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In cinque anni aumento del 30% di domande di professionisti sanitari italiani per lavorare all'estero e del 40% delle richieste dall'estero verso l'Italia. Le statistiche Umem, Amsi e Uniti per Unire


La maggior parte delle richieste di lavoro all'estero arriva da paesi europei (Belgio, Francia, Germanica, Spagna Inghilterra,  Svizzera); Europa dell'Est (Russia, Albania, Romania); Paesi Arabi (Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Libia) e paesi sudamericani (Ecuador, Brasile, Colombia). Per quanto riguarda l'Italia, un numero crescente di studenti italiani sceglie la strada della laurea o della specializzazione all'estero, per poi fare ritorno facendosi riconoscere il titolo.

03 AGO - Gli italiani vogliono andare a lavorare all’estero (medici, farmacisti, infermieri, fisioterapisti, psicologi e odontoiatri) e dall’estero aumenta la richiesta di professionisti italiani. I conti sembrano tornare quindi, ma in realtà il 30% di richieste in più negli ultimi cinque anni di professionisti italiani di traferirsi all’estero e il 40% in più di domande di lavoro per gli italiani che arrivano dall’estero rischiano di lasciare sguarnito sempre di più il nostro Ssn.
 
Sono queste le statistiche riportate dalla Confederazione internazionale unione medica euro mediterranea - Umem, dall'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e dal Movimento internazionale Uniti per Unire,  sviluppate in collaborazione con la rete dei professionisti della sanità aderenti a queste realtà e operanti in tutti paesi euromediterranei.
 
La maggior parte delle richieste di lavoro all'estero arriva da paesi europei (Belgio, Francia, Germanica, Spagna Inghilterra,  Svizzera); Europa dell'Est (Russia, Albania, Romania); Paesi Arabi (Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Libia) e paesi sudamericani (Ecuador, Brasile, Colombia). 
Numerose sono invece le richieste di sostegno umanitario e sanitario provenienti dai paesi africani e i paesi arabi in stato di conflitto come la Siria, l'Iraq, lo Yemen e la Libia.
 
Anche sui giovani, UMEM, AMSI e Uniti per Unire riportano nuovi dati: per quanto riguarda l'immatricolazione alla facoltà di medicina,  negli ultimi 5 anni, la maggior parte degli studenti di medicina di origine straniera provenienti dai paesi arabi, africani, asiatici, dall'India e dal Sud America si recano in prevalenza nei paesi dell'Est (Russia, Albania, Moldavia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovenia, Romania, Polonia, Slovacchia) per studiare, per motivi di natura economica e per assenza di numero chiuso, (come avveniva in Italia, in Germania in Francia negli anni '80). In questi paesi, infatti, i corsi di laurea sono meno costosi e sempre più disponibili in lingua inglese.
 
Per quanto riguarda l'Italia, un numero crescente di studenti italiani sceglie la strada della laurea o della specializzazione da conseguire all'estero, per poi fare ritorno in Italia facendosi riconoscere il titolo di studio.
 
Grazie alla libera mobilità dei professionisti della sanità che abbiano conseguito un titolo di laurea europeo e quindi riconosciuto in tutti i paesi Ue, si registra una migrazione continua di questi professionisti in tutta Europa, che causa carenze in alcuni paesi e, in altri, un sovraffollamento di personale medico sanitario, con il problema comune della mancanza di conoscenza della lingua, della cultura e delle leggi del paese scelto dai professionisti.
E’ il caso ad esempio della Germania, del Belgio e della Svizzera, che hanno provocato non pochi episodi di disagio ai pazienti a cui spesso hanno fatto seguito denunce contro i medici.
 
Secondo le statistiche riportate recentemente dall’associazione, ci sono 62 mila professionisti della sanità di origine straniera che esercitano in Italia, di cui 18 mila medici,  la situazione dell'integrazione in Italia è ottimale e c'è una buona collaborazione tra i professionisti di origine straniera e i colleghi italiani. In Europa, ci sono più di 500 mila medici stranieri: 400 mila sono fissi e 100 mila di loro  sono in continua mobilità.

"Sicuramente – afferma Foad Aodi, in qualità di fondatore di AMSI, Presidente di UMEM, membro della Commissione salute globale della FNOMCeO - l'immigrazione dei professionisti della sanità nell'area euromediterranea è cambiata notevolmente rispetto agli anni '60, '70, '80 e '90 a causa della situazione geo-politica e dei conflitti riscontrati in alcuni paesi del Medio Oriente, dell'Africa, del Sud America e nei paesi dell'Est. Dopo la caduta del muro di Berlino e dopo la delusione del "sogno" delle primavere Arabe, tanti medici provenienti dai paesi dell'Est e arabi, si sono recati a lavorare in Germania (il caso dei siriani), in Francia ( professionisti in prevalenza nordafricani provenienti da Algeria, Marocco e Tunisia), in Belgio (professionisti Europei di diverse nazionalità), in Scozia e Inghilterra”.
 
“Proponiamo alla Comunità Europea – conclude - di effettuare un monitoraggio continuo dell'esigenza del mercato del lavoro nell'ambito sanitario, condotto paese per paese, per evitare i casi di sovraffollamento o di carenza di personale medico sanitario e, al tempo stesso,  per contrastare il problema della fuga dei cervelli. Chiediamo, inoltre, di incentivare corsi di lingua, di cultura e di legislazione del paese scelto per i professionisti della sanità nella tutela del diritto alla salute universale e nell'ottica di una Sanità globale e multiculturale, contrastando la medicina difensiva che spesso lede il rapporto di fiducia tra medico e paziente".

03 agosto 2017
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