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Malattie rare e cronicità. Diagnosi tardive e costi insostenibili. Il Rapporto di Cittadinanzattiva

di Isabella Faggiano

I tempi per ottenere una diagnosi si allungano, a discapito di quelli dedicati al rapporto medico-paziente. I costi sono insostenibili e la burocrazia finisce per frantumare i diritti più elementari. E' la fotografia dei cittadini “in Cronica attesa”, scattata nel XV Rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva. Sette persone su 10 che soffrono di una malattia rara devono spostarsi per curarsi, sostenendo costi di viaggio e alloggio. Ancora troppe difficoltà per arrivare alla diagnosi o per il riconoscimento dell’invalidità e-o dell’handicap, per l'acquisto di di parafarmaci o per pagare privatamente esami e visite specialistiche

27 APR - La propria patologia non è l’unica cosa con cui dovrà fare i conti, tutta la vita, un malato cronico. Dovrà imparare a sopportare le attese. Si attendono anni per una diagnosi, mesi per una visita. E nonostante questo continuo aspettare, quando arriva il proprio turno molti pazienti hanno l’impressione che il tempo dedicatogli sia troppo poco. Forse non è solo un’impressione. Quasi 8 persone su 10, infatti, nel rapporto con il medico, sentono di aver poco tempo a disposizione per l’ascolto.
 
Questo è solo uno dei dati emersi dal XV Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità “In cronica attesa", che analizza la condizione in cui vivono le persone con patologie croniche e rare.

Rapporto medico-paziente
Il 44% di loro ha detto di aver visto sottovalutati i propri sintomi. Ancora, poca reperibilità per il 42% degli intervistati e scarsa empatia per 26 pazienti su 100. Queste percentuali rappresentano alcune delle criticità emerse dal Rapporto, presentato oggi a Roma dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, con il contributo non condizionato di Merck & Co per il tramite della sua consociata Msd.
“Hanno dato il proprio contributo – ha spiegato Maria Teresa Bressi, responsabile progetti e networking di CnAMC – pazienti di ogni età. Le patologie croniche, infatti colpiscono trasversalmente tutte le persone: non si registra nessuna maggiore incidenza in particolari fasce”.
 



 
“Come ogni anno - ha continuato Anna Lisa Mandorino, vice segretario generale di Cittadinanzattiva - il rapporto ha un titolo quasi paradossale. In Cronica Attesa fa riferimento a due condizioni in particolare di attesa. La prima per la burocrazia: troppe procedure per ottenere le diagnosi, ma anche il rispetto di diritti fondamentali. La seconda si riferisce al tempo che trascorre dalla prenotazione alla visita o all'esame diagnostico. Quando si attende troppo ne risente inevitabilmente la qualità della vita. Ma una buona notizia c’è: lo scorso anno abbiamo ottenuto il Piano della Cronicità, che tanto abbiamo chiesto. Ma ora, questo documento scritto dovrà trovare la giusta attuazione, dovrà davvero diventare uno strumento da utilizzare per migliorare le condizioni del malato. Purtroppo, però, resta ancora molta strada da fare in tema di disuguaglianza: la vita sociale di un malato cronico non è uguale a quella di tutti gli altri. Per comprenderlo è sufficiente pensare ad un bambino che soffre di una malattia cronica e che già tra i banchi di scuola deve vivere e sperimentare una diversità, non essendoci oggi ancora, negli istituti pubblici, gli strumenti per abbatterla del tutto”.

Bambini e ragazzi affetti da una patologia rara
Per i più piccoli diventa difficile anche la cosa più normale: andare a scuola. Il 42% si scontra con la presenza di barriere all’interno dell’edificio scolastico. Difficoltà ancora più pesanti, soprattutto dal punto di vista psicologico, si provano quando si deve rinunciare a partecipare alle attività extrascolastiche, accade nel 46% dei casi. E a complicare ancora di più la vita di questi bambini ci si mettono, talvolta, anche i compagni di classe con atti di isolamento e addirittura di bullismo (21%).

