM2,5”, hanno affermato gli autori della ricerca. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) propone del resto come Linea Guida 10 µg/m3 ed i suddetti risultati supportano l’idea che avvicinandoci a questo target si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone”.
Dunque, i limiti proposti dall’OMS, pari a 10 µg/m3 per il PM2,5, sono inferiori rispetto a quelli attualmente in vigore nel nostro paese, pari a  25 µg/m3: una differenza di ben 15 µg/m3.
 
Sempre su Lancet, nell’editoriale di presentazione, si legge: “Questi dati, insieme ai risultati di altri grandi studi, suggeriscono quanto siano necessarie ulteriori politiche per ridurre l’inquinamento e, quindi, la morbosità e la mortalità in Europa. Come raccomandato dall’OMS, una priorità urgente dovrebbe essere quella di avviarsi verso i valori indicati dalle Linee Guida della qualità dell’aria dell’OMS che sono più restrittive.”
 
I risultati mostrano anche che il particolato fine è l’inquinante più dannoso, anche per concentrazioni sotto i limiti consentiti dall’attuale legislazione europea, e l’associazione tra esposizione prolungata a particolato e mortalità esiste anche tenendo conto di diversi fattori individuali come l’abitudine al fumo, lo stato socio-economico, l’attività fisica, il livello di istruzione e l’indice di massa corporea.
 
In Italia, lo studio ha coinvolto 31.000 persone ed è stato condotto a Torino dal Centro per l’Epidemiologia e la Prevenzione oncologica in Piemonte della Città della Salute e della Scienza - Università di Torino (coordinato dalla dottoressa Claudia Galassi), a Roma (Dipartimento di Epidemiologia del Lazio) ed a Varese (Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano). Hanno collaborato allo studio numerosi enti tra cui le Agenzie ambientali dell’Emilia-Romagna e del Piemonte.
 
Viola Rita

09 dicembre 2013
© Riproduzione riservata


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