Prevenzione
Che la miglior cura sia la prevenzione pare non essere ancora un messaggio chiaro per l’Italia. Troppo indietro rispetto a paesi come il Regno Unito, la Germania, Danimarca, Olanda e Svezia che investono molto più denaro in prevenzione, rispetto ai soli 83 euro spesi Italia per ogni singola persona. Inoltre, come dichiarato dalle associazioni, ben il 56% della popolazione non è stata coinvolta in programmi di prevenzione nel corso dell’ultimo anno. Le campagne italiane riguardano per lo più la buona alimentazione, con un’adesione del 24% e i corretti stili di vita, con un 20% di coinvolgimento.
“Ancora una volta le associazioni hanno dichiarato di non essere state coinvolte nei programmi di screening”, ha sottolineato la responsabile progetti e networking del CnAMC.

Il contributo pubblico è insufficiente
I familiari dei malati non devono investire solo il loro tempo per alleviare le sofferenze dei propri cari, ma anche il proprio denaro. Fino a 10 mila euro l’anno per l’assistenza psicologica, l’acquisto di farmaci e parafarmaci, la riabilitazione a domicilio. La cifra sale a quota 60 mila euro in dodici mesi se si considerano le rette da pagare per la residenza sanitaria assistita. Cifre esorbitanti che spesso costringono i malati cronici a dover addirittura abbandonare il proprio piano terapeutico.  Sono le associazioni a rispondere al bisogno dei pazienti di essere formati e informati: “l’80% delle associazioni – ha detto Bressi – infatti, ha dichiarato di non essere coinvolto dalle Asl in corsi di formazioni per pazienti. E la stessa percentuale, di contro, ha detto di organizzare la formazione per malati e familiari a proprio carico”.

La burocrazia “trita-diritti”
Per il rilascio di piani terapeutici, farmaci o protesi e ausili, per l’assegnazione del contrassegno auto per invalidi o il rinnovo della patente, le procedure sono estenuanti. Secondo il Rapporto “capita che anche quando la semplificazione c’è, nella sua applicazione diventi strumento per restringere i diritti, come nel caso dell’invalidità civile e dell’handicap”. Pesanti le difficoltà burocratiche soprattutto legate al riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap e riguardano: per il 46% l’accesso all’indennità di accompagnamento, per il 39% il riconoscimento dell’handicap, per il 31% l’accesso alla pensione di inabilità, per il 27% l’assegno mensile di invalidità civile, per il 15% l’indennità di frequenza. Sull’assistenza protesica ed integrativa, oltre la metà delle associazioni lamenta troppe differenze regionali. In generale, le problematiche principali riguardano i tempi eccessivamente lunghi per la fornitura (35%), la scarsa qualità dei presidi erogati (23%) e un problema di scarsa quantità (18%).

Chi ha contribuito al Rapporto
Hanno partecipato 46 associazioni aderenti al CnAMC, rappresentative di oltre 100 mila cittadini affetti per il 64% da patologie croniche e per il restante 36% da malattie rare. Queste sono state intervistate tramite un questionario strutturato a partire dai punti cardine del Piano nazionale delle cronicità varato a settembre 2016, al fine di individuare gli elementi positivi e quelli critici su cui occorrerà lavorare per garantire una reale presa in carico dei pazienti.

Gli italiani e le cronicità
Il 38,3% delle persone che hanno partecipato allo studio ha dichiarato di avere almeno una patologia cronica e di questi circa il 70% ha detto di essere comunque in buona salute. Tra le malattie croniche più diffuse la primo posto c’è l’Ipertensione con il 17,1%, segue l’artrosi-artrite con una prevalenza di quasi 16 casi ogni 100 persone e le malattie allergiche che colpiscono un individuo su 10. Più in generale, in Italia si stima ci siano tra i 450 mila e i 670 mila malati rari.

Carenza di servizi socio-sanitari
Sono poche le prestazioni offerte a livello territoriale, soprattutto se si tratta di logopedia, riabilitazione, assistenza domiciliare, servizi di trasporto. Ne lamenta la carenza oltre il 60% delle associazioni: più del 50% evidenzia difficoltà in ambito lavorativo, legate alla propria patologia, disagi nel comunicare la malattia, difficoltà economiche.
 




La diagnosi
Scoprire quale sia la propria patologia può richiedere anche anni. Tempo che trascorre inevitabilmente tra sofferenza, solitudine ed incertezza, senza considerare tutte le spese che si sostengono per cercare di arrivare ad una diagnosi certa di malattia cronica o rara. Il ritardo diagnostico è stato confermato nel 60% dei casi. Più della metà, il 58%, ha detto di non essere stato sottoposto a programmi di screening nel caso in cui ad un familiare sia stata riscontrata una malattia genetica.

La presa in carico del paziente con patologia cronica rappresenta il cuore del Piano nazionale della cronicità e il punto sul quale si misura la qualità dell’assistenza fornita. Il 40% ha dichiarato che sono stati coinvolti in progetti di cura multidisciplinari solo alcuni pazienti e in ugual percentuale, il 39, addirittura nessun paziente. In merito alla riorganizzazione dell’assistenza prestata sul territorio, nonostante la legge abbia introdotto ad esempio le Aft (Aggregazioni Funzionali Territoriali) e le Uccp (Unità Complesse di Cure Primarie), il 39% non riscontra alcun cambiamento. Di conseguenza, i cittadini, nel 68% dei casi devono ricorrere al Pronto soccorso. E, ancora, non si accorciano i tempi di attesa nel percorso di cura: un’associazione su due afferma che non esiste un percorso agevolato che garantisca tempi certi per l’accesso alle prestazioni sanitarie.

Piano nazionale delle cronicità
“A distanza di circa sette mesi dalla introduzione del Piano nazionale delle cronicità, alla cui stesura ed approvazione abbiamo contribuito come Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici- ha detto Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici - non possiamo permettere che questo rimanga solo sulla carta. Infatti, ci risulta che, ad oggi, solo le Regioni Umbria e Puglia abbiano recepito formalmente il Piano. Altre, ma ancora troppo poche, si stanno muovendo e lo fanno in ordine sparso. Chiediamo che entro l’anno tutte le Regioni lo recepiscano formalmente con delibera e che il Ministero della Salute istituisca al più presto la cabina di regia, garantendo la partecipazione di associazioni di cittadini e pazienti”.
 
È un lavoro che parte da lontano: già dal 2012 Cittadinanzattiva aveva fatto sentire la sua voce, affinché fosse redatto un Piano Nazionale per la Cronicità. Lo stesso Piano era contenuto pure nel Patto per la Salute 2014-2016. “Il 4 maggio dello scorso anno, poi – ha aggiunto Aceti - è stata organizzata una manifestazione in contemporanea in 121 città italiane. Un’azione che ha dato sicuramente una grossa scossa al provvedimento. Rispetto alle strategie di finanziamento del Piano si potrebbe contare su circa 21 milioni di Euro, relativi al PoN GOV cronicità e sanità digitale per gli anni 2016-2023, ma anche su questo è necessario accelerare. E ancora, servono segnali e impegni concreti per la vita quotidiana dei pazienti: un piano nazionale per la semplificazione della burocrazia, a cominciare dalle procedure per il rinnovo del piano terapeutico sui farmaci salvavita, per il rilascio di protesi e ausili, per superare gli ostacoli nel riconoscimento di invalidità civile ed handicap. E ancora, un impegno per assicurare percorsi di cura reali ed esigibili per tutti: deve essere direttamente il Ssn a prenotare esami, visite e prestazioni di controllo per il cittadino con malattia cronica o rara e a garantirli in tempi certi”.
 
Lea, fondi per farmaci innovativi, Piano Nazionale vaccinale, oltre al Piano per la Cronicità, sono tutti obiettivi importanti raggiunti durante questo anno. Lo ha sottolineato Goffredo Freddi, Public affairs and communication director Msd Italia che, contemporaneamente, ha evidenziato anche quei “numeri che scoraggiano, come quello dei nuovi nati, che ha toccato i minimi storici”.

Riduzione dei posti letto ospedalieri
Due pazienti su cinque sono costretti a ricoverarsi lontano dalla propria residenza o, in più di un caso su tre, accontentarsi di un posto letto in un reparto non idoneo, come ragazzi ricoverati in reparti per adulti, pazienti immuno-compromessi in reparti affollati e potenzialmente pericolosi. Ma anche quando si riesce ad ottenere il ricovero, i problemi non finiscono: in più di un caso su cinque bisogna fare i conti con pasti non adeguati e mancanza di attenzione del personale medico-infermieristico. Non viene rispettata la dignità della persona per il 15% delle Associazioni.

Lungodegenza e Rsa
E non si risparmiano attese nemmeno per il ricovero in una struttura riabilitativa, lungodegenza o Rsa. Il 68% dei cittadini ha segnalano di aver aspettato molto per accedervi. Ma attendere non è l’unico ostacolo da superare: il 40% ha evidenziato la mancanza di equipe multi-professionali, tanto che per 32 persone su 100 è necessario pagare una persona che assista il paziente ricoverato. Per il 28%, poi, queste strutture hanno costi eccessivi della stessa struttura.

Assistenza domiciliare
C’è un'altra odissea da affrontare quando si vuole richiedere l’assistenza domiciliare: il primo ostacolo sta proprio nell’attivazione del servizio stesso. Questa difficoltà è risultato evidente nel 63% dei casi. Una volta ottenuta, bisogna fare i conti con le ore che per 6 persone su 10 non bastano a soddisfare le esigenze del malato e per il 45% mancano pure le figure specialistiche necessarie. La mancanza di assistenza di tipo sociale si attesta a 40 punti percentuali.

L’assistenza farmaceutica
Limitazioni nella prescrizione da parte dei medici (35%), il costo eccessivo dei farmaci non rimborsati dal SSN (33%) o ancora la difficoltà nel rilascio del piano terapeutico (33%) rappresentano le principali carenze dell’assistenza farmaceutica. A volte le limitazioni sono imposte dalle aziende ospedaliere o dalla Asl per motivi di budget (28%) o a monte attraverso delibere regionali (20%).

La gestione del dolore
“Si interviene solo quando il dolore diventa insopportabile”, è la denuncia di Maria Teresa Bressi. Per il 62% delle associazioni, il personale sanitario sottovaluta il dolore; per il 38% manca un raccordo tra specialista e servizio di cure palliative. Inoltre, il 28% lamenta che i costi per una adeguata terapia analgesica siano a carico dei cittadini; il 24% ha difficoltà a farsi prescrivere farmaci oppiacei.
 
Ancora molto poche le Asl (14% secondo le associazioni del CnAMC) che promuovono corsi di formazione per i pazienti e i loro familiari per la gestione della patologia, mentre ben l’80% delle associazioni ha coinvolto i propri associati in corsi su terapie e prevenzione, sostegno psicologico, aderenza terapeutica, campi scuola per i giovani. Sull’appropriatezza, emergono criticità rilevanti: ben il 58% riferisce che i suoi sintomi sono stati sottovalutati con conseguente ritardo nella cura; uno su quattro segnala invece di aver dovuto fare esami inutili o perché non adatti alla propria patologia o perché ripetuti più volte. In tema di aderenza terapeutica, il 59% riferisce che la mancata aderenza è dovuta ai costi indiretti della cura (spostamenti, permessi di lavoro etc..), il 52% alle difficoltà burocratiche, il 39% a interazioni con altri farmaci, o ai costi della terapia. In altri casi interviene lo scoraggiamento perché non si ottengono i risultati attesi (36%) o perché si tratta di una terapia eccessivamente lunga e complicata (26%).

La sanità digitale
Sulla digitalizzazione l’Italia arranca: il 64% dice di non essere stato coinvolto in nessun progetto di telemedicina e, nonostante la ricetta elettronica sia stata introdotta già da alcuni anni, il 49% ritiene che essa non abbia prodotto alcun risultato, o solo in alcune realtà (22%). 

Numeri e percentuali, dati che rispecchiano quella realtà troppo difficile con cui devono convivere, sempre, ogni giorno, i malati cronici. “Una realtà che può e deve cambiare – ha detto Tonino Aceti – Per questo chiediamo una cabina di regia che metta in comune il lavoro di associazioni, pazienti e Istituzioni. Il Piano della Cronicità dovrà entrare a pieno regime entro l’anno in corso. Ancora, più partecipazione civica e, soprattutto – ha concluso Aceti - bisogna  migliorare la presa in carico del paziente. Il percorso è lungo e richiede pure troppi spostamenti, anche fuori Regione”. E chissà che con l’attuazione di tutte queste richieste, il quadro del prossimo Rapporto potrà far emergere una realtà dove ci sarà più tempo per l’ascolto e meno per le attese.
 
Isabella Faggiano

27 aprile 2017
© Riproduzione riservata


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